Diritti

La medicina non è a misura di donna

Gli studi lo dicono da anni: se parliamo di salute e genere, non c’è niente di neutrale e questo può avere effetti molto pericolosi, a volte letali. Un nuovo libro ci ricorda perché
Credit: Etactics Inc
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
25 aprile 2023 Aggiornato alle 10:00

Finalmente, gli studi iniziano a fare luce su come i bias impliciti - i pregiudizi inconsci basati sul colore della pelle, sul genere, sul peso, sulle preferenze sessuali o sull’aspetto - negli operatori sanitari influenzano la cura del paziente.

Uno studio del 2020, ricorda Science, ha mostrato che i neonati neri hanno il doppio delle probabilità di morire sotto la cura di un medico bianco rispetto a un medico nero, a esempio. Una ricerca del 2022, invece, ha rilevato che le donne e le persone di colore con dolore toracico aspettano più a lungo per essere curate al pronto soccorso rispetto agli uomini bianchi. E questi sono solo due esempi tra tanti.

Che i pregiudizi abbiano un impatto profondo sulla vita delle persone che ne sono vittime non è una novità, ma forse è proprio nel campo della salute che i dati mostrano come queste radicate ingiustizie possano tradursi non solo in una significativa riduzione della qualità della vita delle persone discriminate, ma addirittura in questioni di vita e di morte. “Primo, non nuocere”, recita il Giuramento di Ippocrate. Ma come fare quando sono i nostri pregiudizi inconsci a essere nocivi, senza che ne abbiamo percezione?

Per questo, ogni libro che riesca a evidenziare come la medicina non riesca a capire, e curare come meritano, le minoranze, le donne e le ragazze, è una gradita aggiunta sugli scaffali della libreria.

Che la medicina sia a misura di uomo non sorprenderà chi ha letto (l’imperdibile) bestseller Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano. di Caroline Criado Perez (Mondadori, 472 p, 19,50€), che mostra come vedere nel maschio “l’essere umano predefinito” porti di fatto dall’esclusione delle specificità dei corpi e delle esperienze femminili e che questo si traduce, praticamente in tutti i campi, alla loro pericolosa discriminazione.

Tutto ciò è valido anche nel campo della medicina. Un’intera sezione del libro (Nello studio del medico) è dedicata proprio ai modi in cui “la sanità discrimina sistematicamente le donne: non le comprende, non le cura, non diagnostica loro le malattie”.

Ripercorrendo il modo in cui le differenze biologiche tra uomini e donne sono determinanti in medicina, il libro spiega come l’aver ammesso il maschile come norma abbia avuto effetti pericolosi, dalla scarsa efficacia dei farmaci per le donne – spesso escluse dai trial clinici, soprattutto se in stato di gravidanza – a quella che viene definita sindrome di Yentl (il fenomeno per cui le donne che mostrano sintomi o patologie non corrispondenti a quelli maschili rimangono vittime di errori diagnostici e terapie inefficaci), che può diventare letale.

Come nel caso dell’infarto: gli studi suggeriscono che le donne hanno il 59% di probabilità in più di ricevere una diagnosi sbagliata, perché i sintomi di alcuni tipi di problemi cardiaci si manifestano in modo diverso rispetto al classico dolore toracico. Una differenza che si traduce in un tasso di mortalità più alto. Ma, di nuovo, questo è solo uno degli esempi.

Come mostra il nuovo libro della sociologa Marieke Bigg, This Won’t Hurt: How Medicine Fails Women (Hodder & Stoughton, 336 p., 22£) che muove proprio dalle pagine di Criado Perez per mostrare come gli esperti medici e scientifici non abbiano ascoltato le donne riguardo ai loro problemi e sviluppato trattamenti adeguati, riducendo le differenze legate al sesso a una “visione bikini della biologia”, che presuppone che l’unica differenza siano gli organi riproduttivi: “per quanto riguarda la medicina, la vita di una donna inizia quando le vengono le mestruazioni e finisce quando partorisce”. E, anche in questo campo, conosciamo fin troppo bene i modi in cui la medicina ginecologica e ostetrica non è all’altezza delle donne.

Il libro, attraverso una serie di esempi curiosi e scioccanti allo stesso tempo e la ricostruzione del contesto storico e culturale, mostra come la medicina sia invece profondamente influenzata dal genere. Quello maschile, che assorbe nella sua presupposta neutralità tutto ciò che maschile non è.

Ma quello della medicina femminile è un problema culturale che si traduce anche nella mancanza di adeguate politiche di finanziamenti: “meno del 2,1% della ricerca finanziata con fondi pubblici - spiega Bigg nel libro - è dedicata esclusivamente alla salute riproduttiva delle donne”. L’autrice fa l’esempio dell’endometriosi, una condizione dolorosa in cui il tessuto simile al rivestimento dell’utero cresce in altri luoghi, e il diabete. Entrambi colpiscono una persona su 10 e compromettono gravemente la qualità della vita, ma i finanziamenti per il diabete sono 20 volte superiori.

La storia degli uomini che dominano la scienza – il gender gap nel mondo della sanità è ancora drammaticamente ampio – e il suo finanziamento testimonia che abbiamo enormi lacune nella comprensione della biologia femminile. Ironicamente, è proprio alle differenze biologiche che vorremmo imputare la subalternità femminile: differenze biologiche che, però, non sono mai state studiate davvero, ma spesso solo per confermare i bias (di nuovo) nei confronti delle “altre dall’uomo”.

Leggi anche
Salute
di Fabrizio Papitto 3 min lettura
Salute
di Gioia Saitta 7 min lettura