Diritti

La “rieducazione” di massa degli uiguri

Più di 5.000 fotografie, insieme ad altri documenti, dimostrano che almeno 28.884 persone sono state recluse nei luoghi di detenzione cinesi. Il dossier della Bbc
Un manifestante uiguro partecipa a una protesta contro la Cina a Istanbul, Turchia, il 1° aprile 2021
Un manifestante uiguro partecipa a una protesta contro la Cina a Istanbul, Turchia, il 1° aprile 2021 Credit: Credit: EPA/TOLGA BOZOGLU
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
25 maggio 2022 Aggiornato alle 09:00

Era dal 2005 che un Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite non metteva piede in Cina. È stata la funzionaria Michelle Bachelet, ex Presidente del suo Paese natale, a rompere una tradizione durata 17 anni.

E questo sarà solo uno dei motivi per cui questa giornata verrà ricordata in futuro: l’emittente britannica Bbc ha pubblicato migliaia di fotografie del sistema di incarcerazione di massa della regione dello Xinjiang, per cui Pechino è stata accusata di perpetrare campagne di repressione contro la minoranza musulmana degli uiguri.

I file fanno parte di un enorme archivio di dati hackerati dai server dei computer della polizia della regione. Più di 5.000 fotografie scattate tra gennaio e luglio del 2018 che, insieme ad altri documenti, dimostrano che almeno 28.884 persone sono state detenute e mostrano guardie armate di manganelli accanto ai cosiddetti “studenti”, come li definisce il regime cinese.

Nel 2019 il ministro degli Esteri Wang Yi aveva dichiarato: «La verità è che i centri di istruzione e formazione nello Xinjiang sono scuole che aiutano le persone a liberarsi dall‘estremismo».

I dossier erano stati condivisi all’inizio dell’anno dalla Bbc, ma ci sono voluti alcuni mesi per indagare, autenticare e dimostrare che si tratta di nuove prove dell’internamento degli uiguri della regione e di altre minoranze turche.

L’esistenza di questi campi di detenzione non è una novità: numerose inchieste giornalistiche e alcuni rapporti delle Nazioni Unite hanno dimostrato come questa minoranza etnica sia sottoposta a vari tipi di violenza, dai lavori forzati alla tortura, dall’impossibilità di sostenere un processo alla reclusione senza alcuna motivazione.

Le foto pubblicate dalla Bbc mostrano i volti dei prigionieri, riportano nome e cognome, età, il loro status, ma non a tutti corrisponde una ragione per la quale sono detenuti: per alcuni è Not stated”, non dichiarata. La Bbc spiega che molti sono stati detenuti solo per aver visitato Paesi a maggioranza musulmana e per la loro fede islamica. Alcuni, addirittura, compaiono in una lista di “parenti di altri detenuti”, come Tajigul Tahir, madre di un ragazzo incarcerato per terrorismo per la sua “forte inclinazione religiosa”.

Le prigioni formali e i campi di “rieducazione” costruiti in tutto lo Xinjiang, un territorio autonomo dal 1955 nel nord-ovest del Paese in cui abbondano luoghi desertici e montagne, sono due sistemi separati, ma correlati tra loro, della detenzione di massa ai danni della minoranza etnica che abita queste zone. Sono circondati da Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan, India, la regione autonoma del Tibet e altre due province cinesi, lo Qinghai e il Gansu.

Gli uiguri, popolazione turcofona e di fede prevalentemente musulmana, costituiscono il 46% degli abitanti della regione dello Xinjiang, ma solo lo 0,6% di quella totale cinese. Si tratta di uno dei 56 gruppi etnici, o Mínzú, presenti sul territorio e riconosciute dal Partito Comunista Cinese e definite dal governo cinese una “minoranza regionale in uno stato multiculturale”. Altri esempi sono i Mongoli, i Tibetani, i Dong, i Miao e gli Han: questi ultimi rappresentano il 92% della popolazione continentale.

“Le foto forniscono una registrazione visiva unica della modalità in cui intere fasce della società uigura sono state spazzate via, sia nei campi che nelle prigioni, persona per persona”, accusa la Bbc. La più giovane, Rahile Omer, aveva 15 anni al momento della detenzione. La più anziana, Anihan Hamit, 73.

Proprio oggi è stato pubblicato il report annuale di Amnesty International sulle condanne a morte e le esecuzioni nel mondo: il numero a livello globale è aumentato del 20% nel 2021, soprattutto a causa del picco del 28% in Iran. Ma le cifre non includono la Cina, dove i dati non sono disponibili e si crede che migliaia di persone vengano giustiziate o condannate a morte ogni anno in un sistema avvolto dal segreto.

I file della Bbc sono passati per le mani dell’antropologo tedesco Adrian Zenz, della Victims of Communism Memorial Foundation, un’organizzazione senza scopo di lucro anticomunista e conservatrice con sede negli Stati Uniti d’America. Il governo cinese ha sanzionato Znez per le sue influenti ricerche sullo Xinjiang. Una era sui metodi utilizzati dal governo per sterilizzare le donne uigure: l’inserzione forzata di spirali intrauterine poi irremovibili, contraccettivi iniettati o somministrati per via orale, operazioni chirurgiche.

L’intera serie di immagini che ritraggono i detenuti e molte delle altre prove è stata caricata online da Zenz, che spiega come siano state scattate presso stazioni di polizia e centri di detenzione nella contea di Konasheher, nella prefettura di Kashgar. “Nel 2018 a queste regioni è stato ordinato di fotografare una quota sostanziale della popolazione nell’ambito della raccolta di dati biometrici”, spiega. La lista è davvero infinita.

Ma la Cina chiama questo genocidio “la più grande menzogna del secolo”. La visita di Michelle Bachelet, definita dalla segretaria generale di Amnesty International Agnès Callamard «un’opportunità cruciale per affrontare le violazioni dei diritti umani nella regione, ma anche una battaglia contro gli sforzi del governo cinese per insabbiare la verità», sarà a circuito chiuso “per via del Covid-19”. Cosa le sarà permesso fare?

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