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“Baby Reindeer”, stalking: quando la vittima non è una donna

Con la miniserie Netflix si ribalta la prospettiva di genere e l’uomo non è più carnefice. Secondo l’avvocata Stefania Crespi, intervistata da La Svolta, «La stalker è più subdola»: perché?
Avvocata Stefania Crespi
Avvocata Stefania Crespi
Tempo di lettura 7 min lettura
6 maggio 2024 Aggiornato alle 12:10

Baby Reindeer è da diversi giorni in cima alla classifica delle serie più viste su Netflix. Sarà perché, come ha scritto il Time, è un “thriller psicologico geniale”. Sarà perché la storia scritta e interpretata dal comico scozzese Richard Gadd è così drammatica, autentica e soprattutto autobiografica che è impossibile non voler sapere tutto del suo racconto di vittima di stalking e abusi sessuali.

In una normale giornata di lavoro dietro il bancone di un bar di Londra, l’aspirante comico Donny (Gadd) offre una tazza di tè a Martha (Jessica Gunning), una donna in lacrime che si presenta come avvocata di successo. La donna inizia a perseguitarlo in modo sempre più ossessivo: si presenta quotidianamente per lunghe ore al bar in cui lavora, gli manda migliaia di mail e arriva a molestare anche le persone che gli sono più care. Ogni tentativo di Donny di porre fine ai suoi corteggiamenti risulta incerto e inefficace: la stalker passa dall’innamoramento alla convinzione che tra i due ci sia una vera e propria relazione. E questo è solo uno dei tanti indizi che fanno intuire i gravi disturbi mentali di cui soffre.

Per Variety ciò che rende questa miniserie una “gemma rara” non è solo il modo brillante in cui affronta il tema dello stalking, la fragilità delle emozioni e dei disturbi mentali, ma anche il ribaltamento dei pregiudizi di genere, “poiché il ruolo maschile e quello femminile in questa storia sono invertiti” rispetto alla dinamica tradizionale con cui siamo abituati a osservare la violenza di genere in cui è la donna a essere vittima.

Per capire cosa significa, nella quotidianità, lo “stalking femminile”, La Svolta ha parlato con Stefania Crespi, avvocata di Milano esperta di violenza domestica e stalking.

Lo stalking può colpire sia uomini che donne. Possiamo dire che è un “reato senza genere”? Quali sono le differenze?

Sì. Lo stalking innanzitutto è un reato abituale che richiede la ripetizione di molestie o minacce nel tempo e può prevedere una serie di comportamenti differenti. Possiamo partire dal messaggio per poi arrivare al pedinamento o al presentarsi sul luogo di lavoro. Uomini e donne scelgono modalità operative diverse. Lo stalker uomo è più aggressivo; la stalker donna invece è più subdola perché utilizza soprattutto la furbizia e la violenza psicologica. La stalker è più furba, nel senso che inizia con una modalità più nascosta per poi arrivare a opprimere da un punto di vista psicologico la sua vittima.

C’è comunque una netta prevalenza di donne vittime di stalking: l’ultimo report della Direzione Centrale della Polizia Criminale dice che le donne sono vittime nel 74% dei casi, contro il 26% degli uomini

È vero che gli ultimi dati ci dicono un rapporto più o meno di 1 a 3, quindi la donna tendenzialmente è “più vittima”, così come è “più vittima” nell’ambito della violenza domestica e della violenza in generale Però lo stalking determina gli stessi effetti su uomini e donne: si genera uno stress per cui i danni psicologici sono enormi, come nella diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite. Sono entrambi reati che devastano l’anima, rendendo le vittime succubi.

Perché per le vittime di stalking è così difficile denunciare? E sappiamo che per gli uomini è ancora più difficile.

