Diritti

Uk, violenza di genere: nella sanità esiste una “cultura della tolleranza”

Donne e (in alcuni casi) uomini che lavorano in ospedali e cliniche inglesi sono sistematicamente vittime di aggressioni sessuali e sessismo, denuncia l’associazione Surviving in scrubs
Credit: Survivinginscrubs.co.uk 
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
30 novembre 2023 Aggiornato alle 10:00

Negli ospedali inglesi c’è “una cultura di impunità” riguardo alla violenza sessuale da parte del personale sanitario. Si sa chi sono gli autori, e cosa fanno, ma non vengono perseguiti.

A dirlo, 2 mesi dopo il rapporto pubblicato sul British Journal of Surgey (secondo cui il 63% delle chirurghe è stata assalita sessualmente da colleghi, quasi un terzo negli ultimi 5 anni) sono i risultati dell’indagine condotta da Surviving in scrubs, l’associazione nata per aumentare la consapevolezza contro il sessismo, le molestie e le aggressioni sessuali all’interno del personale sanitario del Regno Unito e battersi contro la misoginia fuori e dentro le sale operatorie.

Surviving Healthcare: Sexism and Sexual Violence in the Healthcare Workforce Report è la prima analisi delle testimonianze inviate in forma anonima al sito web: 150 storie che dettagliano 174 episodi di sessismo e molestie sessuali da parte di colleghi ai danni di persone che stavano facendo il loro lavoro. E che hanno faticato per far sia che le loro denunce venissero ascoltate.

Infermiere, mediche, paramediche, psicologhe, amministratrici, dentiste, badanti, optometriste, farmaciste, manager, assistenti sanitarie e studentesse di medicina o professioni sanitarie: ci sono tantissime professioniste tra le survivor. Il 62,3% erano mediche (molto giovani in quasi 9 casi su 10), l’8,38% infermiere, l’11,9% studentesse, comprese infermiere e paramediche.

Vittime di uomini potenti, più potenti di loro. Molte storie hanno dimostrato come lo squilibrio di potere insito nelle gerarchie mediche si intersechi con esperienze di sessismo e cattiva condotta sessuale. Proprio per questo, anche se i loro comportamenti predatori sono noti, possono agire indisturbati. Diverse storie parlano di comportamenti ripetuti, ormai diventati di routine.

Ma commenti sessisti, molestie sessuali e aggressioni sono stati riportati anche da uomini. Le storie inviate dai sopravvissuti maschi raccontavano di essere stati oggetto di commenti sessisti di gruppi di donne sui loro corpi, sulla vita sessuale e vita personale. Uno studente infermiere ha descritto di essere stato molestato sessualmente e palpeggiato da alcune studentesse infermiere durante la formazione. Ha descritto di sentirsi intimidito e a disagio ma ha scritto “come uomo, dobbiamo solo riderci sopra”. Sono stati descritti commenti sessisti su uomini che lavoravano come infermieri e assistenti sanitari. A uno di loro è stato detto: “questo non è un lavoro da uomo”.

E i molestatori? Il 76,1% degli autori del reato erano medici, il 7,4% infermieri e il 5,5% dirigenti. Nel 42,3% si trattava di molestie sessuali, nel 36,8% di sessismo, nel 20,6% di violenza sessuale, nel restante 1,9% di stupri. La metà di questi eventi si è verificato in ambienti a contatto con i pazienti, compresi i reparti ospedalieri e cliniche.

Dal rapporto emergono 6 aspetti principali:

1. i risultati evidenziano il sessismo sistematico e istituzionale e la violenza sessuale all’interno del personale sanitario;

2. le storie descrivono un significativo squilibrio di potere tra il personale composto da potenti maschi anziani che perpetra violenza sessuale nei confronti di giovani donne del personale sanitario, all’interno di una cultura normalizzata fatti di sessismo e svalutazione del personale femminile e dei suoi diritti;

3. gli autori di violenza sessuale sono descritti come ben noti, che agiscono all’interno di una cultura della tolleranza, mentre le sopravvissute lottano per esprimere le loro preoccupazioni e affrontare l’impatto sul loro benessere e sulla loro carriera;

4. il sessismo istituzionale porta le sopravvissute a raccontare esperienze di maternità e di discriminazione riproduttiva, retribuzione ridotta e perdita di opportunità di formazione e carriera;

5 nelle storie sono stati riportati aspetti specifici dell’ambiente dell’assistenza sanitaria (a esempio autori di reati che utilizzano ambienti clinici individuali, formazione sulle competenze cliniche e assistenza sanitaria al paziente) come contesti di violenza sessuale;

6. il rischio per la cura dei pazienti è stato documentato: le operatrici sanitarie hanno riferito che i loro giudizi clinici sono stati messi in discussione, le loro decisioni non sono state prese sul serio, le loro richieste cliniche sono ignorate e le loro segnalazioni rifiutate.

Per questo, indica 9 azioni da perseguire per contrastare il fenomeno e, soprattutto, mette nero su bianco “quello che vogliono le survivors: sentirsi sicure lavorando in un ambiente sanitario libero dalla discriminazione sessista e dalla violenza sessuale. La prevenzione di questi comportamenti è il nostro obiettivo finale. Se questi comportamenti continuano a verificarsi, i sopravvissuti desiderano essere ascoltati e creduti. Hanno urgente bisogno di accesso a un percorso ematico e sicuro per denunciare la violenza sessuale, in modo anonimi se lo desiderano, per continuare a lavorare senza il rischio di perdere il posto di lavoro o carriera futura e ricevere un supporto specialistico accessibile”.

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