Ambiente

Vivere la montagna tra sostenibilità e inclusione

Il festival Cortina tra le Righe è stata l’occasione per riflettere sulla diversità, sul cambiamento climatico, sui mari, ghiacciai e molto altro.
Vi raccontiamo come
Credit: Alessandro Broccolo

Se dovessi definire cos’è per me scrivere direi che è una fissa: non ricordo momento della mia vita nel quale sono riuscita a farne a meno. E se dovessi parlare di sogni nel cassetto, il mio è quello di diventare giornalista, un giorno. Con questo “chiodo fisso” in mente ho progettato non solo il mio percorso di studi, iscrivendomi alla facoltà di Scienze Politiche ad Amsterdam, ma anche il mio tempo libero.

Questo per spiegare la gioia che ho provato nel leggere la call lanciata da La Svolta, che proponeva un workshop in occasione di Cortina tra le Righe, festival di formazione e informazione d’alta quota.

Sono salita su un aereo di notte (atterrato con tre ore di ritardo) e il giorno dopo ero al lavoro. Tra poche ore di sonno, nuove conoscenze, momenti di adrenalina a mille e gli ultimi esami del primo anno (che ho dato tra un talk e l’altro), ho cercato di riassumere per parole e concetti chiave quello che – incontro dopo incontro - Cortina tra le Righe mi ha lasciato: condivisione, impegno, competenza e passione.

Cortina inclusiva

Come usare le parole giuste? L’architetto Stefano Maurizio, membro del Comitato Paralimpico regionale, parte dal definire la parola disabilità: una limitazione o perdita di capacità - rispetto alla norma - che interagisce con l’ambiente circostante, limitando le potenzialità dell’individuo in termini funzionali e sociali.

Per superare questa barriera, soprattutto in vista delle Paralimpiadi del 2026, Roberta Alverà, vicesindaco di Cortina, invita a «sfruttare il momento per concretizzare il lavoro di accoglienza, inclusione e sensibilizzazione e fare così la differenza».

Ci sono tanti progetti in corso, tutti accomunati dall’idea di cominciare da ciò che è già presente sul territorio e, con un atteggiamento positivo, migliorare. Assi Onlus, Associazione Sociale Sportiva Invalidi del bellunese, ha firmato nel 2018 - insieme a diversi enti e società - un protocollo di intesa per rendere la provincia accessibile, creando un precedente e un punto di riferimento. La sfida: mettere tutti nella condizione di poter scegliere come vivere la montagna senza limiti esterni.

Più recenti, le iniziative dell’associazione Cortina senza Confini, associazione nata lo scorso anno: è il risultato del lavoro di tre donne, Claudia Gottardo, Roberta Alverà e Elena Galli, molto attente al tema della sensibilizzazione all’inclusione. Un impegno che idealmente porterà Cortina a essere riconosciuta a livello globale come luogo ospitale e pioniera di un modello di superamento di confini mentali e fisici.

Elena Galli, una delle fondatrici, racconta che il primo passo prevede la mappatura dell’accessibilità delle attività già esistenti, nel tentativo di «coinvolgere tutti gli operatori in un processo trasversale di sensibilizzazione, e applicare questa visione alle esperienze che offre la località per fornire un’accoglienza sempre migliore».

Dal 2016 Fondazione Dolomiti Unesco lavora al progetto “Dolomiti accessibili. Un patrimonio per tutti”, ha spiegato l’architetto Loredana Ponticelli che ne ha gestito gli aspetti tecnici: sono già state raccolte le informazioni sulle caratteristiche di 36 sentieri per renderle disponibili a tutti e valorizzare le potenzialità del territorio.

Anche i trasporti sono un asset fondamentale. Ellen Broccolo, mobility manager di Cortina Consulting, ha lanciato il progetto drivability di Cortina Express, che contiene «tutte le azioni per rendere in trasporto più accessibile e in linea con gli obiettivi fissati dall’agenda 2030»: l’azienda si pone in prima linea per il cambiamento.

