Diritti

Cop27: l’Egitto non è “connesso” ai diritti

Il governo ha confinato le proteste in un’area sorvegliata lontana dal centro conferenze e bloccato l’accesso Internet a siti di informazione e organizzazioni umanitarie. Earth Uprising: «Nessuna azione per il clima senza verità»
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Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
9 novembre 2022 Aggiornato alle 07:00

La Cop27 in corso in Egitto, uno dei più importanti osservatori politici sull’emergenza climatica, chiude un occhio sui diritti. Anzi blocca proprio l’accesso a Internet per le pagine web di organizzazioni come Human Rights Watch (Hrw) o siti quali la piattaforma di blogging Medium, il canale di notizie Al Jazeera e Mada Masr, una delle principali fonti di informazione indipendenti rimaste in Egitto.

«Le autorità egiziane hanno bloccato l’accesso a circa 700 siti web, inclusi media indipendenti e gruppi della società civile – ha riferito al Guardian Richard Pearshouse, direttore ambientale di Hrw – Ciò limita fortemente l’accesso alle informazioni che devono essere discusse, comprese le questioni ambientali e dei diritti umani. Un’azione efficace per il clima richiede più persone che esprimono opinioni, non meno».

«Ci sono così tanti siti web bloccati in Egitto durante la Cop27 in modo piuttosto evidente e diventa difficile per noi lavorare», ha scritto su Twitter Alexandria Villaseñor, fondatrice e direttrice esecutiva dell’organizzazione per il clima Earth Uprising. «Le agenzie di stampa a cui ci riferiamo sono bloccate – ha aggiunto – Non c’è azione per il clima senza verità e informazioni».

In Egitto l’accesso alla libera informazione è ostacolato dal regime del generale Abdel Fattah al-Sisi fin dalla sua ascesa al governo in seguito al colpo di Stato delle Forze armate nel luglio del 2013. La situazione si è inasprita nel 2017, quando il governo ha interdetto l’accesso a 21 siti di notizie, tra cui Al Jazeera e Mada Masr, accusati di diffondere informazioni false e sostenere il terrorismo.

Nel settembre 2020 Mada Masr insieme alla Rete araba per l’informazione sui diritti umani (Anhri) ha lanciato una campagna per chiedere la revoca del blocco dei siti web. Lo stop riguardava 628 collegamenti, inclusi 116 siti di notizie, 15 che si occupano di questioni relative ai diritti umani e 27 di critica politica.

A gennaio di quest’anno, la stessa Anhri ha annunciato che avrebbe sospeso le proprie attività “dato il crescente disprezzo per lo stato di diritto in Egitto, le crescenti violazioni dei diritti umani che non risparmiano le organizzazioni e i difensori indipendenti dei diritti umani – si legge nel comunicato diffuso dall’organizzazione – e l’aumento delle molestie da parte della polizia, sia con pretesto legale o giudiziario sia per esplicita persecuzione”.

Oggi chi in Egitto volesse protestare contro la Cop27 può farlo in un’area sorvegliata appositamente designata allo scopo lontana dal centro conferenze, previa registrazione, senza disturbare nessuno, un po’ come l’area fumatori. Una distopia, alla lettera, in parte anticipata secondo alcuni dalla decisione di ambientare la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima nella turistica Sharm el-Sheikh, magari in attesa che venga approntata la nuova capitale amministrativa.

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