Il fatto che le vittime non denuncino è un dato fondamentale: abbiamo di fronte numeri che non sono corretti, perché c’è il cosiddetto “sommerso”. L’uomo, in generale, ha difficoltà a denunciare tutte le forme di violenza, sostanzialmente per un discorso di vergogna: l’uomo pensa che denunciando un abuso sessuale o una violenza di carattere psicologico diventi “vittima” nel senso di una persona debole. Viene fuori ancora il concetto dell’uomo “macho” che deve essere per forza forte e, quindi, che non è capace di difendersi in determinate situazioni. Questa frase: “non sei capace di difenderti”, è quella che mi hanno riportato diversi uomini che si sono recati dalle forze dell’ordine e hanno ricevuto una porta in faccia. In certi casi non hanno accettato le loro denunce oppure le hanno accettate, ma nel giro di pochissimo tempo il procedimento è stato archiviato.

Quali sono i modi per difendersi dallo stalking?

Se una persona viene perseguitata attraverso messaggi o mail, le prove ci sono: è più semplice da dimostrare rispetto a una violenza domestica che si realizza all’interno delle mura di casa senza testimoni. Se la vittima è un minimo furba tiene le chat oppure possono esserci le testimonianze dei colleghi di lavoro. Se si pongono limiti chiari, scrivendo “non ti voglio più sentire” oppure bloccando chat, chiamate e mail, il dissenso è palese.

La denuncia poi in diversi casi riesce a fermare gli stalker.

Non è proprio così. Innanzitutto, nello stalking prima di denunciare è possibile recarsi dal questore e fare un’istanza di ammonimento. Se la persona smette di perseguitare la vittima, allora non si passa al penale. Ci sono tantissimi casi in cui, nonostante l’ammonimento, la persona va avanti a commettere il fatto. Se lo stalker intende stare addosso il più possibile alla vittima, continuerà a farlo anche di fronte alla minaccia di denunciare e alla denuncia vera e propria.

A differenza degli uomini che perseguitano solo le donne, le stalker se la prendono anche con persone dello stesso sesso.

Sì. Non si deve credere che lo stalking femminile sia riservato esclusivamente agli uomini per motivazioni legate al fatto di essere state lasciate o per corteggiamenti che non sono andati a buon fine. Ci sono anche casi di stalking da donna su donna: la prevalenza è collegata a relazioni avute dal proprio compagno o marito con un’altra donna che viene vista come la causa della fine della relazione. La stalker inizia a perseguitare questa persona prima seguendola sui social poi scrivendole messaggi, dopodiché iniziano le minacce e a volte viene coinvolta anche una cerchia di persone vicine alla donna come i genitori, i fratelli o gli amici.

Come nella serie, il protagonista decide di denunciare proprio perché ha paura per la sua famiglia…

Esattamente. Gli uomini vittima di stalking sono più stressati, mentre le donne vittime hanno paura, tanto da non voler più uscire e smettono anche di lavorare. Questo è uno degli elementi costitutivi dello stalking: il fatto che ci sia questo grosso stress, paura, oppure il cambiamento delle proprie abitudini di vita. Bisogna stare attenti a non confondere la molestia con lo stalking: se una persona corteggia in un modo molesto e che perdura nel tempo, ma nell’altra persona non si viene a creare stress ma soltanto fastidio, allora siamo nel campo delle molestie.

Un esempio?

Il film Attrazione fatale: Michael Douglas era sposato e aveva avuto una relazione con Glenn Close; quando lui decide di stare con la moglie, lei perde il controllo, inizia a perseguitarlo pesantemente, arrivando a uccidere il suo animale domestico. Questa donna era una stalker perché dal corteggiamento è passata a una modalità ossessiva arrivando a spaventare l’ex amante e sua moglie.

È molto comune che gli stalker siano persone con patologie psichiatriche.

Sì, oppure semplicemente ha un tratto caratteriale o esperienze pregresse. Il rischio è che poi si arrivi a riconoscere l’incapacità di intendere e di volere e non si possa emettere una sentenza di condanna. Non vorrei che qualcuno si trincerasse dietro una patologia psichiatrica, quando in realtà è semplicemente un criminale.

Si può fare prevenzione?

Ultimamente molti giudici subordinano la sospensione condizionale della pena alla frequentazione di centri riabilitativi per uomini violenti o per donne violente. E questo è importante per un’attività preventiva per il futuro, per evitare che si riproducano quei comportamenti non solo sulla stessa persona ma anche su altri.

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