Diritti

Valore D presenta la “Bibbia” dell’empowerment femminile

L’associazione ha rilasciato un playbook con 439 buone pratiche aziendali per favorire l’uguaglianza di genere, 212 delle quali allineate agli obiettivi del Pnnr
Credit: Anna Shvets
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
21 giugno 2023 Aggiornato alle 18:00

Lo abbiamo detto più volte, ma ripeterlo è importante per non dimenticarlo: secondo il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum, l’Italia è scesa dal 63° posto al 79° (su 146 Paesi) per quanto riguarda la parità di genere. Per colmare questo divario, serviranno 132 anni. Esatto: solo nel 2154 donne e ragazze potranno raggiungere la piena parità. 132 anni di disuguaglianze, ingiustizie, occasioni mancate.

Come ricorda l’associazione Valore D, l’Italia (anche in questo campo) non si distingue in positivo: il nostro Paese si posiziona così in basso in classifica soprattutto a causa della scarsa partecipazione delle donne all’economia e alla politica: “abbiamo infatti il più basso tasso di partecipazione al lavoro (63% vs 72% media europea), limitato accesso alle risorse finanziarie e scarsa partecipazione politica (31,9% vs 97,48% dell’Islanda)”.

Cambiare le cose è necessario, e urgente. In quest’ottica, continua l’associazione che raccoglie le imprese che promuovono un equilibro di genere, il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), una delle cui priorità trasversali è proprio la parità di genere, rappresenta un’occasione straordinaria, che non possiamo lasciarci scappare.

Per questo, Valore D ha istituito un tavolo di lavoro dedicato al Pnnr, per “rileggerlo” individuando al suo interno le missioni che più incidono sul miglioramento della condizione occupazionale femminile e sulla crescita del Paese ed elaborando, assieme a Boston Consulting Group, un playbook che, forte dell’esperienza delle quasi 350 aziende affiliate, vuole essere la più “completa guida sul tema dell’empowerment femminile”.

Più di 439 schede dettagliate che descrivono altrettante buone pratiche aziendali e, per ciascuna, l’indicazione dei principali Kpi (Key Performance Indicators - Indicatori chiave di performance) che vengono impattati positivamente, e che vanno dalla percentuale di donne impegnate nella forza lavoro al loro aumento in posizioni manageriali o in settori specifici, come lo Stem, dove è forte la sottorappresentazione femminile.

Best practice che non lavorano in un’unica direzione: “investimenti tangibili sulle leve chiave del gender empowerment”, infatti “creano dei veri e propri circoli virtuosi, nei quali i benefici non vanno solo a senso unico verso le donne, ma anche verso le aziende stesse, che attraggono talenti, aumentano il proprio employee engagement e, grazie a una maggiore soddisfazione dei dipendenti, creano ambienti di lavoro positivi e inclusivi”.

Tra queste schede, 180 sono legate a occupazione e genitorialità: “ I dati mostrano come una minor partecipazione femminile al mondo economico generi un impatto negativo non solo per le donne, ma per l’intera società. I servizi di supporto alla genitorialità e alla partecipazione delle donne al mondo lavorativo, sono direttamente correlati al tasso di fertilità, all’età media della popolazione, alle spese per le pensioni e infine al PIL. Stimolare positivamente e sinergicamente questi elementi signifca generare valore per tutti: singoli cittadini e cittadine, imprese e istituzioni” ha spiegato Giada Maldotti, Partner di Bcg.

“Questo aspetto risulta già chiaro per il mondo aziendale, che sta investendo fortemente per sostenere genitorialità e sviluppo femminile - ha aggiunto - È auspicabile un allineamento costante con il mondo istituzionale, per garantire che gli investimenti e gli sforzi aziendali volti ad assicurare una sempre maggiore emancipazione femminile, siano sempre più riconosciuti e valorizzati.”

212, invece, sono le schede allineate con gli obiettivi e le priorità delle missioni del Pnrr su cui si è focalizzata l’analisi di Valore D: M1 “digitalizzazione”, M4 “innovazione, competitività” e M5 “istruzione e ricerca” e “coesione e inclusione”.

Per quanto riguarda la prima missione, spiega l’associazione, “le misure messe in atto per facilitare una rivoluzione digitale che modernizzi il Paese partono dalla constatazione della prevalenza maschile in ambiente Stem” e mirano quindi a colmare questo gap attraverso corsi di formazione riguardo tematiche digitali o discipline Stem, laboratori di innovazione e strumenti di flessibilità come lo smart working.

Stringendo il focus su istruzione e ricerca, invece, secondo Valore D è necessario che le nuove generazioni siano in grado di acquisire competenze allineate alle future esigenze del mondo del lavoro: “Molte aziende hanno già avviato una collaborazione con gli Istituti superiori e le Università attraverso corsi su tematiche di innovazione, materie Stem e ambito digital; eventi per supportare gli studenti nella scelta del percorso di studi; iniziative per incoraggiare le ragazze a intraprendere percorsi di studio Stem; borse di studio per le Università e/o benefit per favorire l’istruzione dei figli dei dipendenti”.

“Un nuovo futuro per tutti i cittadini da costruire attraverso l’innovazione del mercato del lavoro, facilitando la partecipazione, migliorando la formazione e le politiche attive, eliminando le disuguaglianze sociali, economiche e territoriali, sostenendo l’imprenditorialità femminile”: ecco, secondo Italia Domani (portale Pnrr) l’obiettivo della Missione 5.

Un obiettivo in cui le aziende, conclude Valore D, hanno un ruolo fondamentale, che stanno già cercando di assolvere attraverso strumenti che favoriscano la progressione delle carriere femminili, ma anche la certificazione della parità di genere e retributiva e percorsi di alternanza scuola-lavoro dedicati ai e alle giovani.

Leggi anche
Gender pay gap
di Azzurra Rinaldi 4 min lettura
Gender equality
di Maria Ida De Franceschi 3 min lettura