Il prerequisito per il successo di queste iniziative è messo in luce da Emanuela De Zanna, direttrice della Cooperativa di Cortina: «bisogna costruire l’inclusione su un doppio binario, considerando sia l’unicità del territorio e delle sue proposte che quella di chi – visitatori, turisti e abitanti – abita e vive Cortina, esprimendo bisogni e desideri diversi».

Sostenibilità tra ieri e oggi

Si avvicina l’appuntamento con le Olimpiadi 2026, e la sostenibilità è una voce onnipresente nell’agenda dei territori coinvolti: come prepararci?

Marco Massarotto, fondatore di Cortina Academy, ritiene che sia necessario partire da soluzioni concrete. Da qui le sue proposte, come l’uso dell’acqua locale nei ristoranti di Cortina, il progetto “adotta o pianta un albero”, i format di ospitalità diffusa che rivalorizzano vecchi edifici e offrono un’esperienza originale e autentica al turista.

Ma c’è chi ha, già da ora, basato il proprio lavoro su questi principi. Tra gli esempi virtuosi troviamo l’azienda agricola di Davide Santer, a Cortina, il coronamento del sogno di una vita: produrre biologicamente yogurt e formaggi e allevare animali in libertà. Quanto al rifugio “da Aurelio”, a Passo Giau, nel cuore di una prateria sopra i 2000 metri, è gestito da Luigi Dariz. Lo chef raccoglie le erbe spontanee locali e le usa sapientemente nella sua cucina: pratica il foraging da molto prima che fosse di tendenza.

«Chi viene in montagna deve uscirne arricchito», dice orgogliosamente Maria Grazia Martini Berzolai che gestisce l’agriturismo Corte’s Ranch di Auronzo con suo marito. La loro roadmap è un manifesto di eticità e prevede autosufficienza produttiva, ricerca di un profitto economico – necessario per sostentare una famiglia – e un’operazione di sintesi tra la teoria, ovvero la scienza (Maria Grazia ha studiato veterinaria) e la “scuola dei sensi”, imparata sul campo e fondata sulla pratica.

In questo tentativo di trovare un equilibrio tra tradizione e modernità si inserisce la presentazione dell’azienda Alperia Smart Region, che opera in Alto Adige e si occupa di introdurre innovazioni e soluzioni smart per il mondo agricolo. Tra le proposte più interessanti, una rete di trasmissioni dati che legge il “meteo del suolo” e interagisce con un centro di consulenza per fornire in tempo reale al contadino informazioni su come e quanto irrigare il terreno.

Questa tecnologia, in realtà, ha applicazioni potenzialmente infinite e non ancora esplorate: nel trasporto pubblico, nel monitoraggio dei contenitori per i rifiuti, per tracciare i movimenti delle mucche o anche analizzare a distanza i loro parametri vitali e biologici. Le abitudini tramandate da generazioni e le novità high tech si inseriscono in un continuum che va dal passato al futuro. In qualunque punto della linea si decida di posizionarsi, resta una domanda a cui rispondere: come migliorare?

Il cambiamento climatico tra mare e montagna

In un contesto globale sempre più sconvolto dalle devastanti conseguenze del cambiamento climatico, trattare efficientemente il tema significa evitare il sensazionalismo e mettere in relazione la teoria con la realtà. Senza generare panico, ma creando consapevolezza e comprensione e mediando tra pubblico ed esperti.

A Cortina tra le Righe intervengono due ricercatori di grande visione. Fabio Trincardi, professore direttore Dipartimento Terra e Ambiente del CNR, incentra il discorso sui mari presentando dei dati: la temperatura della terra si è alzata di 1,1 gradi molto rapidamente, anche se la maggior parte del calore (il 93,4%) viene assorbito dall’oceano.

Rimanendo vicino “casa”, un innalzamento della temperatura globale di due gradi aumenterebbe la temperatura del Mediterraneo di 3 gradi e diminuirebbe potenzialmente le precipitazioni del 25%. Per scongiurare le conseguenze peggiori non bisogna oltrepassare i tipping points, momenti destabilizzanti per la rapidità dell’effetto domino che provocano su scala globale, ma soprattutto irreversibili.

