Diritti

Amnesty: mai così tante esecuzioni dal 2017

Nel 2022 sono state 883 in 20 Paesi: la cifra più alta degli ultimi 5 anni, quando avevano toccato le 993. Ma 6 Stati del mondo hanno deciso di abolire la pena di morte del tutto o parzialmente
Credit: Cottonbro Studio
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
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16 maggio 2023 Aggiornato alle 19:00

Il 2022 ha raggiunto un terribile record: il più alto numero di esecuzioni registrate negli ultimi 5 anni. L’ultimo rapporto di Amnesty International riguardo l’uso globale della pena di morte ne ha contate 883, eseguite in 20 Paesi: Cina, Iran, Arabia Saudita, Egitto, Stati Uniti, Iraq, Singapore, Kuwait, Somalia, Sud Sudan, Palestina, Yemen, Bangladesh, Myanmar, Bielorussia, Giappone, Afghanistan, Corea del Nord, Siria e Vietnam.

La ricerca, rilasciata dall’organizzazione internazionale che lotta contro le ingiustizie e in difesa dei diritti umani nel mondo dal 1961, mostra “un’impennata del numero di persone messe a morte in tutto il mondo, che include un aumento significativo delle esecuzioni per reati di droga”. Il numero delle esecuzioni note è quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente: nel 2021 erano state 579. Una crescita del 53% che decreta il 2022 come il peggiore dal 2017, quando erano state 993.

La ricerca, che si basa esclusivamente sulle esecuzioni note, ne esclude migliaia che si ritiene siano avvenute in Cina: la segretezza e le procedure statali restrittive hanno continuato a ostacolare una valutazione accurata riguardo l’uso della pena di morte non solo in uno de Paesi più popolosi del mondo, ma anche in Corea del Nord e in Vietnam.

Il 90% delle esecuzioni registrate ha avuto luogo in soli 3 Paesi dell’area Medio Oriente e dell’Africa del Nord: qui sono aumentate del 59%, passando da 520 nel 2021 a 825 nel 2022. Un valore che rappresenta il 93% del totale (escludendo la Cina). Delle 825 esecuzioni registrate in queste 2 regioni, il 94% è avvenuto in Iran (responsabile per il 70%) e in Arabia Saudita (per il 24%).

L’Iran, attraversato dalle proteste contro il regime dopo la morte di Mahsa Amini, ne aveva registrate 314 nel 2021: l’anno successivo ne ha contate 576; l’Arabia Saudita le ha triplicate, da 65 nel 2021 a 196 nel 2022, il più alto numero registrato da Amnesty International in 30 anni; e l’Egitto ha messo a morte 24 prigionieri.

«Aumentando il numero delle esecuzioni, gli Stati dell’area Medio Oriente - Africa del Nord hanno violato il diritto internazionale e mostrato un profondo disprezzo per la vita umana - ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International - Il numero delle persone private della loro vita è enormemente cresciuto: l’Arabia Saudita ha incredibilmente messo a morte 81 prigionieri in un solo giorno. Nella seconda parte dell’anno, nel disperato tentativo di stroncare le proteste popolari, l’Iran ha messo a morte persone che avevano solo esercitato il loro diritto di protesta».

Inoltre, 5 Paesi hanno ripreso le esecuzioni: si tratta di Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore. Ne sono state registrate numerose, circa il 37% del totale, per reati di droga, cosa che viola “il diritto internazionale dei diritti umani, secondo il quale dovrebbero limitarsi ai ‘reati più gravi’, come l’omicidio intenzionale”, spiega Amnesty. È accaduto in Cina (anche se non se ne conosce il numero), Arabia Saudita (57), Iran (255) e Singapore (11). È probabile che si siano verificate anche in Vietnam, “dove però i dati sulla pena di morte rimangono un segreto di Stato”.

Per 5 Paesi che riprendono le esecuzioni, però, 6 hanno compiuto passi decisivi per allontanarsi dalla pena di morte, “segnando così notevoli progressi contro questa pena definitiva, crudele, inumana e degradante”, spiega Amnesty. Gli Stati che l’hanno abolita in tutto o in parte nel 2022 sono: Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone lo hanno fatto per tutti i reati, mentre Guinea Equatoriale e Zimbabwe per quelli comuni.

Una tendenza che sta proseguendo nel 2023: “in Liberia e Ghana sono state avviate iniziative di legge abolizioniste; i Governi delle isole Maldive e dello Sri Lanka hanno annunciato che non verrà dato seguito alle condanne a morte; nel parlamento della Malesia sono in discussione proposte di legge per annullare l’obbligatorietà della pena capitale”, spiega l’organizzazione. Inoltre, mentre le esecuzioni sono aumentate, il numero delle condanne a morte inflitte nel 2022 è rimasto sostanzialmente invariato, registrando, anzi, una leggera diminuzione: 2.016 rispetto alle 2.052 dell’anno precedente.

A dicembre, spiega il rapporto, durante la sessione plenaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, un numero senza precedenti di Stati membri dell’Onu (quasi due terzi, 125) hanno votato per adottare la nona risoluzione su una moratoria sull’uso della pena di morte. «Di fronte a un numero mai così elevato in favore di una moratoria sulle esecuzioni, non ci siamo mai sentiti così fiduciosi che quell’orrenda punizione possa essere e sarà consegnata agli annali della storia. Ma i tragici dati nel 2022 ci ricordano che non rimanere indifferenti e inoperosi».

La campagna di Amnesty, spiega Callamard, «continuerà fino a quando la pena di morte non sarà abolita a livello globale».

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