Economia

Pnrr e il nuovo piano per salvare i fondi

Il Governo non ha intenzione di rinunciare ai fondi del Recovery Plan. Per questo, prevede di dirottarli su progetti di efficientamento energetico come RePowerEu
Credit: ZUMA Press
Tempo di lettura 3 min lettura
12 giugno 2023 Aggiornato alle 12:00

La revisione del Pnrr sarà presentata entro la fine di agosto, ma il Governo sta già pensando a come ottenere una clausola che gli permetterà di dirottare i finanziamenti europei che non riuscirà a spendere per il 2026, sul piano RePowerEu. Inoltre, nella giornata del 6 giugno, è stato presentato il decreto Pa, per eliminare il controllo concomitante della Corte dei conti sul Pnrr, cioè quello a progetti in corso, e lasciare solo quello a opere terminate.

Cosa comporta la rimozione della Corte dei conti?

Togliere alla Corte dei Conti il potere di controllo sui progetti del Pnrr, potrebbe (forse) velocizzare la loro approvazione, ma metterebbe a rischio tanti funzionari pubblici che darebbero il via libera a finanziamenti non legittimi e di cui poi dovranno rispondere personalmente. Nel concreto, questo decreto va a escludere il controllo concomitante dei giudici contabili sull’utilizzo dei fondi del Piano, motivo per cui, anche se è stato approvato con 203 voti a favore, i giudici continuano a ribadire la propria contrarietà.

Il piano RePowerEu è stato presentato dalla Commissione europea nel 2022 in risposta alle interruzioni del mercato energetico conseguente all’invasione russa in Ucraina. Le sue caratteristiche sono molto più specifiche del Pnrr, poiché è dedicato esclusivamente a progetti di efficientamento energetico. I sussidi massimi per l’Italia ammontano a 2,7 miliardi di euro e le proposte, presentate 15 giorni fa alla Commissione, sembrerebbero andare bene.

Cosa succede ora? Il 6 giugno il Parlamento ha ricevuto la relazione semestrale sul Pnrr, in ritardo di diverse settimane, in cui il Governo presenta il quadro dei progetti in attuazione, dei ritardi e delle eventuali modifiche da apportare. Nelle prossime giornate, quindi, in aula si dovrebbe discutere sul tema, ma stando a quanto emerso dal documento presentato in conferenza stampa, gli interventi che presentano qualche debolezza sarebbero 120.

Le possibili criticità riguardano: l’aumento inaspettato dei costi, la differenza eccessiva tra domanda e offerta, le difficoltà nell’aspetto di amministrazione e gli errori commessi nell’allinearsi alle norme tecniche europee.

Per affrontare queste problematiche, il governo ha pensato di proporre alla Commissione europea un nuovo piano in cui questi progetti verranno in parte modificati, sostituiti o direttamente spostati sul RePowerEu.

L’idea sarebbe che qualora i fondi che non vengano spesi entro il 2026, non andranno perduti, ma andrebbero spostati sul RePowerEu per poter essere utilizzati negli anni successivi e in progetti più ampi.

Cosa cambia? Il Governo, già da febbraio, aveva avviato una cabina di regia sul Pnrr domandando a enti come Enel, Eni, Snam e Terna, ossia le principali partecipate statali a vario titolo operanti nel settore energetico, di presentare i loro progetti collegati al RePowerEu.

Dunque, se questa iniziativa andasse a buon fine si potrebbero aggiungere dai 3 ai 6 miliardi di euro ai 2,7 previsti, e si arriverebbe a una dotazione totale di 9 miliardi. Questo cambiamento sposterebbe molte voci di spesa dalle amministrazioni pubbliche alle capacità di investimento di grandi aziende partecipate dallo Stato.

Il governo Meloni sta spingendo molto sulla flessibilità delle risorse ma non è detto che questa operazione vada a buon fine.

Leggi anche
(Etienne Boulanger)
Lavoro
di Azzurra Rinaldi 5 min lettura
Fondi
di Riccardo Carlino 7 min lettura