Ambiente

Se Cop27 si perde in un bicchier di Coca-Cola

Secondo la rete Global Commitment, l’azienda produttrice della bevanda analcolica più venduta al mondo - sponsor della Conferenza Onu sul clima - ha aumentato del 3% l’uso della plastica vergine tra il 2019-2021
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
5 novembre 2022 Aggiornato alle 21:00

Quando fu annunciato che la Coca-Cola avrebbe sponsorizzato la Cop27, molti stentarono a trovare punti di contatto tra le due realtà a eccezione delle prime due lettere del nome.

Ora l’ultimo rapporto del Global Commitment, che riunisce oltre 500 organizzazioni sotto la guida della Ellen MacArthur Foundation in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Unep), sembra avvalorare le posizioni più scettiche sull’operazione.

Nonostante il packaging in plastica riutilizzabile, riciclabile o compostabile abbia raggiunto il 99,9% (+0,9%), la multinazionale produttrice della bevanda analcolica più venduta al mondo, dal 2019 al 2021 ha aumentato del 3% l’uso della plastica vergine, alimentando i dubbi sulla sua capacità di ridurre la plastica di nuova produzione.

Un quadro che riguarda anche la concorrente PepsiCo e altre aziende prese in esame. “Per il secondo anno consecutivo, marchi e rivenditori hanno registrato un leggero calo della percentuale di imballaggi in plastica riutilizzabili, passando dall’1,5% nel 2019, all’1,3% nel 2020, all’1,2% nel 2021”, si apprende dall’analisi, per la quale “sia i progressi che l’ambizione sul riutilizzo rimangono limitati”.

Dal canto suo Coca-Cola ha replicato al Financial Times di impegnarsi “a fare di più, più velocemente, in modo da far crescere la nostra attività nel modo giusto. Siamo concentrati su un’azione continua attraverso i nostri obiettivi, incluso rendere riciclabile il 100% dei nostri imballaggi a livello globale entro il 2025 e utilizzare almeno il 50% di materiali riciclati nei nostri imballaggi entro il 2030”.

L’azienda ha poi aggiunto che il suo “sostegno a Cop27 è in linea con il nostro obiettivo basato sulla scienza di ridurre le emissioni di carbonio assolute del 25% entro il 2030 e con la nostra ambizione di zero emissioni nette di carbonio entro il 2050”.

Nel report relativo al 2021 del World Without Waste (Un mondo senza rifiuti), il piano di sostenibilità lanciato da Coca-Cola nel 2018, l’azienda si pone come obiettivi anche quelli di ridurre l’uso di plastica vergine derivata da fonti non rinnovabili di 3 milioni di tonnellate entro il 2025.

Attualmente la percentuale di packaging riciclabile si attesta al 90%, mentre a essere riciclato è il 23% di tutti i materiali utilizzati per gli imballaggi e il 13,6% per quanto riguarda il Pet, ovvero le bottigliette in plastica.

A febbraio di quest’anno, inoltre, la compagnia ha annunciato che entro il 2030 punta a commercializzare in contenitori riutilizzabili o ricaricabili almeno il 25% di tutte le bevande del suo portafoglio di marchi, includendo nel calcolo anche le bottiglie in vetro e i bicchieri riutilizzabili connessi alla vendita alla spina o da distributore.

Ma le sfide da affrontare per raggiungere questi obiettivi sono molte. Sempre stando ai dati del Global Commitment, dal 2019 al 2012 Coca-Cola è passata dal 9% al 13,6% di contenuto riciclato presente negli imballaggi in plastica, registrando un incremento del 4,6%.

Un miglioramento ancora distante dalle ambizioni dell’azienda e da mettere in relazione al totale del volume prodotto. Secondo il rapporto globale di Brand Audit, nel 2021 Coca-Cola si è confermata l’azienda più inquinante al mondo per il quarto anno consecutivo, con oltre 2 milioni e 981 mila tonnellate di plastica prodotte nel 2020, equivalenti a circa 14 milioni e 907 mila tonnellate di emissioni di Co2.

“Gli audit del marchio hanno registrato più prodotti Coca-Cola rispetto ai due successivi inquinatori messi insieme – si legge nella relazione – suggerendo che l’impegno di Coca-Cola ha un impatto minimo sull’inquinamento ambientale causato dai suoi prodotti”.

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