Ambiente

Siamo davanti a un’emergenza oceanica

Alla Ocean Conference delle Nazioni Unite di Lisbona, il segretario dell’Onu Guterres ha lanciato l’allarme: i nostri specchi d’acqua sono sempre più in difficoltà. «Dobbiamo invertire la tendenza. Subito»
Il 27 giugno il segretario generale Onu Antonio Guterres ha aperto i lavori della sessione plenaria della UN Ocean Conference a Lisbona, che si terrà fino al primo luglio.
Il 27 giugno il segretario generale Onu Antonio Guterres ha aperto i lavori della sessione plenaria della UN Ocean Conference a Lisbona, che si terrà fino al primo luglio. Credit: EPA/MIGUEL A. LOPES
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29 giugno 2022 Aggiornato alle 21:00

Mentre il mondo intero, dagli Stati Uniti al Giappone, passando per l’Europa, fa i conti con ondate di calore preoccupanti e mari sempre più bollenti, a Lisbona leader e scienziati internazionali si sono radunati per la Ocean Conference delle Nazioni Unite.

Qui, in un discorso iniziale chiarissimo, il segretario generale dell’Onu António Guterres ha avvertito il Pianeta di una ormai ben delineata «emergenza oceanica», con gli oceani sempre più poveri a causa della perdita di biodiversità e dell’inquinamento antropico e ha parlato della necessità urgente di «invertire la tendenza» dato che «un oceano sano e produttivo è vitale per il nostro futuro condiviso».

Dalla Conferenza ci si attende proprio una dichiarazione condivisa, un impegno per proteggere gli oceani e le loro risorse dai continui sfruttamenti che subiscono. «L’oceano - ha detto Guterres davanti ai leader di oltre 20 nazioni - deve diventare un modello su come possiamo gestire i beni comuni globali per il nostro bene superiore», altrimenti «la nostra incapacità di prenderci cura dell’oceano avrà effetti a catena sull’intera Agenda 2030 dell’Onu», quella degli obiettivi sostenibili da centrare nella lotta all’emergenza climatica e non solo.

Per Guterres la dichiarazione finale (“Our Ocean, Our Future: Call for Action”) dovrà tenere conto di quattro fondamentali priorità: investire nelle economie e gestioni oceaniche sostenibili che «potrebbero aiutare l’oceano a produrre fino a sei volte più cibo e generare 40 volte più energia rinnovabile di quella attuale»; ma anche aumentare le misure di conservazione; proteggere le persone che dipendono dagli oceani attraverso infrastrutture resilienti al clima e infine sostenere la scienza e l’innovazione per «un nuovo capitolo dell’azione oceanica globale».

Va sempre ricordato, inoltre, che sono gli oceani del mondo ad aver assorbito quasi il 90% del calore in eccesso intrappolato in atmosfera da quando abbiamo iniziato a estrarre e bruciare i combustibili fossili, per cui se vogliamo salvarci è dalla protezione degli oceani stessi che dobbiamo partire.

In attesa della dichiarazione finale, che non sarà vincolante ma assumerà la forma di impegno, al summit portoghese erano presente anche diverse realtà italiane. Fra queste l’Università di Siena e Legambiente che in un evento hanno parlato dei risultati raggiunti finora nella tutela della salute del Mediterraneo contro i rifiuti marini.

Per Maria Cristina Fossi dell’Università di Siena, e partner del progetto COMMON e Plastic Busters, la «crescente urgenza e complessità delle sfide sociali interconnesse, come il marine litter, richiede che vengano affrontate attraverso il rafforzamento dell’interfaccia scienza, politica e società per fornire le condizioni necessarie a tradurre le conoscenze basate sulla ricerca in azioni efficaci. Inoltre, l’impatto dei rifiuti ingeriti dagli organismi marini dovrebbe essere valutato attraverso un monitoraggio integrato, sia sulle specie commerciali che in quelle protette».

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