Diritti

Diritti umani e deforestazione: cosa rischia Cargill?

Una delle aziende alimentari più grandi al mondo è stata accusata dall’organizzazione di diritto ambientale ClientEarth di non monitorare la catena di approvvigionamento della soia in Brasile
Credit: Silvio Avila/AFP
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
5 maggio 2023 Aggiornato alle 09:00

Cargill si impegna a far prosperare il mondo”, dice lo slogan del più grande commerciante di cereali del globo. La multinazionale statunitense si è impegnata a porre fine a tutta la deforestazione dalle sue catene di approvvigionamento entro il 2030 e a essere “libera dalla deforestazione” in Amazzonia e Cerrado entro il 2025. Tuttavia, l’organizzazione legale ambientalista, ClientEarth, la accusa di un monitoraggio inadeguato e di non aver eliminato la deforestazione e le violazioni dei diritti umani dalla sua catena di approvvigionamento della soia in Brasile.

La denuncia, presentata negli Stati Uniti giovedì 4 maggio, sostiene che “il monitoraggio inadeguato di Cargill aumenta il rischio che la carne venduta nei supermercati di tutto il mondo sia allevata con la cosiddetta soia ‘sporca’”. Secondo ClientEarth l’azienda statunitense, al contrario di quanto sostiene, non disporrebbe affatto di un “sofisticato si sistema di monitoraggio, verifica e segnalazione” volto a “porre dine alla deforestazione legata alla produzione di soia nelle sue catene di approvvigionamento”, né sosterrebbe “le popolazioni indigene e i diritti delle comunità locali”. Ma anzi, violerebbe il codice internazionale di condotta aziendale responsabile.

Cargill, fondata nel 1865, è una delle aziende alimentari più grandi al mondo. “Dai cereali per la colazione ai toast, dalle crocchette di pollo al cioccolato: molti alimenti che le persone acquistano hanno qualche legame con Cargill nel loro viaggio dal produttore allo scaffale del supermercato”, spiega ClientEarth. L’azienda fornisce i principali marchi di vendita al dettaglio, tra cui Tesco, McDonalds e Sainsbury’s. Il suo fatturato, nel 2022, ha toccato la cifra record di 165 miliardi di dollari, “rendendo la famiglia Cargill-MacMillan, che possiede la maggior parte dell’attività, una delle più ricche d’America”.

L’azienda fa da intermediaria tra gli agricoltori e i principali rivenditori di generi alimentari globali, e si rifornisce dalla foresta pluviale amazzonica, dalla Mata Atlântica, una foresta che si estende lungo la costa sudorientale del Brasile, e dal Cerrado, la più vasta savana del Sud America. Gran parte della soia che spedisce dal Brasile, dove fornisce semi, fertilizzanti, macchinari e finanziamenti agli agricoltori, viene trasformata in mangime per animali utilizzato nelle fattorie di tutto il mondo, compresi i propri allevamenti di polli.

L’azienda afferma di aver implementato un sistema di monitoraggio nei porti, nei magazzini e in altri punti della sua catena di approvvigionamento. Ma ClientEarth avrebbe individuato diverse carenze in questa metodologia, tra cui la mancanza di due diligence ambientale sui semi di soia acquistati da commercianti terzi, che costituiscono il 42% di tutta la soia brasiliana acquistata da Cargill, e su quella proveniente dalla savana del Cerrado e dalla Foresta Atlantica brasiliana.

“Ci sono una serie di rapporti che collegano Cargill alla deforestazione e alle relative violazioni dei diritti umani in Brasile. L’azienda dovrebbe svolgere controlli approfonditi per identificare in che modo sta contribuendo a questi impatti e adottare misure per eliminarli”, spiega ClientEarth. L’organizzazione cita anche dei rapporti precedenti che accusano i fornitori di Cargill di essere stati coinvolti in violazioni dei diritti delle comunità indigene, afro-brasiliane e di altre che dipendono dalla foresta.

Nel 2020 l’organizzazione non governativa ambientalista Greenpeace ha pubblicato un’inchiesta (realizzata insieme al Bureau of Investigative Journalism, un’organizzazione investigativa indipendente senza scopo di lucro) in cui definiva Cargill l’azienda che nutre il mondo aiutando a distruggere il Pianeta”. Nel 2005 era stata accusata di aver “aiutato e favorito” la schiavitù infantile nell’Africa occidentale: 6 coltivatori sostenevano di essere stati trafficati da bambini per lavorare nelle piantagioni in Costa d’Avorio. La Corte Suprema statunitense, nel 2021, “ha emesso un parere fortemente diviso, con un risultato poco chiaro”, ha spiegato l‘International Rights Advocates, che ha difeso i coltivatori.

Nel 2020 il Guardian e i suoi partner hanno rivelato che Cargill forniva a supermercati e catene di fast food (Tesco, Asda, McDonald’s, Nando’s e altri) il pollo alimentato con soia importata, collegata a migliaia di incendi boschivi e ad almeno 777 km² di disboscamento nel Cerrado, la savana che copre circa il 20% del Brasile. E ancora, nel 2022 un’altra indagine del Bureau of Investigative Journalism insieme ad alcune organizzazioni ambientaliste aveva rivelato che uno dei fornitori di soia di Cargill coltivasse su terreni disboscati e bruciati in Brasile.

I legali di ClientEarth sperano che questa ennesima battaglia legale aumenti gli standard di Cargill e sia d’esempio per l’intero settore. L’azienda, raggiunta dal Guardian, ha dichiarato di non rifornirsi di soia “da agricoltori che disboscano i terreni nelle aree protette”, ma di disporre di “controlli per evitare che prodotti non conformi entrino nelle nostre catene di approvvigionamento”. Un portavoce ha aggiunto che Cargill è anche “fortemente impegnata” a proteggere i diritti umani nelle sue operazioni, nelle catene di approvvigionamento e nelle comunità.

Leggi anche
Diritti Umani
di Chiara Manetti 4 min lettura
Diritti umani
di Costanza Giannelli 7 min lettura