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Chi ha diritto allo smart working?

Nel 2020 ha rappresentato la routine lavorativa di molti, ma oggi non è più così. Cerchiamo di capire quali sono i requisiti per richiedere questa modalità di lavoro per gli ultimi mesi del 2022
Credit: Polina zimmerman/pexels
Tempo di lettura 7 min lettura
3 ottobre 2022 Aggiornato alle 20:00

L’Italia ha conosciuto lo smart working improvvisamente nel marzo 2020, con l’arrivo dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid 19. Questo tipo di modalità lavorativa era già diffusa soprattutto all’esterno, ma oggi risulta molto apprezzata anche nel nostro Paese, almeno dai lavoratori.

Flessibilità, autonomia, responsabilizzazione, orientamento ai risultati: con queste parole si dovrebbe capire meglio la filosofia dello smart working, il lavoro “agile” che può essere applicato con notevoli vantaggi non solo all’interno delle aziende, ma anche all’interno della pubblica amministrazione. Ma chi ha diritto allo smart working nel 2022?

Diritto allo smart working: cos’è?

Prima di capire chi ha diritto allo smart working negli ultimi mesi di questo 2022, capiamo in cosa consiste questa modalità di “lavoro agile”, vista da molti come una vera rivoluzione culturale e organizzativa, basata su una cultura orientata ai risultati e su una valutazione legata alle reali prestazioni lavorative. Una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.

Secondo la definizione che ne dà il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: “lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.

Il diritto allo smart working è un profondo cambiamento culturale, una revisione radicale del modello organizzativo dell’azienda che si ripercuote anche sull’organizzazione degli spazi, che devono essere ripensati e ispirati ai principi di flessibilità e collaborazione tra le persone.

Lo smart working però non è telelavoro per il quale, 20 anni fa, è stata fatta una legge che prevedeva per le amministrazioni pubbliche la possibilità di avvalersi di forme di lavoro a distanza (parliamo della legge n. 191 del 1998). Il telelavoro prevede, in sintesi, lo spostamento (in tutto o in parte) della sede di lavoro dai locali aziendali ad altra sede, spesso l’abitazione del lavoratore, ma il dipendente è vincolato, comunque, a lavorare da una postazione fissa e prestabilita, con gli stessi limiti di orario, carico di lavoro e oneri di chi è sul posto di lavoro.

Il lavoro agile, invece, prevede che la prestazione venga eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, ma senza una postazione fissa. L’unico vincolo sono i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

In cosa consiste e chi può chiedere il lavoro agile?

A livello legale la Legge 22 maggio 2017 n. 81 (art. 18-24) disciplina il lavoro agile inserendolo in una cornice normativa e fornendo le basi legali per la sua applicazione anche nel settore pubblico.

La legge all’articolo 18 definisce il lavoro agile come “Modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.”.

Obiettivo dichiarato è promuovere il lavoro agile per “incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

Dopo aver visto in cosa consiste, oggi chi può chiedere il lavoro agile? Lo smart working può essere richiesto e deve essere concesso dall’azienda ad alcune categorie anche quando questo non sia previsto dal datore di lavoro stesso: tra queste, rientrano i lavoratori fragili, dipendenti con figli disabili o con minori di 14 anni.

Sempre più lavoratori sono contenti di questo metodo di lavoro e vorrebbero continuare a usufruirne, come rivela l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano nell’edizione 2021 della sua ricerca annuale.

Lo studio fa il punto sullo smart working in Italia, nel settore privato e in quello pubblico, e fa emergere che il lavoro agile non finirà tanto presto: l’intenzione è di mantenerlo all’89% nelle grandi aziende e al 62% nelle pubbliche amministrazioni.

Sia le grandi imprese che le PA evidenziano un deciso miglioramento di efficacia ed efficienza. L’aspetto ritenuto negativo è quello della comunicazione tra colleghi, peggiorata per il 48% nelle PA. È previsto che lo smart working rimarrà o sarà introdotto nel 62% delle PA e coinvolgerà 680.000 lavoratori.

Smartworking per chi ha figli

Possono richiedere lo smart working i lavoratori che hanno almeno un figlio sotto i 14 anni, convivente, ma entrambi i genitori devono essere lavoratori, non percepire aiuti statali o aver cessato l’attività. Però, solo un genitore nel nucleo familiare può farne richiesta.

L’azienda è tenuta a concedere lo smart working, se compatibile con la propria attività. Possono richiederlo anche le persone che rientrino nelle seguenti categorie: anziani, pazienti immunodepressi, pazienti oncologici, pazienti con terapia salvavita, pazienti con altre comorbilità e, anche in questo caso, non sarà necessaria la presenza di accordi precedenti.

Il Decreto Riaperture prevedeva speciali condizioni di lavoro agile per i dipendenti del settore privato, come la possibilità di lavorare in smart working al 100%, senza alcun accordo individuale. Il 31 luglio scorso sono scadute le misure introdotte dal Decreto Riaperture per lo smart working per i lavoratori fragili e quelli che sono genitori di minori under 14.

Ma per lo smart working per persone con figli 14 anni c’è stata una proroga per il mese di agosto. Dal primo settembre è possibile fare smart working solo previa sottoscrizione di un accordo tra le parti e secondo il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile. Nell’accordo devono essere inseriti diritti e doveri dei lavoratori, i termini dello smart working, i tempi di riposo e di diritto alla disconnessione.

Quindi, si torna all’accordo individuale pre Covid, mantenendo però la comunicazione semplificata che permette ai datori di lavoro di trasmettere soltanto i nominativi dei dipendenti che aderiscono alla modalità di lavoro agile e la data di inizio e di cessazione di questa modalità.

Un’altra proroga per lo smart working per i lavoratori fragili e per chi ha figli sotto i 14 anni, richiesta dalle parti sociali, ha avuto il via libera nei giorni scorsi al Senato e alla Camera. Per finanziare la proroga, una delle novità più attese approvate con il Dl Aiuti bis, il Governo farà ricorso al Fondo sociale per l’occupazione per 18,6 milioni: 8 milioni attraverso il Fondo sociale per l’occupazione del dicastero e 10,66 milioni con riduzione del Fondo per le politiche attive del lavoro.

L’emendamento sarà valido fino al 31 dicembre 2022 e conferma le norme già in vigore fino allo scorso luglio: il lavoro agile deve essere compatibile con le caratteristiche della prestazione professionale e in caso di genitori con figli under 14 non deve esserci già un genitore che non lavora o beneficiario di ammortizzatori sociali.

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