Ambiente

L’Asia è il continente più colpito dalla crisi del clima: oggi migliaia di sfollati e vittime in Cina

Il rapporto Onu racconta tutta la vulnerabilità di questa grande aree del Pianeta, tra ondate di calore e alluvioni, davanti al riscaldamento globale. Intanto, nelle ultime ore, la provincia di Guangdong è finita sott’acqua
Credit: EPA/XINHUA / Huang Guobao CHINA OUT / UK AND IRELAND OUT / MANDATORY CREDIT EDITORIAL USE ONLY EDITORIAL USE ONLY  

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24 aprile 2024 Aggiornato alle 15:00

Cani che si rifugiano su barche improvvisate, auto trascinate dalla corrente e strade trasformate in fiumi in piena.

Le immagini sono quelle che abbiamo imparato a conoscere: forti piogge e alluvioni estreme, come è caratteristico della crisi del clima, che all’improvviso travolgono tutto.

Questa volta tocca nuovamente alla Cina che da alcuni giorni sta vivendo una delle peggiori inondazioni degli ultimi tempi: nella provincia del Guangdong, nel sud-est, si contano già alcune vittime, le case e i ponti sono crollati, le frane stanno mettendo a rischio diverse infrastrutture e si parla di almeno 50.000 sfollati.

Secondo le autorità locali, il livello raggiunto dai fiumi ha fatto temere che si trattasse dell’ “alluvione del secolo”.

Eppure, se la crisi climatica continuerà a impattare sempre di più a causa del surriscaldamento innescato dalle emissioni climalteranti, questa serie di eventi estremi che si sta verificando in Asia negli ultimi anni potrebbe essere solo l’inizio di ciò che verrà.

Come noto - ed è bene ricordarlo agli scettici quando credono che il freddo improvviso (come quello attuale in Europa) nulla abbia a che fare con il riscaldamento globale - la crisi del clima “estremizza” tutto, dalle ondate di calore a quelle di gelo, a causa del cambiamento delle correnti in atto: l’atmosfera modificata dalle emissioni di gas serra dell’uomo sta infatti aumentando intensità e frequenza dei fenomeni meteo, dalle alluvioni sino alla siccità.

Una condizione che in Asia cominciano purtroppo a sperimentare sempre di più: secondo un recente rapporto Onu, pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), l’Asia è il continente che nel 2023 è rimasto più colpito dai disastri legati ai rischi meteo, in particolare all’acqua.

Qui tempeste e inondazioni hanno colpito più duramente. «Molti Paesi della regione hanno vissuto l’anno più caldo mai registrato nel 2023, insieme a una serie di condizioni estreme, da siccità e ondate di caldo a inondazioni e tempeste», ha spiegato Celeste Saulo, segretario generale dell’Omm.

Con una tendenza al riscaldamento praticamente raddoppiata rispetto al periodo 1960-1990, l’Asia si sta riscaldando più velocemente della media globale, “con un aumento delle vittime e delle perdite economiche dovute a inondazioni, tempeste e ondate di caldo più gravi”, scrivono dall’Onu ricordando che l’anno scorso “le temperature della superficie del mare nell’Oceano Pacifico nordoccidentale sono state le più alte mai registrate. Anche l’Oceano Artico ha subito un’ondata di caldo marino. In molte aree della regione, tra cui il Mar Arabico, il Mar di Kara meridionale e il Mar di Laptev sud-orientale, la superficie del mare si sta riscaldando più di tre volte più velocemente che a livello globale. Il Mare di Barents è stato identificato dal rapporto come un hotspot del cambiamento climatico”.

I cambiamenti che stanno avvenendo in Asia sono soprattutto legati all’acqua. Il tassi di innalzamento del livello del mare qui sono stati superiori alla media globale nel periodo 1993-2023 e l’anno scorso questa zona del mondo ha visto verificarsi 79 disastri legati a rischi idrici, “di cui oltre l’80% legati a inondazioni e tempeste, provocando oltre 2.000 vittime e colpendo direttamente nove milioni di persone, secondo l’Emergency Events Database”.

Ma c’è anche un problema legato alle ondate di calore (la temperatura media annuale in prossimità della superficie dell’Asia si è classificata come la seconda più alta mai registrata con 0,91 °C al di sopra della media 1991-2020) in particolare in Siberia occidentale e Asia centrale, nella Cina orientale e nel Giappone, così come in Kazakistan.

Nonostante le alluvioni attuali, lo scorso anno il livello delle precipitazioni “è stato inferiore alla norma in gran parte della pianura del Turan (Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakistan), dell’Hindu Kush (Afghanistan, Pakistan) e dell’Himalaya, nonché attorno al Gange e al corso inferiore dei fiumi Brahmaputra (India e Bangladesh)”.

Non solo, “anche i Monti Arakan in Myanmar e le aree del corso inferiore del fiume Mekong hanno visto meno precipitazioni del solito, mentre la Cina sudoccidentale ha sofferto di siccità, con livelli di precipitazioni inferiori alla norma quasi ogni mese del 2023”.

Quando però l’acqua arriva, fa sul serio.

Eventi estremi con forti piogge si sono verificati in Myanmar a maggio; inondazioni e tempeste in India, Pakistan e Nepal nei mesi di giugno e luglio, e infine precipitazioni orarie da record sono state registrate a Hong Kong nel mese di settembre.

A tutto ciò si aggiungono le condizioni pessime dei ghiacciai: 20 dei 22 ghiacciai osservati hanno continuato a perdere massa “cedendo a temperature elevate e condizioni di siccità da record”.

Poi, come se non bastasse, a sciogliersi è anche il permafrost, lo strato che rimane costantemente sotto lo zero e che degradandosi può favorire la fuoriuscita di un potente gas serra, il metano. “Lo scioglimento più rapido del permafrost in Asia si osserva negli Urali polari e nelle regioni occidentali della Siberia occidentale”, fanno sapere dal report.

Sempre nel report targato Onu specificano come “il rapporto mostra che dal 1970 al 2021 si sono verificati 3.612 disastri attribuiti a condizioni meteorologiche, climatiche e idriche estreme, con 984.263 morti e 1,4 trilioni di dollari di perdite economiche. La regione rappresenta il 47% di tutti i decessi segnalati causati da disastri naturali in tutto il mondo , con i cicloni tropicali come principale causa di decessi segnalati”.

Di conseguenza, avvertono dall’Omm, è necessario fare molto di più per mitigare gli impatti della crisi del clima, a cominciare da «un forte sistema di allerta precoce e di riduzione del rischio di catastrofi per salvare vite umane e prevenire future crisi economiche esacerbate dai cambiamenti climatici. L’allarme tempestivo e una migliore preparazione hanno salvato migliaia di vite», ha ricordato in conclusione Armida Salsiah Alisjahbana, segretaria esecutiva della Commissione economica e sociale delle Nazioni Unite per l’Asia e il Pacifico (Escap).

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