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La virilità costa 100 miliardi di euro l’anno

Quanto si risparmierebbe se gli uomini si comportassero come le donne? A questa domanda hanno risposto, dati alla mano, Ginevra Bersani Franceschetti e Lucile Peytavin in Il costo della virilità
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
3 maggio 2023 Aggiornato alle 17:00

Che la disparità di genere sia un costo (anche economico) per l’intera società lo sappiamo fin troppo bene. Quanto ci costa, però, la virilità? Qual è l’impatto economico e sociale del modello di Vero Uomo™️ (infarcito di mascolinità tossica) a cui il patriarcato chiede cieca obbedienza fin dalla più tenera età?

La risposta breve potrebbe essere: tanto, troppo. La risposta lunga e dettagliata è invece nelle pagine di Il costo della virilità di Ginevra Bersani Franceschetti e Lucile Peytavin (Il Pensiero Scientifico Editore, 170 pagine, 22€) che ci racconta, spiega chiaramente il sottotitolo, “quello che l’Italia risparmierebbe se gli uomini si comportassero come le donne”.

Sul modello del saggio di Peytavin dedicato al caso francese uscito nel 2021, le 2 autrici non solo smontano mito dopo mito la “naturalità” e l’ineluttabilità della violenza maschile, ma ne definiscono i contorni e i modi in cui si forma e sviluppa e, soprattutto, quantificano i costi dell’onnipervasiva “mistica della virilità”. Letteralmente.

Secondo i loro calcoli, infatti, i comportamenti virili pesano sull’economia italiana per quasi 100 miliardi di euro ogni anno (98,78 miliardi, per essere precisi): parliamo del 5% del Pil, una cifra enorme. Se guardiamo al bilancio delle forze dell’ordine, la percentuale è ancora più sconvolgente: su 15,6 miliardi di bilancio totali, il 10,12 sono assorbiti dai comportamenti virili.

Basta guardare ai dati Istat per capire perché: “Italia, gli uomini sono responsabili della maggior parte dei comportamenti antisociali: nel 2018 rappresentano l’82,41% dei 500.000 autori di reati per i quali è stata aperta una procedura penale nel corso di un anno, l’85,1% delle persone condannate dalla giustizia, il 92% degli imputati per omicidio, il 98,7% degli autori di stupri, 1’83,1% degli autori di incidenti stradali mortali, 1’87% dei responsabili di abusi su minori e il 93,6% degli imputati per pornografia minorile. Sono il 95,5% della popolazione mafiosa, l’87,5% degli imputati per rissa e il 76,1% per furto, sono il 91,7% degli evasori fiscali e 1’89,5% degli usurai, il 93,4% degli spacciatori e il 95,7%3 della popolazione carceraria”.

Virilità: i miti da sfatare

Le autrici, però, non si limitano a snocciolare i dati, ma cercano di andare alle origini di questo squilibrio di genere che caratterizza la violenza.

Più precisamente, dalle origini dell’essere umano e da quelle caverne in cui si vorrebbe identificare la genesi delle disuguaglianze tra uomini e donne (il famoso maschio cacciatore che usciva a procacciare il cibo mentre la femmina rimaneva ad accudire casa e prole), mostrando l’inesattezza storica di quello che ormai si sa altro non essere che un mito. Un mito al pari del testosterone, l’ormone virile per eccellenza, come unico responsabile della carica violenta connaturata al maschile e radice del gender gap nell’inferiorità cerebrale femminile.

Educare alla violenza

Le radici della violenza, che colpisce tutti e tutte, uomini e donne, sono educative, spiegano le autrici, e iniziano a germogliare già prima che il bambino o la bambina venga al mondo, quando un test genetico o un’ecografia emette la sentenza: maschio o femmina. “I genitori elaborano rappresentazioni diverse quando si immaginano un maschio o una femmina”. E sono proprio le proiezioni di queste rappresentazioni mentali preconcette a seconda del sesso biologico dei bambini a tradursi in comportamenti diversi, visibili già a 12 mesi.

“Boys will be boys” dicono gli anglosassoni. “Eh ma si sa, i maschietti sono così” sentiamo ripetere per giustificare permissivamente quei comportamenti che siamo soliti associare positivamente alla virilità: aggressività, violenza, prevaricazione, assunzione di comportamenti a rischio.

Non si nasce uomini violenti, come non si nasce donne pacifiche: lo si diventa, perché fin da prima della nascita ci viene insegnato che è quello che dobbiamo essere perché se non siamo così c’è qualcosa di sbagliato in noi. Ma questo ha un costo, non solo per gli individui, ma anche per la società.

Quanto ci costa?

I calcoli di Bersani Franceschetti e Peytavin parlano chiaro. Il metodo di base (al netto dei necessari accorgimenti per superarne alcune implicite difficoltà) è relativamente semplice: “misureremo la spesa pubblica per la prevenzione (gestione e supervisione), la punizione e il risarcimento dei danni collaterali della violenza e dei comportamenti a rischio specificamente per ogni genere, al fine di dedurre il differenziale di queste cifre tra uomini e donne. Questo differenziale corrisponderà all’importo attribuibile alla cultura della virilità in Italia e dunque al costo che i cittadini devono sostenere per farvi fronte”.

Attraverso apposite formule (spiegate in maniera estremamente comprensibile anche a chi non ha familiarità con la matematica), le autrici hanno quindi calcolato quanto ci costa la virilità, dagli incendi (84 milioni di euro l’anno) alla sanità legata a comportamenti a rischio (9,93 miliardi di euro), passando per omicidi e tentati omicidi (1,167 Md€), le violenze coniugali (10,354 Md€) e la mafia (11,927 Md€).

La virilità e le sue manifestazioni, quindi, non sono solo la prima causa di criminalità e delinquenza, ma la causa di una enorme perdita finanziaria, per tutti noi. Lo abbiamo ribadito con Azzurra Rinaldi parlando del costo delle disuguaglianze economiche di genere, e lo ripetiamo adesso: cambiare le cose è necessario. Se non vogliamo farlo perché è giusto, almeno facciamolo perché è conveniente.

Il conto che dobbiamo pagare è troppo alto, non solo per le nostre tasche la anche per il Pianeta. Smettiamo di pensare che sia una fatalità: non lo è, “la virilità è un nemico difficile da afferrare” ammettono le autrici, ma possiamo dire basta, insieme.

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