Storie

Le persone del 2023 (secondo noi)

Ambiente, diritti, futuro: la nostra selezione dei protagonisti dell’anno che sta per concludersi
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29 dicembre 2023 Aggiornato alle 16:00

Il 2023 è stato l’anno più caldo della storia ma anche quello dei primi passi verso una nuova direzione per la salvaguardia del Pianeta e dell’ambiente. Si è concluso con la Cop28, dove per la prima volta è stata messa nero su bianco (con quel discusso Transition away) l’idea di iniziare davvero a uscire dall’era dei combustibili fossili.

Il 2023 è stato anche l’anno in cui sono state ammazzate 118 donne in Italia. Così tante, ancora, che la parola dell’anno selezionata da Treccani è “femminicidio”. Quest’anno è scoppiato anche un nuovo conflitto armato, mentre quello in Ucraina si prepara a compiere 3 anni.

Il 2023, infine, è stato l’anno di ChatGPT, che ha guadagnato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo grazie agli enormi passi avanti fatti nel campo dell’intelligenza artificiale.

Ecco chi sono stati i (nostri) protagonisti di quest’anno.

Ambiente

Sonia Guajajara. In 523 anni di storia del Brasile mai, una donna indigena, aveva ricoperto un ruolo così importante come quello di Sonia Guajajara, che da inizio 2023 è ufficialmente primo ministro dei Popoli indigeni del Brasile. Attivista, 49 anni, all’età di 10 anni ha cominciato a lavorare per aiutare la famiglia di umili origini. Nel tempo ha combattuto mille lotte per difendere i diritti dei popoli dell’Amazzonia e dopo aver ottenuto una laurea la sua battaglia si è fatta sempre più politica. Guajajara è originaria della terra indigena Ararariboia, è diventata la prima donna indigena a ricoprire un ministero nella storia del Brasile: «Il futuro del pianeta è ancestrale», è necessario lottare per la «giustizia ambientale», ha ricordato nella sua cerimonia di inaugurazione.

Sultan Al Jaber. Nelle 28 Conferenze delle Parti sul Clima svolte fino a oggi non c’è mai stato un presidente così divisivo: in oltre 2 settimane di negoziati a Dubai Sultan Al Jaber è stato sempre al centro della scena, nel bene e nel male. Contemporaneamente capo della Cop28, amministratore delegato di un’azienda petrolifera degli Emirati (la Adnoc) e ingegnere impegnato nel mondo delle rinnovabili, Al Jaber ha avuto insieme ai rappresentanti di Usa e Cina un ruolo decisivo per arrivare a un accordo finale alla Cop di Dubai. Una intesa che non ha convinto molti, dato che non sono stati fissati paletti precisi per una “uscita graduale dei combustibili fossili”, ma che per diversi Stati ha permesso (nonostante i veti di Arabia Saudita e Russia) un primo importante passo per dire addio (ma quando?) all’era di quei combustibili fossili responsabili delle emissioni climalteranti.

Le Klimaseniorinnen. Ai più questa strana parola potrebbe essere poco nota. Eppure le KlimaSeniorinnen, gruppo di oltre duemila donne svizzere, la cui partecipante più giovane ha 64 anni e la media dei membri è di 75 anni, quest’anno sono riuscite a ottenere una prima udienza alla Corte europea per i diritti dell’uomo (CEDU) in relazione a una causa climatica. Si tratta di un importante precedente per tutti i 46 stati del Consiglio d’Europa e nella causa si deciderà se e in che misura un Paese, come la Svizzera, debba ridurre le proprie emissioni di gas serra in modo più rigoroso per tutelare i diritti umani. Lo stesso, in futuro, grazie alle “anziane combattenti per il clima”, potrebbe valere anche per altri Paesi. Loro forse potrebbero essere uno dei simboli più belli e importanti - tra le 2500 “climate litigation”, cause per il clima aperte in tutto il Pianeta - che oggi chiedono di affrontare con sempre più urgenza le questioni climatiche anche a livello di leggi e di diritti.

Diritti

Armita Geravand. Aveva 16 anni quando i media statali l’hanno dichiarata ufficialmente morta. Dopo 28 giorni di ricovero in ospedale, Geravand è diventata quella che il gruppo per i diritti umani Hengaw ha definito “l’ultima vittima dell’hijab forzato. Sarebbe caduta in coma dopo un confronto con la polizia morale nella metropolitana di Teheran, il 1° ottobre, colpevole di non aver indossato correttamente il velo islamico. Le immagini che la ritraggono salire su un vagone della metropolitana con i capelli sciolti e un istante dopo la vedono a terra, immobile, sono diventate virali a poco più di un anno dalla morte di Mahsa Amini, 22 anni, aggredita e arrestata dalle autorità iraniane per aver indossato l’hijab “in modo improprio”. Amini è divenuta simbolo della condizione femminile e della violenza esercitata contro le donne sotto la Repubblica islamica dell’Iran. Geravand è diventata la nuova Mahsa Amini.

