Culture

3 libri da leggere (non solo) l’8 marzo

Niente auguri, mimose o promozioni: per la Giornata internazionale dei diritti della donna vogliamo educazione, per capire come possiamo cambiare le cose. Discriminazioni, razzismo e pinkwashing: ecco qualche consiglio di lettura per lottare insieme

No, oggi non è la “Festa della donna”. Non è una festa, perché non c’è niente da festeggiare. Non è una giornata in cui spammare promozioni e codici sconto “in rosa”. L’8 marzo è la Giornata Internazionale dei diritti della donna. Ed è un giorno di lotta.

Oggi, in Italia ma non solo, le donne incroceranno le braccia e scenderanno in piazza per ricordare che no, ancora non siamo “tutti uguali” e che la parità è ancora molto, molto lontana (132 anni almeno, secondo il Global Gender Gap Report del World Economic Forum). Molte saranno a Bruxelles insieme all’associazione Differenza Donna per ribadire che il sesso senza consenso è stupro. Molte altre vivranno questo giorno subendo sulla propria pelle discriminazioni e pregiudizi che, in ogni campo, sembrano ancora impossibili da scalfire.

Vuoi farci un regalo oggi? Unisciti a noi nella lotta per i diritti di tuttǝ. Prima ancora: cerca di capire perché c’è ancora bisogno di combattere. Partecipa a scioperi, incontri, eventi, manifestazioni che oggi riempiranno le piazze ma che sono solo il culmine di attività quotidiane a cui puoi avvicinarti. Ascolta attivistǝ, podcaster, persone comuni che condividono le loro esperienze. Non cercare di spiegarci quello che viviamo. Ascolta. Non comprarci le mimose che in questo mondo surriscaldato fioriscono con mesi d’anticipo.

Compraci, e comprati, un libro: a volte, leggere le parole su carta fa sembrare più concrete realtà che viviamo ogni giorno ma su cui non riusciamo a soffermare lo sguardo se qualcuno non le rende visibili.

La lista di libri da leggere l’8 marzo potrebbe essere infinita. Dalle pietre miliari del pensiero femminista (Il secondo sesso di Simone De Beauvoir, Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi, da poco tornato in libreria per La Tartaruga, Calibano e la strega di Silvia Federici, Donne, razza e classe di Angela Davis, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo di Donna Haraway, per citare solo alcuni titoli imprescindibili) a riflessioni più contemporanee che analizzano i diversi aspetti della discriminazione sistemica che subiscono le donne e del sistema che la alimenta (come Dovremmo essere tutti femministi di Chimamanda Ngozi Adichie, Gli uomini mi spiegano le cose di Rebecca Solnit, Femminili singolari di Vera Gheno, Streghe. Storie di donne indomabili dai roghi medievali a #MeToo di Mona Chollet, Le signore non parlano di soldi di Azzurra Rinaldi, Il costo della virilità di Ginevra Bersani Franceschetti e Lucile Peytavin fino ai recentissimi Dare la vita di Michela Murgia e Libere di Ilaria Maria Dondi).

L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma noi oggi vogliamo suggerirti 3 libri che secondo noi rappresentano un punto di partenza imprescindibile per riflettere sulla condizione femminile e capire perché è necessario cambiare le cose, e come possiamo farlo (anche partendo dai modi in cui NON dobbiamo farlo).

Invisibili, di Caroline Criado Perez, Einaudi, 460 p., 19,50€

C’è un motivo se dalla sua pubblicazione nel 2020 questo libro è passato di mano in mano e di bocca in bocca fino a diventare un must read per chi vuole capire cosa significhi davvero, nel concreto del quotidiano che viviamo ogni giorno, essere discriminate. Una discriminazione che spesso passa attraverso una totale invisibilizzazione.

“Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano” mostra attraverso esempi puntuali, statistiche e vissuti come l’aver reso il maschio “l’essere umano predefinito” ne abbia fatto la norma universale, traducendosi in un’esclusione totale delle specificità dei corpi e delle esperienze femminili e come questa sia diventata, praticamente in tutti i campi, una fonte di innumerevoli discriminazioni.

Dalla medicina ai marciapiedi, dagli spazzaneve alle temperature in ufficio, dalle dimensioni degli smartphone (hai mai fatto caso che sono a misura di mano, sì, ma maschile?) alla fila alla toilette, dalla sindrome di Yaelt all’insanabile dicotomia borsetta/portafoglio, Criado Perez ci apre gli occhi su come ogni aspetto della nostra esistenza non sia stato pensato (anche) per le donne (che, vale la pena ricordare, sono la metà della popolazione mondiale) e come questo non solo si sia tradotto in disuguaglianze profonde, ma abbia messo a rischio persino la loro sicurezza e, a volte, la loro vita.

Lacrime bianche/Ferite scure, di Ruby Hamad, Tlon Edizioni, 328 p., 19€

Molte volte dimentichiamo che quando parliamo di “donne” parliamo di tutte le donne. Troppo speso la lotta per i diritti delle donne si è ridotta a una lotta per i diritti di alcune, basata su una supremazia razziale che replica i meccanismi di dominazione della nostra società.

Il libro di Ruby Hamad non è una lettura facile per le donne bianche, soprattutto quelle che non vogliono o non riescono a vedere il loro privilegio e si rifugiano dietro quella che l’autrice chiama Femminilità Bianca Strategica che si manifesta sotto forma di quelle lacrime che rigettano ogni accusa di razzismo sfruttando l’emotività.

È però una testo fondamentale per iniziare a decostruire tutti quei pregiudizi che ancora albergano anche in chi si professa femminista e per iniziare a decolonializzare pensieri e azioni. Perché finché non riusciremo a farlo, “internazionalità” rimarrà una bellissima, ma vuota, parola. La Svolta l’ha recensito qui.

Il femminismo non è un brand, di Jennifer Guerra, Einaudi, 180 p., 15€

È impossibile negarlo: oggi di femminismo e diritti delle donne si parla di più. A una prima analisi questo potrebbe sembrare assolutamente un bene. Dobbiamo chiederci se è cosi, cercando di capire qual è il tipo di discorso che si sta affermando, e in che modo. “Un femminismo addomesticato, affine agli interessi di politici e aziende, è davvero femminismo?”.

E questo è quello che fa Jennifer Guerra nel suo ultimo saggio, arrivato il libreria proprio qualche giorno fa. Un libro ci mostra i pericoli della riduzione delle istanze femministe a post di empowerment che inneggiano al “girl power” su Instagram, rigettandone le spinte più radicali per non mettere in discussione il sistema che alimenta disuguaglianze e discriminazioni. Che ci ricorda che “pinkwashing” non è solo una parola ma un insieme strategico di operazioni di marketing “dalle finalità opache”; e ci interroga sulla possibilità per aziende e brand di essere davvero femministi. Che indaga il rapporto tra questo femminismo “pop” mainstream e capitalismo.

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