Ambiente

Antartide: il cambiamento climatico non è l’unico problema

L’ultimo paradiso terrestre incontaminato rischia di essere danneggiato da un numero sempre crescente di visitatori. Nella regione polare, sotto l’iceberg del climate change, si nasconde un turismo insostenibile
Credit: Torsten Dederichs
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30 giugno 2023 Aggiornato alle 21:00

Immense distese di manto nevoso, enormi lastre di ghiaccio che giocano con la luce del sole trasformandosi quasi in cristalli, colonie di foche e pinguini indisturbati che nuotano nelle acque gelide e limpide di una delle ultime regioni incontaminate del mondo. Dell’uomo quasi nessuna traccia: qualche gruppo di ricercatori ogni tanto fa capolino, ma qui le temperature sono proibitive e l’idea di poterci vivere per sempre è quasi ai limiti della realtà.

Siamo in Antartide e questo è il ritratto di un posto utopico e straordinario che ora rischia di trasformarsi nell’ennesima meta di un turismo massivo e sfrenato, perdendo la magia di un luogo incantato, puro e naturale, rimasto intaccato dall’azione dell’essere umano e correndo il pericolo di contaminazione ambientale e danneggiamento paesaggistico.

Secondo l’Associazione Nazionale dei Tour Operator dell’Antartide (Iaato), ente di punta che gestisce il turismo in Antartide, infatti, tra il 2019 e il 2020 ben 74.000 turisti hanno scelto di visitare la regione polare. Un numero crollato a sole 15 persone e 2 yacht nell’estate australe del 2020/2021 a causa (o grazie?) della pandemia da Covid-19, ma risalito vertiginosamente fino a 105.331 visitatori nella stagione australe 2022/2023.

Un turismo sempre più invasivo e incontrollato, destinato inevitabilmente a tradursi in una crescente esposizione della regione polare a un devastante impatto ambientale, in cui i cambiamenti climatici diventano solo la punta di un enorme iceberg che nasconde molto di più.

Come spiega a The Guardian la dott.ssa Daniela Liggett - professore associato presso l’Università di Canterbury (Nuova Zelanda), dove si occupa di politica, gestione e turismo dell’Antartide - la concentrazione di turisti in aree altamente sensibili e solo in pochi mesi durante l’estate, ha un impatto piuttosto forte su tutto il territorio e sulla fauna che lo abita: il fatto che l’attività turistica abbia una natura stagionale significa che i già delicati ecosistemi polari affrontano un’ondata repentina di visitatori durante la stagione estiva e, subito dopo, un’improvvisa pausa durante l’inverno. Un effetto yo-yo che rischia di destabilizzare interi ecosistemi.

Nelle settimane in cui centinaia di migliaia di visitatori decidono di approdare in Antartide, lunghe code di navi da crociera stazionano a Fildes Bay, in attesa di reimbarcare i turisti in visita. Ed è proprio qui che negli ultimi anni sono stati ripetutamente registrati dannosi sversamenti di carburante e minacciosi scontri tra l’attività delle imbarcazioni e la naturale vita marina.

Addirittura, nelle aree più visitate, i ricercatori hanno scoperto nella composizione della neve una maggiore concentrazione di carbonio nero che proviene dagli scarichi e dai fumaioli delle navi e che, assorbendo calore, accelera lo scioglimento dei manti nevosi: un problema ambientale che in alcune parti della penisola antartica potrebbe causare ogni estate la perdita di 23mm di neve.

Con uno sguardo di preoccupazione si monitorano, ovviamente, anche le emissioni di CO2 del turismo antartico: a causa dell’isolamento e della lontananza del continente, infatti, per visitare l’Antartide i turisti gravano sul Pianeta con un’impronta di carbonio pro capite più elevata di 8 volte rispetto ad altri viaggiatori in crociera.

Una serie di fattori evitabili che vanno a incidere ancor più negativamente su un territorio e un ecosistema già fortemente provati dai cambiamenti climatici e che, anziché essere tutelati, vengono sfruttati, inquinati e distrutti in nome di un turismo insostenibile dal punto di vista ambientale.

Negli ultimi mesi, per correre ai ripari prima del raggiungimento di un punto di non ritorno, sono state messe in atto delle misure di tutela della regione e della sua fauna: in accordo con l’Antarctic Treaty System – l’insieme di accordi internazionali firmati da Paesi con una presenza o un interesse antartico – gli operatori turistici sono costretti a richiedere permessi e seguire rigorose normative ambientali, mentre i proprietari di crociere sono tenuti a segnalare il loro consumo complessivo di carburante, con l’obiettivo, posto dalla Iaato, di rendere l’attività turistica controllata e rispettosa dell’ambiente.

Considerati i numeri sempre crescenti di visitatori e le proiezioni del futuro, però, risulta difficile ormai pensare di gestire e controllare questo “turismo dell’ultima possibilità”, dove i ricchi fanno a gara per accaparrarsi un tour sull’ultimo paradiso terrestre incontaminato, contaminandolo.

Un circolo vizioso all’insegna dell’egoismo umano in cui, per godere di uno spettacolo naturale che sta morendo sotto i colpi dei cambiamenti climatici, se ne alimentano le cause e gli effetti. Il rinomato coltello nella piaga, dicono.

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