Diritti

Dalla Cina all’Occidente, prende piede la sorveglianza di massa

Un esercito di droni e telecamere, guidato dall’intelligenza artificiale, potrebbe presto monitorare sempre di più i comportanti dei cittadini. Con il rischio di polverizzare il nostro diritto alla protezione di dati e privacy
Credit: Parker Coffman/Unsplash
Tempo di lettura 4 min lettura
30 giugno 2022 Aggiornato alle 17:00

La sorveglianza di massa tramite droni, telecamere e nuovi dispositivi sta diventando una realtà sempre più pervasiva, grazie all’analisi dei dati con l’uso sistematico delle intelligenze artificiali.

Negli ultimi anni, anche a causa della pandemia e della necessità di monitorare la diffusione del contagio, queste enormi infrastrutture di controllo hanno conosciuto un’espansione esponenziale, a partire da uno dei Paesi in prima linea su questo fronte: la Cina.

Il gigante asiatico da tempo sta investendo molteplici risorse per controllare e monitorare i comportamenti di circa 1,4 miliardi di cinesi, con lo scopo dichiarato di garantire la sicurezza dei cittadini. Ma allo stesso tempo, il sistema di monitoraggio è usato per reprimere qualsiasi protesta interna, colpire le minoranze e schiacciare gli oppositori che non si conformano al volere del governo di Pechino.

«C’è un’invisibile gabbia tecnologica imposta sulla società. Con un impatto più forte percepito dai gruppi di persone già severamente discriminate dalla società cinese», ha affermato Maya Wang, ricercatrice della Ong Human Rights Watch.

Il sistema di sorveglianza si avvale di qualsiasi mezzo tecnologico, dalle telecamere con il riconoscimento facciale fino allo strettissimo controllo informatico operato su i social network, per valutare i pensieri e i comportamenti della popolazione senza alcun riguardo per la privacy. Una fonte inesauribile di dati raccolti in immensi database al servizio degli apparati di sicurezza.

Secondo l’imprenditore Yin Qi, fondatore di una start up impegnata nel campo delle intelligenze artificiali, tutto questo potrebbe essere utile per predire i futuri crimini grazie alla “neutralità” degli algoritmi. Ma numerose ricerche hanno già dimostrato come tutto questo sia viziato da profondi bias nella programmazione dei software dedicati.

I pericoli posti da queste infrastrutture sempre più potenti ed estese non si fermano all’interno dei confini degli Stati autoritari, ma si stanno espandendo anche in Occidente.

La recente sentenza della Corte Suprema americana sull’aborto ha rilanciato l’allarme sugli strumenti tecnologici usati dagli attivisti anti-abortisti per identificare e denunciare le cittadine americane che ricorrono a tale pratica.

Con l’incremento delle leggi statali atte a vietare l’aborto, si correrà il rischio di vedere i cittadini perseguitati anche oltre il confine di ogni singolo Stato grazie all’incrocio di filmati e dati: «La più grande paura è che non ci saranno solo Stati dove l’aborto sarà vietato, ma anche che si inizierà a criminalizzare le donne incinte alla ricerca di questi servizi fuori dallo Stato», ha dichiarato Nathan Wessler, direttore del progetto “Speech, Privacy, and Technology” dell’American Civil Liberties Union.

Nel frattempo anche in Europa avanza l’integrazione dei vari sistemi di sorveglianza, in modo da permettere alla polizia dei vari Paesi di monitorare non solo i criminali o quelli sospettati di avere commesso dei reati, ma anche tutti i cittadini residenti. Si tratta di un recentissimo regolamento che autorizza l’Europol a usare estensivamente le IA nei vari database per incrementare la “polizia predittiva”.

Wojciech Wiewiórowski, supervisore di “European Data Protection”, ha criticato la cosa con estrema preoccupazione, giudicando il tutto come un’ulteriore erosione del diritto alla protezione dei propri dati. Una questione di fondamentale importanza che coinvolgerà nei prossimi anni tutti i Paesi avanzati, compresa l’Italia, dove iniziano a diffondersi pratiche simili nelle scuole e altrove.

Leggi anche