Diritti

I medici italiani fuggono in Medio Oriente

450 professioni sanitari hanno lasciato lo Stivale per trasferirsi nei Paesi arabi; altri 50 provengono dall’Europa. Attraggono stipendi da record (fino a 20.000 dollari al mese) e benefit
Credit: Luke Jones
Tempo di lettura 3 min lettura
18 settembre 2023 Aggiornato alle 14:00

Lo scorso maggio, il Forum delle 30 Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani denunciava la situazione di precarietà della sanità italiana, che si trova a fronteggiare tagli finanziari e professionisti in fuga; per fornire assistenza e cure adeguate, mancherebbero oltre 30.000 medici ospedalieri, 70.000 infermieri e 100.000 posti letti.

Numeri elevatissimi che si accompagnano ad alcuni dati: nel nostro Paese, tra il 2011 e il 2021 sono stati chiusi 125 ospedali; inoltre, se nel 2020, per poter fronteggiare la pandemia, il numero di posti letto era stato notevolmente aumentato, nel 2021 circa 21.000 tra questi sono andati perduti.

Un depotenziamento che grava sul lavoro di medici e infermieri, che si ritrovano a fare i conti con turni di lavoro massacranti, aggressioni e stipendi inadeguati. Non stupisce, dunque, l’enorme interesse di questa categoria verso i Paesi Arabi: sono 450 i professionisti sanitari che negli ultimi 3 mesi hanno deciso di lasciare il Belpaese per trasferirsi in Medio Oriente, mentre altri 50 arrivano dal resto d’Europa. La maggior parte degli operatori provengono dalle regioni del Nord Italia: Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Un dato che rispecchia la fotografia interna di un settore nel quale un numero crescente di professionisti sanitari abbandona il Nord Italia per tornare al Sud, nei propri paesi d’origine.

Al contrario, i Paesi Arabi identificano come una leva prioritaria lo sviluppo della sanità e investono nel settore il 10% del Pil. Una scelta dettata da una popolazione in costante aumento e, di conseguenza, sempre più vecchia, bisognosa di cure e assistenza sanitaria. Entro il 2030, in Medio Oriente potrebbero essere richiesti fino a più di 44.000 medici e 88.000 infermieri.

Dei 500 professionisti già arrivati nei Paesi arabi, secondo le stime dell’Associazione medici stranieri in Italia (Amsi) e l’Unione medica euro mediterranea (Umem), 250 sono medici specialisti, 150 infermieri e 100 si dividono tra medici generici, fisioterapisti, farmacisti, podologi e dietisti.

Ad attrarre sono i salari da capogiro che, per i medici specializzati, possono arrivare fino a 20.000 dollari al mese. Agli stipendi d’oro si aggiungono benefit come casa e servizi, oltre all’inserimento scolastico per i propri figli, alle agevolazioni fiscali e a una burocrazia decisamente meno farraginosa di quella italiana.

Benefit che attraggono anche professionisti con famiglia, pronti a trasferire tutta la propria vita alla ricerca di una nuova opportunità, non solo lavorativa, ma anche di vita. Foad Aodi, Presidente dell’Amsi e componente del direttivo Fnomceo, la Federazione degli Ordini dei Medici, evidenzia come «Non tutti guardano solo l’aspetto economico, che pure è una componente importante: si cercano qualità di vita e condizioni migliori di lavoro». Requisiti che neanche il settore privato italiano sembra essere più in grado di fornire.

Un problema, quello Italiano, che riguarda non solo il settore pubblico. A fronte di una popolazione sempre più anziana, la verità è che il nostro Paese non può permettersi di lasciare indietro la sanità: valorizzare i professionisti sanitari e le strutture ospedaliere garantendo a tutti il diritto alla salute è una questione indispensabile e non procrastinabile.

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