Città

New York, la città che avvera i sogni (degli italiani)

Tre connazionali che oggi vivono nella Grande Mela hanno condiviso con La Svolta le gioie e i timori che si provano quando si lascia il proprio Paese per iniziare una nuova vita oltreoceano

Cambiare vita e farlo nella città che non dorme mai, è il sogno nel cassetto di molti. New York vibrante multiforme, con le sue infinite possibilità, rappresenta da sempre il sogno americano. Ma la città non apre più le sue porte a tutti come in passato. Chi è riuscito a farcela, come diversi italiani che la abitano da almeno 2 decadi, la definiscono adesso, una metropoli abrasiva.

La competizione è molto elevata, occorrono esperienze certificate, l’improvvisazione non fa resistere a lungo; è necessario essere disposti a lavorare con ritmi intensi e a dimostrare di valere più di altri. I visti per lavoro sono molto costosi e le aziende sono disposte a investirci soltanto se ne vale davvero la pena.

Entrare negli Usa

Il visto più ambito (e se vogliamo più facile da ottenere) è quello per non-immigranti, che non prevede una permanenza stabile nel Paese, ma consente alle aziende americane di assumere persone con particolari competenze o qualifiche. Questa autorizzazione è così tanto richiesta, che il suo rilascio è limitato a 65.000 l’anno, per poter proteggere il mercato, i lavoratori americani e la stabilità economica del Paese.

Il visto H1B permette alle aziende statunitensi di assumere lavoratori qualificati, che possano offrire elevato valore aggiunto: alle autorità americane interessa principalmente chi apporta qualità intellettive. Ma occorre possedere già un’offerta di lavoro o essere sponsorizzati, oltre che un idoneo titolo di studio e pagare una tassa pari a 200 dollari.

L’azienda coinvolta invece, dovrà dimostrare che nessun altro cittadino americano può ricoprire lo stesso ruolo, pagare 500 dollari, inoltrare la domanda ai servizi immigratori, dove saranno necessari ulteriori 3.000 dollari per l’assistenza di un avvocato, aggiungendone altri 1.000 se si ricerca una procedura accelerata (2 settimane anziché mesi). Il visto H1B è valido 3 anni, rinnovabile una volta (per un soggiorno massimo di 6 anni).

La Svolta ha raccolto le voci di alcuni fra i 3.372.512 italiani che vivono nella Grande Mela che si possono definire “realizzati” avendo conquistato, almeno per la resilienza dimostrata, la chiave d’accesso alla metropoli.

Tony, conosciuto come “Tooslick”, si è definitivamente trasferito nel 2016 (Queens)

«La prima volta che sono arrivato da Milano era il 2010, ho seguito il cuore, la mia ex moglie, la sua terra. Ero stanco di fare il pendolare e quando ho deciso di lasciare tutto, non conoscevo la lingua, la cultura, niente, in maniera approfondita, di questo luogo, non gli appartenevo. La città invece è stata accogliente con me dopo soltanto 2 settimane dal mio arrivo sono riuscito a inserirmi, a trovare un lavoro e a lanciarmi in quella che era la vita turistica newyorkese, in modo particolare quella notturna».

«La notte di New York rappresenta da sempre una contemporanea divina commedia - ha raccontato Tony a La Svolta - i lupi di Wall Street, i medici, gli avvocati più famosi, tutti finiscono all’interno dello stesso girone, in questo caso quello del divertimento e dell’alcool. Io sono lì, rimango in ascolto e osservo, divenendo mio malgrado, il giudice delle loro trasgressioni che entrando nell’oscurità si svelano».

Quindi, ha conquistato definitivamente il suo posto fra i grattacieli? «Sono riuscito a creare una mia identità, adesso il mio nome, quando si tratta di gestire o organizzare eventi all’interno dell’intrattenimento serale, circola un po’ ovunque, sia fra coloro che vivono qua sia fra quelli che ci arrivano. La vita notturna per me è e resta amore eterno, il matrimonio più duraturo che ho e potrò mai avere».

Andrea vive stabilmente a New York dal 1987 (Brooklyn)

«Fin da quando avevo 18 anni il mio sogno era quello di andare in America, la vedevo come l’unica possibilità di realizzazione provenendo da una piccola cittadina del Sud. Lo sport che praticavo a livello amatoriale, il pugilato, si trasforma ben presto in una professione che ho cercato di utilizzare come carta d’ingresso, senza però riuscirci».

