Economia

Smart working: arriva la proroga al 31 dicembre

2 le categorie coinvolte: lavoratori con figli under 14 e fragili che operano nel privato. Ancora nessuna decisione per quanto riguarda la Pubblica amministrazione
Credit: Anna Shvets
Tempo di lettura 4 min lettura
21 giugno 2023 Aggiornato alle 10:00

È arrivata la proroga al 31 dicembre 2023 per lo smart working, in scadenza il 30 giugno, tramite l’approvazione di un emendamento del nuovo decreto Lavoro, ma interessa solamente lavoratori con figli under 14 e i fragili che lavorano nel privato.

Per quanto riguarda la Pubblica amministrazione, infatti, ancora si sta cercando di definire il tutto. La maggioranza, in particolare la Lega, spinge verso una proroga del lavoro agile (almeno per i fragili) fino a settembre 2023. Il Governo, comunque, si sta muovendo per cercare un accordo su una mini-proroga al 31 agosto.

Ma il problema centrale riguarda le risorse economiche: se si dovesse decidere di estendere la proroga per i lavoratori fragili della Pubblica amministrazione, servirebbero circa 15 milioni di euro che, per il momento, non ci sono e vanno dunque trovati.

La legge che regola lo smart working è la 81/2017, ma se vi è un accordo collettivo questa sola legge non basta, in questo caso è opportuno fare riferimento anche alle norme presenti nell’intesa collettiva. Ovviamente, col passare del tempo sono cambiate anche le modalità tramite le quali richiedere lo smart working.

Se, durante la pandemia, era necessaria una semplice email da inviare al datore di lavoro (a prescindere dalla categoria del lavoratore), attualmente non è più così: per risultare valido, il lavoro agile deve prevedere un accordo sottoscritto tra il datore di lavoro e il lavoratore stesso. Fanno eccezione, ovviamente, le due categorie sopracitate: i genitori con figli under 14 e i lavoratori fragili del settore privato.

Secondo la legge 81/2017 i genitori con figli under 14 possono usufruire dello smart working soltanto a determinate condizioni: nel nucleo familiare non deve esserci un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa; non vi deve essere un genitore non lavoratore o non lavoratrice; la modalità deve essere, ovviamente, compatibile con le caratteristiche della posizione lavorativa. In questo caso, inoltre, il datore di lavoro possiede comunque un certo margine di facoltà decisionale, in base alle esigenze dell’azienda.

Per quanto riguarda i fragili, invece, la situazione è leggermente diversa. Innanzitutto, è necessario chiarire chi siano questi lavoratori fragili. Si parla di fragili per indicare coloro che sono maggiormente esposti al rischio di contrarre il covid-19 sia per quanto riguarda l’età ma anche a causa di immunodepressione, di esiti di patologie oncologiche o dello svolgimento di terapie salvavita o, in generale, comorbilità che rendono maggiore il rischio di contagio.

I lavoratori fragili non devono sottoscrivere alcun accordo individuale con il datore di lavoro, il quale inoltre non può rifiutarsi in quanto questi lavoratori hanno un diritto soggettivo di accedere a questo tipo di forma di lavoro.

Comunque, i lavoratori che usufruiscono dello smart working sono ancora tanti: secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2022 sono quasi 3,6 milioni gli italiani che hanno usufruito del lavoro da remoto, con una diminuzione di circa 500.000 lavoratori rispetto al 2021. Nel 2023, però, si stima un lieve aumento anche se la tendenza sembra essere chiara: piano piano ci si avvicina a un ritorno in presenza.

Il calo maggiore, oltre che nella Pubblica amministrazione, si è registrato nelle piccole e medie imprese: secondo quanto emerge dai dati, infatti, lo smart working nelle Pmi è calato dal 53% al 48%. Il motivo? Qui, il lavoro da remoto viene visto come una soluzione emergenziale, e si tende a privilegiare il lavoro in presenza.

In realtà, lo smart working risulta conveniente sotto diversi punti di vista: si riducono i costi, sia dei lavoratori che delle aziende, e al tempo stesso si riduce anche l’impatto ambientale, diminuendo le emissioni di CO2 di circa 450 Kg all’anno, per persona.

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