Diritti

Usa, AirTag utilizzato per lo stalking: cosa sappiamo della class action contro Apple

Decine di persone sostengono di essere state pedinate grazie ai tracker nascosti nelle loro macchine. Ora il giudice distrettuale di San Francisco ha ordinato di procedere con la cause intentate da 3 vittime per possibile “negligenza” della società
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25 aprile 2024 Aggiornato alle 17:00

Non è un buon periodo per Apple. Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e i procuratori generali di 16 stati americani hanno fatto causa alla società per aver creato un monopolio dell’iPhone sul mercato degli smartphone. È l’azione legale più aggressiva contro il colosso tecnologico che ha una valutazione di mercato di circa 2,7 trilioni di dollari e un fatturato maggiore rispetto al Pil di oltre 100 Paesi.

Su un altro versante che non riguarda le regole antitrust, ma i temi della sicurezza e della privacy individuali, la società di Tim Cook deve affrontare anche una class action che contesta l’uso degli AirTag da parte degli stalker per seguire le proprie vittime.

Quando sono stati lanciati sul mercato nel 2021, questi dispositivi erano strumenti di localizzazione degli oggetti, diventati utilissimi a chi perde facilmente le chiavi e il portafoglio o non ricorda dove ha parcheggiato la macchina. Ma il costo ridotto, le piccole dimensioni e la facilità di utilizzo hanno consentito al prodotto di essere sfruttato anche per finalità diverse, come appunto seguire gli spostamenti di una persona senza il suo consenso.

Come ha detto alla Bbc Eva Galperin, direttrice del team di cybersecurity della Electronic Frontier Foundation: «Sei crei un oggetto utile per rintracciare gli oggetti rubati, hai anche creato uno strumento perfetto per lo stalking».

La class action è stata intrapresa nello Stato della California a dicembre 2022 da decine di donne e uomini che hanno sostenuto di essere stati controllati e pedinati grazie alla presenza di un AirTag nascosto tra i propri oggetti personali. Secondo le vittime, Apple non avrebbe adottato sufficienti misure di sicurezza per proteggerle da questi rischi.

Il giudice distrettuale di San Francisco Vince Chabria ha rifiutato la richiesta della società di archiviare la class action. Nonostante molte richieste siano state respinte in quanto “non adeguatamente formulate”, per 3 di queste il giudice ha ordinato la prosecuzione della causa per possibile “negligenza e responsabilità oggettiva” della società.

In questi casi, i tracker sarebbero stati posizionati all’interno della macchina della vittima da ex partner o altre persone con conseguenze negative dal punto di vista psicologico e finanziario. Secondo la difesa, Apple non avrebbe alcuna responsabilità per l’utilizzo improprio dei suoi prodotti da parte degli stalker.

Il funzionamento dell’AirTag è semplicissimo: grazie alla tecnologia bluetooth il tracker invia un segnale privato che consente di rilevare la sua posizione a qualsiasi dispositivo Apple nelle vicinanze tramite l’applicazione Dov’è. Tutto avviene in forma anonima e con crittografia end-to-end: in questo modo è possibile ottenere soltanto informazioni sugli oggetti smarriti e non sull’identità del proprietario.

Negli ultimi anni, dopo le denunce sui possibili usi criminali degli AirTag, Apple ha adottato alcune modifiche anti-stalking al sistema: oggi chiunque possieda un iPhone aggiornato a iOS 14.5 dovrebbe ricevere una notifica ogni volta che un AirTag sconosciuto rimane nelle vicinanze per un periodo di tempo prolungato e a distanza dal suo proprietario.

Stando a quanto riportato nei documenti a supporto della class action, all’epoca dello stalking le vittime avrebbero ricevuto le notifiche sui loro telefoni in modo poco chiaro o non tempestivo o non avrebbero potuto disabilitare l’AirTag una volta rilevato, permettendo così ai loro stalker di prolungare le attività di tracciamento.

È ancora presto per fare pronostici sul possibile esito del processo. Come ha scritto il giudice Chhabria nell’ordinanza: “Alla fine Apple potrebbe avere ragione nel dire che la legge della California non la obbligava a fare di più per ridurre la capacità degli stalker di usare gli AirTag, ma questa valutazione non può essere fatta in questa fase preliminare”.

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