Diritti

Vietnam: l’omosessualità non è più una malattia

L’annuncio del Ministero della Salute ha segnato una svolta nel Paese dopo anni di sforzi da parte dei gruppi che difendono i diritti della comunità Lgbtq+
Ragazzə vietnamitə durante l'I do Festival ad Hanoi, nel 2013, a sostegno della comunità LGBTQ+ per i matrimoni e la famiglia
Ragazzə vietnamitə durante l'I do Festival ad Hanoi, nel 2013, a sostegno della comunità LGBTQ+ per i matrimoni e la famiglia Credit: EPA/LUONG THAI LINH
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25 agosto 2022 Aggiornato alle 15:00

Il governo del Vietnam ha annunciato che essere gay, bisessuale o transgender non dovrebbe essere considerato una malattia e come tale non dovrebbe essere una condizione da curare attraverso terapie di conversione.

Lo ha annunciato il Ministero della Salute vietnamita inviando un documento ai dipartimenti sanitari provinciali e municipali in tutto il Paese, prima di di pubblicarlo sul portale online del governo. Il testo dichiara che il ministro aveva ricevuto informazioni sul fatto che in Vietnam alcune strutture sanitarie sostenevano di offrire “cure” per l’omosessualità. Citando la rimozione dell’omosessualità e dell’essere transgender dalla Classificazione Internazionale delle Malattie da parte dell’Oms, il governo ha delineato cinque linee guida per il sistema sanitario.

Gli operatori sanitari, d’ora in poi, dovranno trattare le persone Lgbtq+ con rispetto e garantire che non vengano discriminate. L’istruzione su queste tematiche dovrà essere rafforzata, saranno vietati i trattamenti involontari e i servizi di salute mentale potranno essere forniti solo da esperti di orientamento sessuale e identità di genere. Verranno inoltre aumentate la supervisione e l’ispezione delle strutture mediche.

La svolta arriva dopo anni di intense campagne da parte dei gruppi per i diritti Lgbtq+. «Non è che un giorno il Ministero si sia svegliato e abbia deciso che era ora di farlo… Ci sono voluti anni di sforzi», ha spiegato all’emittente Al Jazeera Linh Ngo, direttore dell’Ics Center, un’organizzazione nata per proteggere e promuovere i diritti delle persone LGBTI+ nel Paese.

Come spiega il quotidiano britannico Guardian, a novembre, a partire dalla campagna “Leave with Pride, realizzata dall’Istituto per gli studi sulla società, l’economia e l’ambiente, è stata presentata una petizione all’Oms in Vietnam per dimostrare il paradosso del trattamento dell’omosessualità come una malattia, con un approccio totalmente diverso dai precedenti.

In un video, l’Istituto ha posto la domanda: “Se la queerness è una malattia, i vietnamiti LGBT+ non dovrebbero poter ottenere un congedo per malattia?”. Ad aprile, poi, il rappresentante dell’Oms in Vietnam, Kidong Park, aveva rilasciato una dichiarazione a sostegno della fine della medicalizzazione delle persone Lgbtq+, perché, aveva detto, “manca di basi mediche ed è inaccettabile”.

«Non possiamo sopravvalutare la portata di questo annuncio», ha detto al Guardian Kyle Knight, ricercatore senior di salute e diritti Lgbtq+ di Human Rights Watch, l’ong che si occupa della difesa dei diritti umani. «Anche se gli atteggiamenti non cambieranno da un giorno all’altro, […] l’impatto sulla percezione sociale della queerness sarà enorme».

Si tratta di un drastico cambiamento di paradigma in un Paese che ha depenalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso nel 2015, ma che ancora non li riconosce legalmente. Anche i rapporti tra persone omosessuali sono legali, ma la comunità Lgbtq+ non gode delle tutele necessarie: il Vietnam non le fornisce protezioni contro la discriminazione, non proibisce i crimini ispirati dall’odio basati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere e lo spettro della terapia di conversione aleggia in ogni famiglia vietnamita.

Nel 2016, in un’analisi dell’Istituto per gli studi sulla società, l’economia e l’ambiente intitolato “Is it because I am LGBT”, è emerso che una persona Lgbtq+ su cinque è costretta a consultare un medico per curare la propria “malattia”. Su 2 362 partecipanti al sondaggio, circa il 9,7% deə intervistatə è statə costrettə dalla famiglia a ricorrere all’uso di farmaci o ad andare da uno sciamano per “rimuovere incantesimi”. Il 60% ha dovuto cambiare aspetto e atteggiamento, oppure è statə sottopostə a pressioni psicologiche.

Ma la lotta dei gruppi per la difesa dei diritti della comunità Lgbtq+ non si ferma qui: troppo spesso, secondo Human Rights Watch, l’applicazione effettiva delle norme in Vietnam fallisce e sradicare le credenze omofobiche e transfobiche richiede uno sforzo intenso. Inoltre, l’Istituto per gli studi sulla società, l’economia e l’ambiente e l’Ics Center ora chiedono una norma che consenta il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La legge sul matrimonio e la famiglia del Paese, spiega Al Jazeera, dovrebbe essere sottoposta a revisione da parte dell’organo di governo del Partito Comunista del Vietnam nel 2024 o 2025. La petizioneI Agree, lanciata il 10 agosto a sostegno della richiesta, ha superato di gran lunga l’obiettivo delle 250.000 firme: oggi se ne contano più di un milione.

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