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Elezioni Polonia: chi è Donald Tusk, leader dell’opposizione?

Il suo partito ha ottenuto quasi il 31% dei consensi che, insieme ai voti degli alleati, permette alla coalizione europeista e liberale di raggiungere il 54% e ottenere la maggioranza
Credit: Damian Burzykowski/Newspix via ZUMA Press
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19 ottobre 2023 Aggiornato alle 17:00

Da giovane dissidente, per guadagnarsi da vivere puliva le ciminiere più alte della Polonia comunista; a breve, potrebbe tornare a guardare il suo Paese “dall’alto”, ma a un’altezza un po’ diversa: quella del palazzo del presidente del Consiglio.

Donald Tusk è il vero vincitore delle ultime elezioni polacche. Il suo partito centrista Coalizione Civica ha ottenuto il 30,7% dei consensi. Una percentuale di voti che, unita a quelle degli altri partiti alleati, permette alla coalizione di opposizione di avere il 54% e ottenere così la maggioranza assoluta. Alla notizia dei risultati, in molti a Bruxelles hanno tirato un sospiro di sollievo: la vittoria di Tusk, noto europeista, riporterà il Paese in una posizione sicuramente più dialogante dopo i turbolenti anni del PiS, il partito sovranista che ha guidato il Paese dal 2015 a quest’anno.

Nato a Danzica nel 1957, da giovane Tusk sogna in realtà di fare il calciatore (sport che ha poi continuato a praticare anche da adulto). Ma nella Danzica della fine degli anni ‘70 i pensieri che girano hanno ben poco a che fare col mondo del pallone: di lì a poco, la città assiste alla nascita di Solidarnosc, un movimento politico capace, nel corso degli anni, di trasformare la Polonia comunista in uno Stato democratico.

Tusk è fin da subito tra i più attivi. E ne paga le conseguenze: nonostante la sua laurea in Storia, rimane disoccupato ed è costretto a lavorare come “alpinista industriale”, ovvero a occuparsi della pulizia e della manutenzione dei tetti delle ciminiere più alte del Paese. «Altezza massima, rischio massimo, guadagno massimo», dirà in seguito di quel periodo. Sul finire degli anni ‘80narriva l’ora del riscatto: il regime comunista è ormai al collasso e nel 1988 Tusk diventa presidente del partito del Congresso liberaldemocratico.

Da lì inizia una scalata al potere che lo porta a allearsi con Tadeusz Mazowiecki, primo presidente del Consiglio non comunista. In seguito, all’inizio degli anni 2000, le strade tra i 2 si separano e nel 2005 Tusk ha la prima grande occasione di guidare la Polonia: arriva al ballottaggio con il candidato euroscettico Jaroslaw Kaczynski che nel 2001 ha fondato il PiS insieme al gemello Lech. Alla fine Tusk perde, vittima, si dice, anche della rivelazioni sull’arruolamento di uno dei suoi nonni nella Wermacht ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. La prima battaglia è persa, ma nel corso dei 20 anni successivi Tusk si scontrerà ripetutamente con i 2 gemelli, togliendosi più di qualche soddisfazione.

La rivincita arriva infatti alle elezioni del 2007, quando Tusk sconfigge Jaroslaw Kaczynski, promettendo un avvicinamento all’Unione europea e alla Nato. Appena eletto rilascia un’intervista a Repubblica in cui dichiara: «Dimenticate i Kaczynski. La mia Polonia sarà un partner affidabile per l’Europa».

In materia economica, le idee politiche sono sempre le stesse: il neopremier non nasconde la sua ammirazione per il neoliberismo. E in particolare per Margareth Thatcher e Ronald Reagan. Tusk guida la Polonia per i difficili anni della crisi economica e riesce anche nell’impresa di farsi rieleggere nel 2011 grazie ad alcuni risultati economici positivi. Non mancano comunque le polemiche interne. Che in alcuni casi arrivano a toni accesissimi.

Nel 2010 l’aereo del presidente Lech Kaczynski precipita mentre è in volo verso la Russia. Il gemello Jaroslaw accusa Tusk di non avere fatto abbastanza per proteggere Lech e arriva a insinuare che l’allora premier fosse in realtà d’accordo con la Russia per insabbiare l’evento come un incidente. Accuse respinte con sdegno da Tusk.

Nel 2014 l’europeismo di Tusk si traduce in un ruolo molto importante: il Premier polacco diventa presidente del Consiglio europeo (l’organo che si occupa di dare un indirizzo politico all’Ue). Una carica che deterrà fino al 2019, allontanandolo, almeno fisicamente, dalla politica polacca. Sono anni complicati dalla crisi del debito greco e che vedono Tusk criticare le richieste e gli atteggiamenti di Syriza, il partito di Alexis Tsipras che nel 2015 vince le elezioni promettendo di porre fine alle misure di austerity imposte dall’Ue. «Ha un atteggiamento irritante», commenta Tusk in un’intervista alla Stampa.

Gli anni della presidenza Tusk sono anche i primi dello scontro tra Russia e Ucraina in seguito alla rivoluzione dell’Euromaidan, che rovescia il Governo filorusso di Viktor Yanukovich, e all’annessione della Crimea decisa dal presidente russo Vladimir Putin. Il politico polacco è chiaro fin dall’inizio: «Non ci si può fidare di Putin». Parole che, purtroppo, sembrano oggi una profezia.

Terminato il suo mandato in Europa Tusk decide di tornare in Polonia e sfidare nuovamente il Pis. Nel 2021 annuncia il suo ritorno. «Questo è il mio giuramento: vi guiderò fino alla vittoria», promette ai suoi sostenitori. Il PiS prova a fermarlo cercando di far passare una legge (ribattezzata non a caso “lex anti Tusk”) che punta a escludere dalla vita pubblica gli esponenti politici responsabili delle “influenze russe” sulla sicurezza interna polacca fra gli anni 2007 e 2022.

A seguito delle forti critiche, anche internazionali, la norma viene poi ritirata e Tusk si prepara alla campagna elettorale. Le sue parole d’ordine sono quelle di sempre: europeismo e liberalismo. Riesce a formare una coalizione capace di aggregare il più possibile le diverse anime dell’opposizione e che alla fine risulta vincente. «La Polonia volta pagina», promette subito dopo la vittoria.

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