«Sono stati anni duri quelli, vissuti nella precarietà e talvolta nell’illegalità - ha dichiarato Andrea a La Svolta - passando da un lavoro all’altro pur di rimanere: ho fatto il pizzaiolo, il cameriere, l’autista, lavorando 15 ore al giorno. Poi grazie all’amore, quello vero, non di comodo finalizzato all’ottenimento della Green Card, mi sono naturalizzato, trovando una stabilità sia sentimentale che professionale».

Quindi, ora si sente realizzato? «Ho una mia agenzia turistica, ho trasformato la passione che nutro per questo Paese in un lavoro, accompagnando i viaggiatori, introducendoli in quella che per me è e resta la meta più bella del mondo. Realizzato? Dipende sono ancora molte le cose che vorrei fare, come implementare le destinazioni da proporre, fornire nuovi servizi, mi sto comunque organizzando».

L’ottenimento della Green Card, che comunque deve essere rinnovata ogni 10 anni, è un altro modo per poter rimanere negli Stati Uniti. Si può ottenere con un matrimonio con un cittadino americano, tramite la richiesta da parte di un datore di lavoro, nel caso di attività a lungo termine, o con la partecipazione alla lotteria del Diversity Visa Program, che ogni anno ne mette a disposizione circa 50.000.

Roberta ha spostato la sua vita a New York nel 1997 (Manhattan)

«Fin da quando ero piccola, la mia passione era la danza, era la mia ossessione, ballavo tutto il giorno, in ogni momento possibile. Sapevo che solo nella Big Apple avrei potuto realizzare appieno il mio sogno, contrapponendomi alle indicazioni di tutti, genitori inclusi, senza conoscere nessuno, senza alcun aiuto, ma con un’eccessiva dose di follia e incoscienza, me ne sono andata dalla mia remota isola, avevo 20 anni».

«I primi 5 sono stati i più faticosi - ha spiegato Roberta - quando si è all’estero, soprattutto se si è giovani si sente molto la mancanza della famiglia. Anche se si sta vivendo un sogno lo si vive a metà. Ero felice per la mia nuova dimensione e allo stesso tempo triste per la mancanza degli affetti a me più cari. Mi confortava solo la danza, anche se per mantenermi le costosissime lezioni dovevo fare numerosi lavori. Fino all’alba servivo patatine e costolette di pollo fritte in un locale, facevo la dog sitter accompagnando i cani nelle loro passeggiate giornaliere, insegnavo privatamente la lingua italiana. La difficoltà più grande? Quella di riuscire a intessere delle relazioni profonde e durature. In questa giungla urbana le persone non hanno tempo per conoscerti, si rivolgono alle app di dating, molto più veloci ma anche più superficiali, finendo ogni sera con l’incontrare persone diverse».

«Il momento più duro l’ho vissuto quando mi hanno ricoverata in ospedale dopo una caduta, ho capito, che senza un’assicurazione sanitaria, sarebbe stato impossibile continuare la mia vita nella Big Apple. La mia degenza in una clinica non convenzionata è durata soltanto pochi giorni, ma il conto che è arrivato superava i 10.000 dollari.

Realizzata? «Non saprei, questa parola può avere diverse interpretazioni, dopo anni di studi sono riuscita a divenire io stessa insegnante, sia di danza contemporanea che di yoga. La vita che conduco mi piace, anche se ha comportato tanti sacrifici ne è valsa la pena, sono parte del cambiamento di una delle città più cool del mondo».

L’assistenza sanitaria

Gli Stati Uniti sono uno dei 3 Paesi dell’Ocse, insieme a Messico e Turchia, a non avere una copertura sanitaria universale. Il numero di persone senza assicurazione è passato da 38 milioni nel 2000 a 46 milioni nel 2007, anche se dagli ultimi dati diffusi dal Department of Health and Human Services i cittadini senza copertura sanitaria nel 2022 risulterebbero scesi a 26 milioni. L’esponenziale numero di persone non assicurate è in larga parte attribuibile all’atteggiamento dei datori di lavoro, sempre meno propensi a fornire copertura sanitaria ai propri dipendenti.

L’assenza di assicurazione è più diffusa tra i gruppi con reddito basso. Il 46% delle famiglie con reddito al di sotto del doppio della soglia di povertà sono privi di assicurazione, mentre sopra la stessa soglia è senza copertura sanitaria il 16% della popolazione. La crescita dei costi sanitari ha inoltre fatto aumentare i premi riducendo il numero delle persone assicurate; chi è sprovvisto di assicurazione riceve assistenza dagli ospedali no-profit, ma le cure sono inadeguate e spesso comportano gravi conseguenze sulla salute.

Potremmo venire da luoghi diversi e avere storie diverse, ma condividiamo speranze comuni e un sogno molto americano - Barack Obama

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