Diritti

Aborto, Women on web: “Ci aspettiamo un’impennata di richieste dall’Italia”

L’organizzazione internazionale aiuta le donne che vivono in Stati in cui l’Ivg è illegale a terminare una gravidanza, inviando a domicilio i farmaci necessari. Dopo il via libera per l’ingresso dei gruppi pro-life nei consultori, l’attenzione è rivolta al Belpaese
Credit: womenonweb.org
Alessia Ferri
Alessia Ferri giornalista
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8 maggio 2024 Aggiornato alle 07:00

L’approvazione del decreto Pnrr al Senato dello scorso 13 aprile ha determinato, tra le altre cose, che nell’organizzare i consultori le Regioni possano avvalersi anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore con “qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”. Tradotto in parole: porte aperte alle associazioni pro-life in luoghi che sono quasi sempre il primo approdo di chi si scopre incinta e decide di non portare avanti la gravidanza.

Nonostante i gruppi anti abortisti siano di fatto già attivi da tempo in molti consultori italiani, questa sorta di certificazione governativa ha fatto allarmare associazioni femministe e gruppi pro-choice, perché rappresenterebbe l’ennesimo colpo alla libertà delle donne di disporre come meglio credono del proprio corpo.

Tra chi si dice estremamente preoccupata c’è anche Women on web, organizzazione non governativa canadese che da anni si occupa di aiutare le donne a interrompere volontariamente una gravidanza qualora vivano in Paesi in cui ciò non sia permesso o fortemente ostacolato, fornendo visite in telemedicina e inviando a domicilio i farmaci per abortire, il Mifepristone e il Misoprostolo.

L’organizzazione è convinta che “la possibilità per le associazioni antiabortiste di ricevere fondi europei del Pnrr per lavorare nei consultori pubblici, avrà inevitabilmente conseguenze negative sull’accesso all’aborto in Italia, e di conseguenza si aspetta un aumento delle richieste di aiuto”.

La storia di Women on web è unica e diversissima da quella di tutte le altre realtà che si battono per il diritto all’aborto nel mondo. Nata ufficialmente nel 2005, si tratta dell’evoluzione di un’altra iniziativa, se possibile ancor più rivoluzionaria: Women on Waves.

Consapevole che in tantissimi luoghi i diritti riproduttivi femminili fossero inesistenti, nel 1999, Rebecca Gomperts ha deciso di allestire su una nave battente bandiera olandese una clinica ginecologica. La nave viaggiava vicino alle coste di Paesi con divieti o forti limitazioni all’aborto, faceva salire a bordo le donne che volevano ricorrervi, si allontanavano fino a raggiungere le acque internazionali (dove vigono le leggi del Paese che batte bandiere sulla nave) e una volta lì un personale medico fornivano loro le pillole abortive.

Passati gli anni Gomperts ha capito che per aiutare quante più donne possibili la rete rappresentasse la soluzione. Così nel 2005 ha dato vita a Women on Web, che a oggi ha supportato oltre 120.000 persone in tutto il mondo nell’accesso all’aborto farmacologico. Un lavoro preziosissimo che a fronte di numerose critiche, principalmente da parte di chi sostiene che spedire farmaci per posta significhi paragonare l’aborto a una sessione di shopping su Amazon, è valso anche a Rebecca Gomperts diversi attestati di stima, al punto che il Time l’ha inserita tra le 100 persone più influenti del 2020.

Ma come funziona nel concreto Woman on web? Sul sito è presente un questionario, che la persona che desidera abortire deve compilare. A quel punto un team di medici la contatta per una visita in telemedicina e se non si presentano contro indicazioni, prescrive le pillole abortive, che vengono inviate tramite posta. Anche se può sembrare una procedura “fredda” non lo è affatto perché in tutte le fasi, dalla compilazione del questionario all’aborto vero e proprio, la persona è costantemente seguita dai medici dell’organizzazione e monitorata telematicamente. Il servizio prevede il pagamento di una quota che varia dai 70 ai 120 dollari ma viene erogato gratuitamente a chi non ha disponibilità economiche.

Women on web spedisce i farmaci abortivi a ogni angolo del Pianeta ma se le richieste da alcuni Paesi rimangono costanti, da altre diminuiscono o aumentano a seconda delle politiche del momento. Dopo il ribaltamento della sentenza Roe vs Wade a impennarsi sono stati i contatti dagli Usa ma ora molta attenzione è rivolta all’Italia, che già da tempo ha imboccato una strada che l’organizzazione ma non solo ritiene piuttosto scivolosa, tanto che nonostante l’aborto sia legale, dal nostro Paese ogni anno arrivano oltre 600 messaggi.

C’è chi non sa come abortire, chi dove farlo, chi pur sapendolo, a causa del numero sempre più alto di obiettori di coscienza, ha davanti a sé come unica soluzione viaggiare per oltre centinaia di chilometri, magari senza un mezzo a disposizione. Problemi che in alcuni casi sarebbero risolvibili dirottando le donne verso un aborto farmacologico anziché chirurgico, un metodo però utilizzato pochissimo nelle nostre strutture sanitarie.

“Finora molte regioni non sono nemmeno riuscite a implementarlo come parte della loro assistenza medica standard, nonostante le linee guida per l’uso della RU486 siano state aggiornate dal Ministero della Salute nel 2020. Altri ostacoli all’accesso all’aborto sono già elevati: questi includono un altissimo tasso di obiezione di coscienza, la settimana obbligatoria di ripensamento dopo aver ottenuto il certificato e un generale trattamento negativo da parte del personale medico - si legge nel comunicato diramato da Women on web - Secondo il Ministero della Salute, i certificati Ivg per la metà delle donne italiane che hanno deciso di interrompere gravidanze nel 2021 sono stati emessi proprio nei consultori”.

“Questi luoghi sono identificati come le strutture sanitarie primarie dove le donne si rivolgono una volta scoperta una gravidanza indesiderata - continua la nota stampa - Rendere questi spazi ambienti ostili, probabilmente moltiplicherà lo stress e lo stigma che le utenti subiscono, influenzerà negativamente la qualità delle cure che ricevono e alla fine impedirà ad alcune di accedere ai servizi di Ivg”.

Oltre a dare una mano concreta a chi non sa come abortire, in Italia Women on web conduce ricerche sulle barriere locali all’accesso all’aborto, per sostenere la promozione di un’assistenza sanitaria di alta qualità. L’organizzazione offre inoltre informazioni online in 15 lingue 7 giorni su 7.

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