Diritti

Chi verifica la parità di genere nelle aziende?

In arrivo nel 2023 un database completo degli enti accreditati a rilasciare la certificazione. Secondo la ministra Eugenia Maria Roccella, circa 160 imprese potranno ottenerla entro fine 2022
Credit: Maria Tyutina
Tempo di lettura 4 min lettura
30 novembre 2022 Aggiornato alle 21:00

In Italia, il divario di genere è sempre più ampio. È del 18,3% la differenza del tasso di occupazione tra i due sessi, ed è uno dei valori più alti in Europa. Il contesto internazionale e nazionale richiede una sempre maggiore attenzione al superamento delle disuguaglianze ed è necessario ormai, per tutte le imprese, incamminarsi verso la parità di genere.

Il raggiungimento della parità di genere è richiesto dai Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030, con l’Obiettivo 5, dai criteri ESG (Environment, Social and Corporate Governance) che guidano gli investimenti e dal PNRR, che premia le aziende virtuose in termini di eguaglianza di genere.

In Italia, con la legge 162/2021 è stato introdotto lo strumento della certificazione della parità di genere, con l’obiettivo di incentivare le aziende ad adottare politiche adeguate che mirano a ridurre il gap di genere. Lo scorso 24 marzo è stata presentata la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, che definisce criteri, prescrizioni tecniche ed elementi funzionali alla certificazione di genere.

La nuova sensibilità diffusa spinge le aziende a ottenere tale certificazione, anche perché tale strumento potrà garantirgli una maggiore competitività nel mercato. L’azienda potrà ottenere punteggi più alti nelle gare pubbliche, a partire da quelle legate al PNRR, e sgravi contributivi fino a un massimo di 50.000 euro l’anno.

Il PNRR, garantisce uno stanziamento di 10 milioni per ottenere la certificazione, di cui 5,5 milioni di euro andranno a coprire i costi di certificazione delle imprese (fino a un massimo di 12.500 euro ad azienda) e 2.500 euro saranno destinati ai servizi di assistenza tecnica.

Ad oggi, secondo la nuova ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Eugenia Maria Roccella le imprese che potranno contare sulla certificazione di genere entro la fine dell’anno sono all’incirca 160. Il numero delle aziende certificate sull’equità, che a metà novembre erano all’incirca 82, va sicuramente incrementato.

Le prime aziende certificate in Italia sono state Cellnex Telecom, lo studio legale LCA di Milano e Medinok spa.

Tra le organizzazioni accreditate che sono in grado di garantire la certificazione troviamo: Dnv Business assurance Italy Srl, Rina Services Spa e Bureau Veritas Italia Spa. Tuttavia, entro il 2023 sarà disponibile database degli enti accreditati.

I parametri stabiliti, secondo cui vengono valutate le diverse aziende per ottenere la certificazione, sono 33: i primi 7 riguardano cultura e strategia; altri 5 la governance; 6 i processi legati alle risorse umane; 7 la crescita e l’inclusione delle donne; 3 l’equità sul piano delle retribuzioni e 5 la tutela della genitorialità.

Dopo la valutazione, se ottengono un punteggio pari o superiore al 60% le aziende potranno ottenere la certificazione. Una volta ottenuta, dovranno impegnarsi nel miglioramento dei loro parametri. Infatti, la certificazione avrà valore per 3 anni e durante questo periodo sono previsti ogni anno degli step di verifica in cui l’azienda deve dimostrare di aver migliorato la propria performance.

Attraverso la certificazione della parità di genere le aziende possono compiere un primo passo verso l’eguaglianza. Percorrendo questo cammino si potrà costruire una società diversa, dove può crescere ogni tipo di talento, senza alcuna discriminazione.

Leggi anche
La dichiarazione di voto di Alessandra Maiorino per il M5S, alla fiducia chiesta dal governo al DL rilancio al Senato, Roma 16 luglio 2020.
Linguaggio inclusivo
di Redazione 2 min lettura