Diritti

Mi hanno spiegato (ancora) l’8 marzo

Grazie (o a causa) di una finta campagna pubblicitaria su una fantomatica beauty routine maschile, ho passato la giornata a leggere commenti che spaziano dal paradosso al surreale
Credit: Mika Baumeister

L’8 marzo è una giornata faticosa. Parlo per me, che lavoro anche con il digitale e che l’ho passata dividendomi tra il dribblare una certa retorica angelicante e super-eroinizzante, le impedibili offerte dei marchi (ma solo per oggi!) e il rispondere allo stuolo di uomini che hanno cercato di spiegarmi il perché avessi torto.

Non importa su cosa.

Ho avuto la malaugurata idea di inventarmi di sana pianta sui social una linea di prodotti da uomo e di confezionare una finta campagna pubblicitaria perché mi sono detta, ironicamente: se il gender gap esiste in tutto il mondo e nessun Paese l’ha ancora sconfitto questi uomini avranno un segreto. E se c’è un segreto che davvero non si confida mai per intero è quello della propria beauty routine. Ne sono nati i prodotti beauty a marchio Pay Gap: su ogni confezione ho riportato alcuni dati sul divario di genere (maggiormente in ambito lavorativo) che ho reperito grazie al lavoro di tantə giornalistə e che chiaramente erano sulle pagine di tutti i giornali.

Eppure, nonostante i dati siano pubblici e la maggior parte delle persone non neghi l’esistenza del divario retributivo di genere, delle molestie sessuali o della violenza contro le donne, moltissime di loro hanno investito del tempo per spiegarmi perché, in realtà, sono tutte fandonie.

Innanzitutto, è emersa una dinamica particolarmente usuale quando a parlare è una donna: il divario di autorità. Presumiamo che un uomo sappia sempre di cosa parla fino a quando non dimostra il contrario ma se lo fa una donna è l’esatto opposto anche quando la questione dibattuta è qualcosa che la riguarda direttamente.

Accanto a questo, un dato da tenere sempre a mente: la categoria più odiata online (e che quindi subisce più molestie, aggressioni o cyberbullismo) è quella delle donne con il 42,3 % di contenuti d’odio secondo l’ultima ricerca di Vox, l’osservatorio italiano sui diritti.

Ne è scaturito un mix esplosivo, complice le dinamiche social che ben conosciamo e una certa popolarità avuta dal contenuto che ho pubblicato.

Visto che in qualche modo si deve sopravvivere anche a questo, come se non bastasse la diseguaglianza, ripesco la carta dell’ironia e mi permetto di agglomerare le argomentazioni che mi sono state fornite per dimostrare perché avessi torto su tutta la linea.

Quello che sono tutte ca**ate

Quello che sono tutte ca**ate mi spiega che sarei di maggior utilità alla causa se la smettessi di diffondere finti dati per generare odio verso gli uomini. Generazioni di economistə, ricercatorə, studiosə di genere hanno torto, perché lui dice che i dati sono finti. “A parità di: livello, formazione ed esperienza lo stipendio è lo stesso per tutti, e vorrei che almeno su questo fossimo tutti d’accordo. E vi ricordo anche che la stragrande maggioranza degli uomini non gode di nessun privilegio”: lui “ci tiene a ricordarmi che” e vorrebbe che su questo fossimo tutti d’accordo. Vabbè, ognuno di noi può conservare dei desideri irrealizzabili in fondo al cuore.

Quello che la competenza è la prima cosa

Quello che la competenza è la prima cosa mi spiega che evidentemente se le donne non occupano mai ruoli di rilievo è perché non sono abbastanza meritevoli e non hanno voglia di lavorare e sacrificarsi come gli uomini. Quindi, secondo lui, tutte le donne sono- in blocco- delle scansafatiche meno dotate. Tutte quante. In ogni ambito o settore. Dalla notte dei tempi.

Quello che l’energia maschile

Quello che l’energia maschile si aggrappa a delle cose un po’ new age e prova a declinarle sul genere. Gli uomini e le donne hanno energie differenti (ok, diamo il beneficio del dubbio e proviamo a pensare alle differenze come energie) e gli uomini hanno quella maschile (ma va) che serve per i ruoli al vertice. A quello che l’energia maschile non sfiora manco per l’anticamera che i parametri di questa energia se li sono inventati tra loro nello spogliatoio e li usano per misurare il campo e distribuirsi il gatorade e le merendine.

Quello che le mele con le pere

Quello che le mele con le pere arriva e chiede cosa ho da nascondere se non diffondo i dati sui muratori o i soldati (giuro). “Divertente come vi interessi uguagliare le percentuali uomo-donna nelle posizioni di rilievo ma non nei lavori tipo muratore, soldato o cose di quel genere”. Al di là del fatto che proprio grazie al patriarcato alcune carriere (come l’edilizia o le forze armate) sono state per millenni inaccessibili alle donne, quello che le mele con le pere dovrebbe arrabbiarsi con il sistema patriarcale della distribuzione del potere e con chi non lo contrasta, non con le donne.