Tra questi, la fusione della Groenlandia, la perdita del permafrost, il suolo permanentemente ghiacciato dell’estremo nord, e la diminuzione dell’albedo, il potere riflettente del ghiaccio. Per avere successo, spiega Trincardi, «bisogna restaurare un equilibrio generale riducendo le emissioni, investendo e facendo uso delle nuove tecnologie, anche nell’ambito energetico, riforestando e riducendo i consumi».

Il destino degli oceani si lega a doppio filo a quello delle montagne, minacciate in egual modo dai cambiamenti climatici. Carlo Barbante, direttore dell’Istituto Scienze Polari del CNR, riporta altri dati: i ghiacciai alpini hanno iniziato restringersi dal 1850, e possiamo già affermare che la metà della loro massa sparirà entro il 2050, indipendentemente dalle azioni che potremo intraprendere.

«Bisogna agire subito per scongiurare gli scenari che possiamo definire, con il tempo, sempre più prossimi e plausibili: la perdita fino anche del 94% del volume dei ghiacciai alpini entri il 2100 e la scomparsa dei ghiacciai al di sotto dei 3550 metri di altitudine».

È imperativo preservare i ghiacciai per almeno due ragioni: sono una grande risorsa idrica e un libro aperto sul clima del passato. Infatti il ghiaccio cattura al suo interno polveri e gas che permettono agli scienziati di stabilire dei collegamenti tra epoche storiche, temperature e impatto dell’uomo sull’ambiente.

Ma anche questi archivi si stanno sciogliendo: per evitare di perderli è nato il progetto Ice Memory, realizzato da Cnr e Università Ca’ Foscari. Team di ricercatori prelevano carote di ghiaccio in diversi luoghi del mondo, tra cui le Alpi, il Caucaso, le Ande e l’Himalaia, e poi le trasferiscono in appositi caveau in Antartide, cosicché rimangano a disposizione delle generazioni future a scopo di analisi e ricerca sul passato del pianeta.

Comunicare la diversity

Il riconoscimento e la valorizzazione delle diversità – etniche, anagrafiche, legate a identità di genere, orientamento sessuale, disabilità e altro - è un tema dalle mille sfaccettature. Le sintetizza efficacemente Francesca Vecchioni, che ha creato una fondazione – che per l’appunto si chiama Diversity - per fare cultura sull’inclusione, lavorando sull’immaginario collettivo e abbattendo i pregiudizi.

Uno dei concetti chiave della sua esposizione è quello di intersezionalità: categorizzare una persona in base a una sola delle sue caratteristiche vuol dire rafforzare gli stereotipi. La comunicazione istituzionale ne deve tenerne conto, se vuole modernizzarsi ed essere rappresentativa. Vecchioni offre alcuni suggerimenti: in linea generale, è meglio chiedere alla comunità di riferimento quali siano termini e pronomi preferiti, rispettare il diritto di autodefinizione e imparare a riconoscere in quali casi i riferimenti espliciti all’identità e alle caratteristiche personali siano opportuni e necessari.

Queste pillole vorrebbero essere delle “medicine” che agiscono contrastando narrazioni stantie, legate al pietismo e all’attribuzione condiscendente e acritica di qualità come l’eroismo. Infatti, se da un lato la compassione per un gruppo marginalizzato rischia di sfociare nel trauma porn, ovvero la spettacolarizzazione della sofferenza, anche la retorica che dipinge queste persone come eroiche è dannosa, poiché impone degli standard irrealistici e implica che solo le storie eccezionali meritino di essere raccontate.

A seguire, alcuni consigli pratici per utilizzare un linguaggio inclusivo dal punto di vista del genere: ricorrere sia alla formulazione maschile che a quella femminile (uso simmetrico del genere), preferire i cosiddetti termini collettivi (per esempio la magistratura piuttosto che i magistrati, il personale docente piuttosto che i docenti), impiegare i sostantivi epiceni, ai quali basta cambiare l’articolo (passando a esempio da “il presidente” a “la presidente”) e usare espressioni impersonali.

Si tratta unicamente di linee guida, ma comunque fondate su un principio inderogabile: chi si esprime si assume anche la responsabilità del linguaggio che sceglie di utilizzare. Queste riflessioni diventano ancora più rilevanti con l’approssimarsi delle Olimpiadi del 2026, evento di portata mondiale che proietterà l’Italia sotto i riflettori e che merita di essere raccontato in maniera corretta.

