Diritti

Cina: violati i diritti umani degli uiguri

Il report delle Nazioni Unite denuncia torture, sterilizzazioni forzate e internamento ai danni della popolazione turcofona dello Xinjiang
Una protesta degli abitanti di Hong Kong (duramente repressa dalla polizia) a supporto della lotta degli Uiguri per i diritti umani
Una protesta degli abitanti di Hong Kong (duramente repressa dalla polizia) a supporto della lotta degli Uiguri per i diritti umani Credit: AP/ Lee Jin-man
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
2 settembre 2022 Aggiornato alle 13:00

Mancavano 11 minuti alla fine del mandato di Michelle Bachelet, Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, quando il suo Ufficio, l’OHCR, ha pubblicato un report che accusa la Cina di “gravi violazioni dei diritti umani”.

Il dossier di 45 pagine si intitola Valutazione dell’Ohcr delle problematiche relative ai diritti umani nella regione autonoma uigura dello Xinjiang, nella Repubblica Popolare Cinese. Conta 8 capitoli che descrivono nel dettaglio le pratiche di tortura, sterilizzazione forzata e internamento commesse nei confronti della popolazione uigura, la popolazione turcofona e di fede prevalentemente musulmana, che costituisce il 46% degli abitanti della regione dello Xinjiang, ma solo lo 0,6% di quella totale cinese.

La pubblicazione, a pochi minuti dalla mezzanotte, ora di Ginevra, è avvenuta dopo l’arrivo della risposta ufficiale da parte della Cina, che ha richiesto che determinati individui fossero oscurati dal report per motivi di privacy e sicurezza. Il governo cinese tentava da tempo di impedirne la diffusione, etichettando il documento come diffamatorio: la risposta ufficiale, abbinata a una controrelazione di 121 pagine, dice che si basa “sulla disinformazione e sulle menzogne ​​fabbricate dalle forze anti-cinesi”. Il rapporto cinese insiste sulla “minaccia del terrorismo” e sulla stabilità che il programma statale di “deradicalizzazione” e “i centri di istruzione e formazione professionale” hanno portato nello Xinjiang.

Per gli attivisti si tratta di un punto di svolta nella risposta internazionale al programma di incarcerazione di massa: gli Stati Uniti e altri governi occidentali avevano già denunciato le azioni della Cina nello Xinjiang, definendole “un genocidio”, ma le Nazioni Unite non avevano mai lanciato un’accusa simile.

Omer Kanat, direttore esecutivo del gruppo di pressione Uyghur Human Rights Project, ha spiegato al quotidiano britannico Guardian che «nonostante le strenue smentite del governo cinese, l’ONU ha ora ufficialmente riconosciuto che si stanno verificando crimini orribili». Sophie Richardson, la direttrice cinese dell’ong Human Rights Watch, ha esortato il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a «utilizzare il rapporto per avviare un’indagine completa sui crimini del governo cinese contro l’umanità che prendono di mira gli uiguri e altri e ritenere responsabili i responsabili».

A fine maggio Michelle Bachelet aveva effettuato una visita di 6 giorni nella regione autonoma uigura dello Xinjiang, il primo viaggio in Cina da parte del massimo funzionario delle Nazioni unite per i diritti umani in 17 anni. Bachelet aveva insistito sul fatto che non si trattasse di un’indagine, ma di un’opportunità per discutere con le autorità cinesi, così come con i gruppi della società civile e gli accademici. Ai giornalisti aveva detto di aver avuto accesso “senza supervisione” alle fonti che le Nazioni unite avevano programmato di incontrare nello Xinjiang, e che le era stato assicurato dal governo locale che i cosiddetti “centri di formazione professionale” erano stati smantellati.

Negli ultimi cinque anni la Cina ha rinchiuso circa un milione di uiguri e altre minoranze etniche in campi di internamento con l’obiettivo ufficiale di addestrarli. Dei 26 ex detenuti intervistati dagli investigatori delle Nazioni Unite, due terzi “hanno riferito di essere stati sottoposti a trattamenti che equivarrebbero a tortura e/o altre forme di maltrattamento”, spiega il report. Si parla di percosse con bastoni elettrici nei confronti di detenuti legati, isolamenti prolungati, interrogatori violenti, sterilizzazioni forzate per le donne uigure e di etnia kazaka. Secondo i dati dell’Onu, il tasso medio di sterilizzazione per 100.000 abitanti in Cina nel suo insieme è di poco superiore a 32, mentre nella regione incriminata è di 243.

Il rapporto si conclude duramente: l’Onu chiede al governo cinese di “prendere provvedimenti tempestivi per rilasciare tutte le persone arbitrariamente private della loro libertà” nello Xinjiang e “chiarire urgentemente dove si trovano le persone le cui famiglie hanno cercato informazioni sui loro cari”.

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