Fa parte di questo cluster anche quello che a morire in guerra non ci andate voi.

Quello che mia moglie dice che

Quello che mia moglie dice che porta la sua esperienza personale e la traduce in universale perché la moglie ha detto che sì è vero, il divario di genere esiste ma pure le donne non scherzano. La moglie dice anche che su certe cose lui non deve metter bocca, perché è un argomento che non lo riguarda e quindi quello che sua moglie dice che si risente e viene nei miei commenti a lamentarsi con me di sua moglie che dice che. Perciò egli conclude che siamo noi donne le peggiori nemiche di noi donne che potremmo metterci d’accordo e smettere di farci la guerra invece di scagliarci contro di loro. Soprattutto a cena, che l’atmosfera poi si fa pesante.

Quello che come io dico sempre

Quello che come io dico sempre usa una quantità spropositata di caratteri per spiegarmi cose che evidentemente dice sempre ma nessuno reputa interessanti. Copia e incolla furiosamente un suo commento del 2012 e ce lo propina immancabilmente sotto a ogni contenuto che abbia a che fare con certe questioni. Si capisce che copia-e-incolla perché le cose che dice hanno attinenza marginale, si possono prendere alla larghissima e sono sempre in accordo con le nostre motivazioni. Si tradisce perché non riesce a esimersi dal mansplaining, manco sotto a un post che denuncia il mansplaining.

Quello che mi aspettavo fatti concreti

Quello che mi aspettavo fatti concreti mi spiega che è tutto giusto e che le cose che dico hanno senso e, nello specifico, che il post con i prodotti Pay Gap fa anche molto sorridere. Il punto di quello che mi aspettavo fatti concreti è che però è tutto inutile, non serve, anzi la colpa è mia. Perché al posto di queste stupidaggini lui avrebbe preferito che fornissi delle soluzioni strutturali. Invece mi perdo dietro alle cose sciocche togliendo energia alla causa e non spostando niente. Mancava giusto un vergognati finale. Chissà le sue soluzioni strutturali quali saranno, visto che se le aspetta da una che per mestiere scrive.

Quello che invece di lamentarti

Quello che invece di lamentarti mi spiega dove sta la chiave. Investire. ”Le aziende si fondano su investimenti quindi nessuno vieta a una donna di investire”. Mi spiega inoltre che “farei meglio a prendere la vita di petto e lottare come ogni persona che voglia fare carriera perché la difficoltà di essa rimane slegata dal sesso. Lamentarsi continuamente non mi sembra il modo migliore per ottener le cose basterebbe rimboccarsi le maniche e affrontare le sfide del nostro percorso”.

Al di là della confusione tra sesso e genere il problema del divario e della discriminazione esiste perché in fondo ci piace fare sempre le vittime e non faticare. Attenzione a non confondere quello che invece di lamentarti con quello che la competenza: sembrano simili ma differiscono profondamente nell’eloquio. Quello che invece di lamentarti ha velleità ispirazionali. Ci fa la lezioncina come un novello Al Pacino in Ogni maledetta domenica. Paternalisticamente, s’intende.

In tutto questo a me non si leva dalla testa che - a latere dei commenti sui social media - la stragrande maggioranza delle persone e degli uomini in particolare non neghi che la discriminazione esista ma pensa che non lo riguardi. Per agire in maniera concreta nell’affrontare la disuguaglianza devi riconoscere che la disuguaglianza esiste e che - consapevolmente o meno - fai parte dello stesso disegno. E se non fai nulla per contrastarla finirai col sentirti preso di mira, perché ciò che c’è in ballo qui è il sentire di perdere potere.

I commenti sui social sono una strategia difensiva. Quando gli uomini rispondono dicendo: “Non sto uccidendo le donne” o ‘Non è vero che le donne sono pagate meno” assistiamo a una tendenza a confondere la discriminazione interpersonale e il pregiudizio con le strutture più ampie che privilegiano alcune comunità e ne emarginano altre.

Questo tipo di posizione difensiva non si limita ai dibattiti sulla disuguaglianza di genere. Tende a comparire ogni volta che discutiamo dell’oppressione delle persone emarginate da parte di gruppi più dominanti.

Il fatto che l’esperienza personale faccia in qualche modo credere che poiché il singolo non sta discriminando allora la discriminazione non esiste e al contempo che la discriminazione esiste ma non è un problema davvero reale e si può superare con la volontà è un gigantesco corto circuito.

Come dice Quello che mi aspettavo fatti concreti è vero, non ho la soluzione. Se non continuare a scriverne.

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