Economia

Senza denaro non può esserci empowerment

Ai bimbi paghetta fissa, alle bimbe una volta ogni tanto. Così le donne si abituano a non contrattare il proprio salario d’ingresso o a non parlare di soldi “perché volgare”. Come possiamo cambiare le cose?
Credit: Ono Kosuki/pexe
Azzurra Rinaldi
Azzurra Rinaldi economista
Tempo di lettura 4 min lettura
13 settembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Qualche anno fa, una ricerca Childwise lo ha confermato: la discriminazione retributiva nota come gender pay gap inizia da piccole. La survey, condotta su oltre 2.000 tra bambini e ragazzi, ha mostrato che in media, nel Regno Unito, l’importo della paghetta dei maschi è del 20% superiore rispetto a quello delle femmine. E, man mano che i ragazzi crescono, il divario, anziché ridursi, aumenta fino ad arrivare al 30%. Per quanto sia sconfortante, non è il dato peggiore rilevato: negli Stati Uniti, il divario di genere nella paghetta ammonta al 50%.

Come se non bastasse, dalla ricerca emerge un ulteriore dato significativo per comprendere la relazione che molte donne anche adulte hanno con il denaro: mentre i bambini ricevono la paghetta con regolarità, alle bambine viene data più saltuariamente, in maniera meno lineare e stabile. I bambini quindi imparano a essere finanziariamente autonomi, le bambine imparano a dover dipendere da altri.

Gli effetti di lungo periodo

Questa socializzazione nel rapporto con il denaro viene poi rafforzata dai canoni di adeguatezza che la società, oltre che i genitori, proiettano sulle donne. Uno su tutti: parlare di denaro è volgare. Ecco allora che, secondo la professoressa Linda Babcock della Carnegie Mellon University, a contrattare il proprio salario di ingresso è solo il 12,5% delle donne, a fronte del 52% degli uomini. Gli effetti di lungo periodo? Una perdita potenziale di reddito fino a 1,5 miliardi di dollari nell’arco temporale dell’intera vita lavorativa delle donne.

E in Italia? Secondo i dati Inps sul 2019, mentre la media delle retribuzioni degli uomini italiani ammonta a 16.297 euro, quella delle donne si ferma a 11.260: un divario retributivo medio pari a circa il 31%. E nel Sud Italia, il 46% delle donne non è economicamente autonoma e dipende dal proprio partner anche per le spese quotidiane.

Senza denaro, non c’è empowerment

Saper guadagnare e gestire il proprio denaro è uno strumento imprescindibile di empowerment per le donne e non solo sul mercato del lavoro, ma anche all’interno della famiglia. In letteratura lo chiamiamo bargaining power (espressione che dobbiamo alleconomista Charlotte Perkins Gilman, che l’ha coniata nel 1898): è il potere contrattuale che, allinterno della famiglia, ha soltanto chi percepisce un reddito. E quindi, lautonomia economica delle donne, oltre che migliorare le loro condizioni personali, rafforza anche la loro posizione allinterno del matrimonio. Per non parlare del fatto che (ormai lo sappiamo bene) l’empowerment economico delle donne conduce a un incremento di ricchezza e di benessere per l’intero Paese.

E allora, facciamolo

Tutto bello, si dirà. Ma come facciamo? Se la polarizzazione di genere rispetto al rapporto con il denaro inizia sin da piccolissime, bisogna agire in controtendenza su vari livelli. Quindi, insegnare alle bambine che il denaro è un fattore cruciale di indipendenza e di autonomia per la vita che potranno disegnare per se stesse da adulte. Insegnare ai bambini quali sono i confini sottilissimi del controllo che possono sfociare in episodi di violenza economica.

Ma intervenire anche sulle donne adulte, per disinnescare quei comportamenti automatici che a volte si agiscono quando ci si trova, a esempio, a chiedere un compenso per una prestazione professionale, a contrattare un livello retributivo o anche a gestire clienti e aziende che non pagano quanto sarebbe dovuto.

Proprio ieri, con questo obiettivo, è nato un percorso di consapevolezza finanziaria il cui titolo è Piacere, denaro!, un progetto rivolto esclusivamente alle donne per rinforzarle nella loro capacità di generare e gestire denaro e vivere una vita più felice e indipendente. È un progetto che mi vede orgogliosissima protagonista e promotrice in prima persona insieme all’amica e grande attrice Antonella Questa.

Mixando il conforto dei dati per avere una panoramica complessiva sui fenomeni insieme alle tecniche di recitazione per sbloccare i meccanismi talora automatici che noi donne mettiamo in atto e che sono a volte veri e propri tentativi di autosabotaggio, cercheremo di condurre le partecipanti in un percorso di empowerment che passi dalla riconciliazione del proprio rapporto con il denaro. Perché siamo profondamente convinte che l’autonomia economica sia sinonimo di libertà.

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