Diritti

Iran: due giornaliste rischiano la pena di morte

Niloofar Hamedi ed Elahe Mohammadi sono state arrestate per aver coperto l’uccisione di Mahsa Amini, la ventiduenne fermata dalla polizia per non aver indossato correttamente il velo
Una mano dipinta di rosso durante una protesta fuori dal Consolato iraniano in seguito alla morte di Mahsa Amini, a Istanbul, Turchia, 17 ottobre 2022.
Una mano dipinta di rosso durante una protesta fuori dal Consolato iraniano in seguito alla morte di Mahsa Amini, a Istanbul, Turchia, 17 ottobre 2022. Credit: EPA/SEDAT SUNA
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
31 ottobre 2022 Aggiornato alle 21:00

La prima pagina del giornale riformista Ham Mihan datata 29 ottobre mostra i ritratti di due donne sorridenti che volgono lo sguardo ai lettori. I tratti dei loro volti sono scanditi da una linea scura, i capelli sono avvolti da due veli disegnati su uno sfondo giallo ocra. Sono Niloofar Hamedi e Elahe Mohammadi, due giornaliste iraniane arrestate a Teheran che rischiano la pena di morte per aver raccontato la storia di Mahsa Amini, volto simbolo delle proteste scoppiate dopo la sua morte.

La notizia risale a venerdì: in una dichiarazione congiunta inviata ai media iraniani, il ministero dell’intelligence di Teheran e l’agenzia di intelligence della Guardia rivoluzionaria islamica, incaricati di proteggere la Repubblica islamica all’interno e all’esterno del Paese, hanno accusato la Cia di aver orchestrato i servizi di Hamedi e Mohammadi, pianificando i disordini in tutto il Paese insieme ad altre agenzie di spionaggio britanniche, israeliane e saudite “con l’obiettivo di commettere crimini contro la grande nazione iraniana e la sua integrità territoriale”.

Non sono state fornite prove di questo coinvolgimento, e le accuse sono state negate dalle testate responsabili delle loro pubblicazioni. Ma, riporta Al Jazeera, il rapporto dell’intelligence afferma anche che i funzionari dell’agenzia di spionaggio statunitense si siano incontrati con gruppi separatisti curdi nella vicina regione dell’Iraq settentrionale di Erbil, alla fine di settembre, per chiedere loro di amplificare il loro ruolo nei disordini iraniani.

Niloofar Hamedi, giornalista del quotidiano iraniano Shargh, aveva pubblicato un reportage dall’ospedale di Kasra, a Teheran, dove Amini era ricoverata da 3 giorni a causa di gravi ferite e danni cerebrali. È stata una delle prime a recarsi sul posto e diffondere le notizie sulla vicenda: sul suo profilo Twitter, disattivato da allora, Hamedi aveva postato una foto della famiglia di Amini, sconvolta, in ospedale, dopo aver appreso della morte della ragazza. Secondo il rapporto ufficiale della polizia iraniana, da cui i manifestanti e la comunità internazionale si discostano, la ventiduenne non sarebbe morta per le ferite riportate in seguito alla detenzione, ma avrebbe avuto un attacco di cuore.

Hamedi è in carcere a Evin dal 22 settembre 2022: come riporta il Comitato per la protezione dei giornalisti, l’organizzazione che difende la libertà di stampa e i diritti dei giornalisti in tutto il mondo, domenica il suo avvocato, Mohammad-Ali Kamfirouzi, ha twittato che la donna ha telefonato a suo marito dicendogli di essere in isolamento a Evin, in attesa di un interrogatorio. Non era a conoscenza delle accuse nei suoi confronti. Come è toccato a Alessia Piperno, la giovane blogger italiana arrestata il 28 settembre, ha festeggiato il suo compleanno dietro le sbarre del carcere destinato agli oppositori politici e noto per le numerose denunce di violazione dei diritti umani. “Il suo posto in redazione è vuoto”, scrive su Twitter il quotidiano per cui Hamedi lavora.

Anche Mohammadi, reporter del quotidiano Ham Mihan, è stata arrestata il 22 settembre e si trova a Evin: lo ha confermato in un tweet il difensore Kamfirouzi, che si occupa anche del suo caso. Le forze di sicurezza iraniane avrebbero sfondato la porta d’ingresso della sua casa e confiscato i suoi dispositivi personali come laptop, libri, telefono e la sua tessera stampa.

Mohammadi aveva scritto del funerale di Amini nella sua città natale, Saqqez, nella provincia nord occidentale del Kurdistan: aveva raccontato del duro intervento delle autorità e della reazione dei partecipanti, che gridavano slogan contro la Repubblica islamica in quella che è stata la prima grande protesta delle rivolte che hanno preso piede in Iran. Secondo l’intelligence iraniana, Hamedi e Mohammadi sarebbero state addestrate a riferire della morte di Amini, e Hamedi avrebbe costretto la sua famiglia a rilasciare informazioni sulla morte della figlia.

Le accuse mosse nei loro confronti sono molto gravi: essere colpevoli di spionaggio comporta la pena di morte in Iran. Più di 300 giornalisti iraniani, riporta l’emittente Iran International, hanno chiesto il rilascio delle due donne arrestate per aver denunciato le violenze nel Paese. Insieme alle due giornaliste, più di 40 colleghi sono stati arrestati dall’inizio delle proteste, secondo la lista stilata dal Committee to Protect Journalists. L’elenco rischia di allungarsi.

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