Diritti

Usa: perché il caso dell’aborto in Idaho è così importante?

La Corte Suprema ha ascoltato le argomentazioni del Moyle v. United States: ora deve decidere se i medici potranno fornire l’Ivg alle donne incinte in casi di emergenza anche negli Stati dove vige il divieto totale
Credit: Ian Hutchinson
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
25 aprile 2024 Aggiornato alle 13:00

Negli Stati Uniti è in corso uno scontro giudiziario tra l’amministrazione Biden e i funzionari dell’Idaho, dove è in vigore una delle leggi contro l’aborto più severe degli Usa. Il caso che potrebbe cambiare le sorti dell’aborto in alcuni Stati è noto come Moyle v. United States: il suo esito potrebbe determinare se gli ospedali degli Stati con leggi rigorose sull’aborto dovranno comunque offrire interruzioni di gravidanza in situazioni di emergenza.

Mercoledì 24 aprile, poco prima che i giudici iniziassero a esaminare le argomentazioni del caso, decine di persone si sono radunate di fronte alla Corte Suprema: “L’aborto salva vite umane”, recitavano i cartelli esposti dai sostenitori del diritto all’aborto. “I pronto soccorso non sono cliniche per aborti”, dicevano quelli degli antiabortisti.

Facciamo un passo indietro: in Idaho, secondo la legge entrata in vigore dopo l’annullamento della sentenza Roe v. Wade, che dal 1973 al 24 giugno 2022 ha consentito l’interruzione volontaria di gravidanza a livello federale negli Stati Uniti, l’aborto è consentito solo se necessario “per prevenire la morte della donna incinta” o in caso di stupro o incesto. Non si fa riferimento alla salute della donna. I medici che praticano aborti in violazione del Defense of Life Act dell’Idaho possono essere perseguiti e rischiano fino a 5 anni di carcere. L’Idaho è uno dei 14 Stati che vietano l’aborto con alcune eccezioni, secondo il Guttmacher Institute. Altri 7 lo impediscono nelle prime 18 settimane di gravidanza.

Nell’agosto del 2022 l’amministrazione Biden ha citato in giudizio l’Idaho sostenendo che la legge statale sull’aborto fosse stata annullata dall’Emtala, o Emergency Medical Treatment and Labour Act: si tratta di una legge federale del 1986 che richiede agli ospedali che accettano finanziamenti dal programma di assicurazione sanitaria federale Medicare di offrire un trattamento stabilizzante a qualsiasi paziente con una condizione di emergenza che ne minacci la vita o la salute e di fornire un trasferimento medico in un altro ospedale in caso di mancanza di personale o risorse per curarlə.

Un tribunale distrettuale federale dell’Idaho si è schierato con il Governo federale, permettendo ai medici di praticare aborti in determinate situazioni di emergenza. Ma lo Stato si è rivolto alla Corte Suprema, sostenendo che spetta ai singoli Governi statali decidere il tipo di assistenza medica di emergenza che le donne possono ricevere. A gennaio la Corte Suprema ha dichiarato che avrebbe deciso se l’Emtala scavalca le leggi statali che proibiscono la maggior parte degli aborti. E ha permesso all’Idaho di continuare ad applicare il divieto in alcune situazioni di emergenza medica fino a quando non verrà presa una decisione a riguardo.

Secondo il Centers for Medicare and Medicaid Services una legge statale che proibisce la procedura, o che include un’eccezione più ristretta di quella prevista dall’Emtala, viene scavalcata dalla legge federale. I funzionari dell’Idaho e gli antiabortisti, al contrario, sostengono che l’Emtala non stabilisce se l’assistenza include anche l’aborto e non può quindi sostituire le restrizioni imposte dallo Stato alla procedura.

A gennaio il Repubblicano Raúl Labrador, il procuratore generale dell’Idaho, ha dichiarato che il divieto di aborto in vigore nello Stato è coerente con la legge federale, che richiederebbe di intervenire per proteggere un feto in caso di emergenza medica. «L’amministrazione Biden non ha alcun diritto di riscrivere la legge federale per ignorare la legge dell’Idaho e costringere i medici a eseguire aborti», ha aggiunto il procuratore.

Labrador, riporta CBS News, ha anche accusato l’amministrazione Biden di «cercare di spaventare le persone facendole credere che le donne moriranno». La palla è passata alla Corte Suprema: il caso potrebbe avere implicazioni in altri stati come l’Arizona, che sta ripristinando una legge del 1864 che vieta tutti gli aborti, con un’eccezione solo se la vita della madre è a rischio. La decisione della Corte Suprema riguardo a questo caso è attesa entro la fine di giugno, così come quella relativa all’accesso al Mifepristone, il farmaco utilizzato per interrompere le gravidanze.

Secondo un sondaggio di febbraio dell’organizzazione indipendente KFF, circa l’81% degli americani vedono il dibattito sull’aborto negli Stati Uniti come una questione di diritti e libertà individuali. Democratici e (quasi due terzi dei) Repubblicani concordano (94% vs 64%). I due schieramenti, tuttavia, divergono su un’altra questione: l’aborto dev’essere considerato una questione sanitaria? Per 7 adulti statunitensi su 10 sì, compreso l’82% dei Democratici. Solo il 52% dei Repubblicani è d’accordo, perché sono più inclini a considerarlo una questione morale (dice l’81%) o religiosa (55%).

Da quando è stata annullata Roe v. Wade, le denunce di donne incinte allontanate dai pronto soccorso sono aumentate, secondo dei documenti federali ottenuti dall’Associated Press: in Texas, per esempio, una donna ha avuto un aborto spontaneo nel bagno dell’atrio di un pronto soccorso perché il personale della reception si era rifiutato di accoglierla; in Florida un’altra donna ha appreso che il suo feto non aveva battito cardiaco il giorno dopo che una guardia di sicurezza l’aveva allontanata dalla struttura; in Carolina del Nord, una donna ha partorito in macchina dopo che il pronto soccorso non aveva potuto eseguire un’ecografia, e il bambino è morto.

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