“Traiettorie liquide”, Monte Lagazuoi e Federica Brignone

«Bisogna ricordare che con un piccolo gesto tutti noi possiamo fare la differenza». Così Federica Brignone, sciatrice di fama internazionale, inaugura al Lagazuoi EXPO Dolomiti la quinta tappa del progetto “traiettorie liquide”, incentrata sulla problematica della decarbonizzazione. L’azzurra dello sci più titolata della storia ha usato la propria figura per lanciare un messaggio di sensibilizzazione e consapevolezza riguardo ai cambiamenti climatici.

È la parte finale di un progetto nato nel 2017 e che ha dato il via a un percorso a tappe con la sciatrice come protagonista. «Ciò che sta distruggendo il nostro ambiente siamo noi», sottolinea Brignone, mentre racconta l’argomento della prima traiettoria in assoluto: il mare invaso dalle plastiche, uno degli esempi più lampanti degli effetti dell’inquinamento. La campionessa si è immersa in acqua in completo da sci, immortalata dagli scatti del fotografo Giuseppe La Spada.

Come spiega lei stessa: «I rifiuti che colonizzano l’ambiente marino arrivano oggi per la maggior parte, precisamente per l’80%, dalle correnti dei fiumi che li trasportano». Dalle acque dei mari e dei laghi, protagoniste delle prime tre tappe, il focus si sposta sui ghiacciai, con la quarta tappa che ha preso forma sullo Stelvio. Qui Federica Brignone è stata ritratta con un abito bianco prodotto da materiale di scarto, mantello tricolore e Coppa del Mondo in mano. Le foto evidenziano il problema del darkening: la superficie del ghiaccio si scurisce, attrae maggiormente i raggi solari e si scioglie più velocemente.

L’ultima tappa riguarda le azioni che dobbiamo intraprendere per decarbonizzare, anche attraverso l’uso di energie rinnovabili. In completo da sci, con volto e corpo dipinto, Brignone impersonifica un pianeta Terra in pessime condizioni. Quello che potremmo, anzi dovremmo fare, viene metaforicamente presentato come il processo di pulitura della tuta da sci: da nera e sporca di polveri inquinanti torna pulita e bianca come la neve su cui si usa tradizionalmente.

Un ulteriore punto focale del progetto è il coinvolgimento delle nuove generazioni, che hanno accompagnato la sciatrice nella raccolta dell’immondizia dai greti dei fiumi e dalle spiagge: «i più piccoli sono quelli che erediteranno questa situazione: se educati da bambini, svilupperanno nuove abitudini, cosa che diventa sempre più difficile con l’età. E potranno coinvolgere tutta la famiglia».

Un degno finale

Giunti al termine di un evento ricco di esperienze coinvolgenti come Cortina fra le Righe, i partecipanti recuperano energie immergendosi nella natura. Al di sopra del rifugio Pomedes, 2200 metri sul livello del mare, trovano ad attenderli Alessandro Broccolo, Purpose and Life Coach. Dopo un momento di meditazione e riflessione con alle spalle un paesaggio mozzafiato, è il momento di raccontare il suo libro Agisci sempre restando dentro. Purpose, benessere e spiritualità, tutto in UNO.

L’autore lo descrive così: «è il lavoro di un coach che non voleva scrivere sul coaching. Questa guida mi ha aiutato, e spero che aiuti anche i lettori, a riflettere su chi siamo e chi potremmo essere se solo ci spogliassimo di etichette, abitudini, ambizioni vuote: in breve, da tutto ciò che ci stressa e ci distrae da una ricerca che dovrebbe essere rivolta verso l’interno, non l’esterno».

L’ultimo pranzo al rifugio Pomedes è accompagnato da un duo di musicisti che propongono un repertorio recuperato da brani trascritti nel 1800 a partire dalla ricca tradizione orale tipica delle valli bellunesi, la cui origine si perde nel tempo. Il ritmo delle ballate è la colonna sonora dello spettacolo che si ammira dalla terrazza, e chiude il sipario su Cortina fra le Righe e apre quello su CortinAteatro.

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