Giulia Cecchettin. Il suo nome compare tra quelli delle 118 donne uccise nel 2023 in Italia, 96 delle quali in ambito familiare o affettivo. Il femminicidio della giovane originaria di Vigonovo, in provincia di Venezia, è avvenuto l’11 novembre: l’ex fidanzato Filippo Turetta l’ha accoltellata a pochi giorni dalla discussione della sua tesi in ingegneria biomedica «per punirla da quello che lui ha considerato un atto di insubordinazione subito, poiché, ormai, la nostra Giulia non rispondeva più alle sue aspettative», ha spiegato l’avvocato Nicodemo Gentile, legale della sorella della 22enne, Elena. Sono state le sue parole, quelle di una ragazza di 24 anni appena privata dell’affetto di sua sorella minore, a chiarire che l’assassino non è stato un mostro, perché «un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece qui la responsabilità c’è». Elena Cecchettin è stata la voce di Giulia e di tutte coloro che sono vittime, ogni giorno, della violenza di genere.

Matiullah Wesa. Si è battuto per l’istruzione delle ragazze in Afghanistan e per questo è stato arrestato a marzo 2023, detenuto per 7 mesi e poi, finalmente, rilasciato. Wesa, attivista, educatore della provincia di Kandahar, è il fondatore dell’organizzazione non profit PenPath, attiva dal 2009 in tutte le 34 province dell’Afghanistan e in 310 distretti del Paese, dove ha aperto circa 100 scuole dismesse, creato 39 biblioteche e 1.700 corsi di alfabetizzazione domestica per ragazze. Prima del suo arresto, Wesa ha lanciato una campagna di 18 mesi, casa per casa, per eliminare l’analfabetismo e “porre fine a tutte le nostre miserie”, aveva scritto sui social media. Il 26 ottobre è stato scarcerato. Ma l’Afghanistan rimane l’unico Paese al mondo a proibire a donne e ragazze di frequentare la scuola o l’università.

Futuro

Narges Mohammadi. Ha ricevuto il premio Nobel per la Pace il 6 ottobre 2023, ma l’hanno ritirato i figli Ali e Kiana Rahmai al suo posto. Lei si trova nella prigione di Evin, a Teheran, dove sta scontando 12 anni e 11 mesi di detenzione, 154 frustate e altre sanzioni in 4 processi distinti. Mohammadi, classe 1972, da più di 20 anni lotta per i diritti delle donne, ha condotto una campagna contro la pena di morte e ha criticato l’uso della tortura e della violenza sessuale da parte del regime in Iran. “Non smetterò mai di lottare per la realizzazione della democrazia, della libertà e dell’uguaglianza - ha scritto dalla sua cella - Sicuramente il Premio Nobel per la Pace mi renderà più resiliente, determinata, fiduciosa ed entusiasta”.

Donald Tusk. A 66 anni è diventato il nuovo primo ministro della Polonia. Il leader di Piattaforma civica aveva già governato il Paese, per ben 2 volte, dal 2007 al 2014, ma questo mandato ha un sapore diverso: il «regno» del partito di Governo Diritto e Giustizia (Pis) «è finito», ha dichiarato dopo le elezioni parlamentari di ottobre: «la Polonia ha vinto, la democrazia ha vinto». Originario di Danzica e figlio di un carpentiere e di un’infermiera, entrambi schiavi lavoratori durante l’occupazione nazista, ha ripreso le redini dopo 8 anni di Governo nazionalista e populista, che ha fortemente limitato l’indipendenza di media e magistratura, ma anche i diritti civili delle donne e delle minoranze. La nuova linea politica prevede che la Polonia «sarà un forte anello della catena della Nato, un forte alleato degli Stati Uniti e riconquisterà la posizione di leader dell’Unione Europea», ha spiegato Tusk presentando il programma del suo governo.

Sam Altman. Il Time l’ha inserito tra le 100 persone più influenti del 2023 e l’ha nominato Ceo dell’anno che sta per concludersi. Nato nel 1985 a Chicago, in Illinois, Altman è il co-fondatore e amministratore delegato di OpenAI. A soli 8 anni smontava e rimontava un Mac, a 19 creava un’applicazione per la geolocalizzazione, Loopt, simile a un social network. Oggi è uno degli imprenditori più famosi del mondo. «Per molte persone», ha detto al Time, il 2023 è stato «l’anno in cui hanno iniziato a prendere sul serio l’intelligenza artificiale». La sua ultima invenzione, ChatGPT, è uno dei modelli di AI più avanzati mai sviluppati: è un chatbot in grado di rispondere alle domande degli utenti e generare testi, storie, canzoni. Oggi conta più di 100 milioni di utenti, una cifra che Facebook ha impiegato 4 anni e mezzo per raggiungere.

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