Ambiente

I rischi ambientali del turismo polare

Il boom del turismo in Antartide e Artide viene salutato come una risorsa ma gli scienziati avvisano: le scampagnate sui ghiacci hanno un prezzo. Ovviamente, non compreso in quello del biglietto
Credit: Derek Oyen
Tempo di lettura 5 min lettura
13 agosto 2023 Aggiornato alle 06:30

I ghiacci ai poli si stanno sciogliendo. Per la precisione quelli dell’Antartide si stanno sciogliendo in media di circa 150 miliardi di tonnellate all’anno. Al polo opposto il mare artico si riduce annualmente del 13%. Probabilmente l’Artico sarà ice-free entro il 2040 visto che si riscalda con una velocità superiore di ¾ di volte rispetto al resto del Pianeta. 2040, circa 16 anni da oggi.

Ogni secondo 24.000 tonnellate di acqua - l’equivalente di dieci piscine olimpiche - si aggiungono agli oceani, facendone aumentare il volume. L’acqua si alza e sommerge le coste, le piccole isole, minaccia le città. L’acqua al posto del ghiaccio, però fa gola perché è navigabile.

Una crociera in Antartide costa circa 10.000 dollari, volo escluso. Si tratta di un turismo dispendioso, in termini di emissioni tanto quanto di denaro, riservato a poche èlite che possono provare l’ebrezza di mettere piede sul continente che sta letteralmente alla fine del mondo. èlite però in rapida crescita. Secondo l’International Association of Antarctica Tour Operators, la stagione australe 2022-23 ha segnato un record, con 105.331 persone che hanno visitato l’Antartide.

Dunque sono i ricchi del mondo a pagare per camminare in Antartide, non i super ricchi. Quelli investono nei progetti minerari e nei mezzi che trasformano il turismo in un flusso di denaro continuo.

Anche in Artide il turismo non lesina a farsi sentire. Crociere e tour fino a 21 giorni permettono di esplorare il circolo polare artico, di raggiungere ambienti isolati come Pyramiden, una città fantasma nelle Svalbard, o di vedere da vicino gli orsi polari, mettendoli in pericolo.

L’impronta turistica infatti - per quanto le Svalbard si impegnino per gestirla - è notevole e all’aumentare della presenza umana cresce il numero di incontri con il più grande carnivoro terrestre. Incontri che al diminuire delle risorse alimentari e ambientali sono spesso incentivati dal bisogno degli orsi polari di nutrirsi. L’orso però in caso di pericolo per l’umano può essere abbattuto, con buona pace della conservazione e della dignità della vita animale, per questo la visita per diletto diventa un punto di contatto non necessario che aumenta il rischio per questi esemplari di venire uccisi. E non solo in maniera diretta.

Eppure, il turismo, con i suoi racconti da sogno, riesce a passare inosservato. Come fosse un’attività tutto sommato buona. Poco male se la sola presenza di navi alimentate a fossile produce una concentrazione di quegli stessi gas serra che stanno facendo sciogliere i ghiacci del mondo. Anzi, tanto meglio. Un’industria che si autoalimenta fa economia di risorse. Se poi incrementa il processo che rende accessibili enormi giacimenti minerari di cobalto e metalli rari, prima più ostici da raggiungere, beh allora, è da considerarsi una benedizione.

Così, trivelle e navi crociera si intrecciano in un percorso che ha come scopo la presa dei poli.

Anche l’Antartide non se la passa bene. Secondo le rilevazioni le aree più visitate dal turismo presentano una concentrazione maggiore di carbonio nero, emessa direttamente dalle navi, che contribuisce all’accelerazione dello scioglimento dei ghiacci. Si stima quindi che ogni visitatore tra il 2016 e il 2020 abbia contribuito allo scioglimento di 76 tonnellate di neve. La media di emissioni è di circa 3,76 tonnellate pro capite e ogni viaggiatore emette più di quanto faccia in media un abitante di India o Brasile.

Sempre con buona pace della fauna, le cui risorse sono già ridotte all’osso dall’attuale stato della crisi climatica, il futuro non si prospetta né roseo né verde, solo drammaticamente difficile.

Quello che dovrebbe preoccuparci, poi, è la nostra velocità di adattamento. Sì, sappiamo perfettamente che i ghiacci si stanno sciogliendo ma siamo assuefatti dalle immagini dei colossi groenlandesi che grondano come cascate.

Siamo inerti di fronte alla realtà delle cose, ma, soprattutto, siamo in cerca di valide ragioni per continuare a non affrontare la realtà. E pensare a un’industria fiorente, capace di trarre profitto dalle nuove condizioni climatiche, beh, fa gola. Anzi, è un’occasione ghiotta per non cambiare paradigma.

Considerare lo scioglimento come l’apertura di un ambiente difficilmente accessibile è un ottimo modo per vedere il lato positivo della crisi climatica. Come pure pensare che ora, con le temperature in aumento, anche in Islanda è possibile produrre il malto necessario alla produzione del whisky. Le nuove medie di calore sono l’occasione per nuovi tipi di produzione, una finestra economica non scontata. Soprattutto se si è disposti a lasciare all’arsura più di metà del mondo. E anche qui, modelli e previsioni ci mostrano che stiamo arrivando al punto in cui le fasce equatoriali saranno completamente invivibili.

Il problema vero è che, mediamente, sono abitate da persone povere, non bianche e perciò, meno rilevanti agli occhi dei governi ricchi del mondo.

Lo stratega geopolitico Parag Khanna prevedeva già nel 2016 che l’Antartide sarebbe stata la meta migratoria finale, quella che permetterà di sfuggire ai caldi e alla siccità derivate dalla crisi climatica.

Chi potrà si rintanerà nelle terre disgelate del polo sud. Abiterà prati verdi e godrà di venti freschi. Gli Stati litigheranno, a suon di accordi e di ritorsioni, per ingrandire le proprie porzioni di territorio e ai poveri del mondo resteranno le distese di terra cotta al sole. L’asfalto sciolto e terreni sterili.

Gli scheletri delle città brulicheranno di vita di sussistenza e forse svetteranno ancora cartelli, sbiaditi dal sole, di quelle meravigliose vacanze all inclusive nell’artico, non più a bordo di rompighiaccio, ma di comode navi da crociera con ponte prendisole e vista sulla fine del mondo.

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