Diritti

Polonia: test di laboratorio sulle donne che abortiscono

I ricercatori hanno messo a punto un sistema per rintracciare nei corpi delle cittadine farmaci per interrompere la gravidanza. Il Governo lo utilizza per far rispettare le leggi pro-life
Protesta contro le leggi anti aborto a Varsavia
Protesta contro le leggi anti aborto a Varsavia Credit: RAFAE MILACH
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22 settembre 2023 Aggiornato alle 19:00

La Polonia ha sviluppato un test di laboratorio per riscontrare la presenza di farmaci abortivi nel corpo delle donne che non portano a termine la gravidanza: uno degli strumenti più invasivi di cui il Governo si serve per far rispettare le leggi anti-aborto del Paese, che si inseriscono all’interno di una campagna di rigida sorveglianza sulle donne incinte.

L’aborto è diventato di fatto illegale in Polonia quando, alla fine del 2020, la Corte costituzionale polacca ha definito incostituzionali anche le interruzioni di gravidanza per gravi malformazioni del feto. Da quel momento il Governo, guidato dal 2015 dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia, ha messo in atto una serie di politiche repressive e intimidatorie contro qualsiasi persona sia coinvolta in attività collegate all’aborto.

A giugno è entrata in vigore l‘istituzione obbligatoria del registro delle gravidanze, ovvero un database nazionale in cui ogni medico deve registrare le informazioni relative a ciascuna paziente incinta, con evidenti rischi per i possibili utilizzi di questi dati personali a fini di ispezione e controllo. E diverse donne che si sono recate in ospedale per avere cure mediche a seguito di un aborto spontaneo o che hanno assunto la pillola abortiva hanno denunciato l’avvio di vere e proprie indagini nei loro confronti. Tutto ciò senza alcuna concreta base giuridica, considerato che le donne che abortiscono non sono colpevoli di reato secondo la legge polacca, mentre è colpevole chiunque si adoperi per assistere le donne a interrompere una gravidanza, anche fornendo i farmaci per farlo.

Una delle tecniche messe a punto direttamente nei laboratori della Polonia è, appunto, eseguire esami per capire se la donna ha assunto farmaci per l’interruzione di gravidanza, cioè il Mifepristone e il Misoprostolo. È quanto emerge da 2 studi scientifici del dipartimento di medicina forense della Wroclaw Medical University, pubblicati alla fine del 2022 nella rivista Molecules. Un reportage del New York Times ha chiarito che si tratta di studi condotti nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dallo Stato. E una portavoce dell’ufficio del procuratore di Wroclaw ha confermato che questi test sono stati utilizzati proprio per eseguire indagini in merito agli esiti di alcune gravidanze.

Il primo studio parla di un test per rilevare l’acido Misoprostolo nei tessuti prelevati dalla placenta e dal fegato fetale; il secondo report descrive lo sviluppo di un “metodo rapido, sensibile e affidabile” per rintracciare l’altro farmaco abortivo, il Mifepristone, nel sangue materno. Queste tecniche sono facilmente utilizzabili per intimidire qualunque donna voglia abortire da sola e, soprattutto, per raccogliere prove nei confronti di familiari, amici e operatori sanitari che aiutano illegalmente le donne.

Persino i medici temono ritorsioni: tecnicamente la legge consente loro di praticare un aborto se ci sono gravi rischi per la salute o la vita della donna, ma si tratta di una zona grigia in cui il personale sanitario si trova in certi casi paralizzato. Nel 2021 sono stati eseguiti solo 107 aborti legali (circa il 90% in meno rispetto al passato), secondo i dati riportati dal quotidiano Rzeczpospolita. E nel 2022, “6 donne sono morte per aver portato a termine gravidanze che avrebbero dovute essere interrotte”.

Come evidenziato da Humans Rights Watch, “La spietata persecuzione delle autorità polacche nei confronti delle persone che cercano di ottenere o fornire cure mediche di base può essere descritta solo come una caccia alle streghe. Il Governo sta abusando della polizia e dei tribunali per promuovere la sua agenda anti-diritti, portando le sue politiche abusive nelle case private, nelle stanze d’ospedale e negli studi medici”.

Una delle testimonianze più recenti è quella di Joanna, una donna di 32 anni che ad aprile ha preso, di sua iniziativa, la pillola abortiva. Dopo essersi confidata con il suo psichiatra, il medico ha chiamato le forze dell’ordine che l’hanno accompagna in ospedale per un esame ginecologico. Le è stato ordinato di spogliarsi, fare squat e tossire, nonostante stesse ancora perdendo sangue. Indagini arbitrarie e invasive come queste, note come fishing expeditions, sono illegittime perché non si basano su alcun indizio concreto dell’esistenza di un reato (in questo caso, che qualcuno avesse aiutato la donna a interrompere la gravidanza).

A fine luglio il settimanale polacco Wysokie Obcasy ha raccontato la storia di Ola, un’altra vittima della lotta istituzionale contro l’aborto. Il suo caso risale al 2022: alla 18° settimana di gravidanza ha avuto un aborto spontaneo in casa ed è stata portata in ospedale per un controllo medico. Lì sono arrivati subito alcuni agenti di polizia per interrogarla e prenderle un campione di sangue. Al suo ritorno a casa, ha trovato ancora una volta i poliziotti, intenti a svuotare la fossa biologica per cercare i possibili resti del feto. «Hai tirato lo sciacquone?», le hanno chiesto in tono accusatorio. «Non ho commesso nessun crimine. È stato un aborto spontaneo, una tragedia per me e sono stata trattata, su richiesta del procuratore, come spazzatura», ha riferito Ola.

Qualcosa potrebbe cambiare? Tra meno di un mese (il 15 ottobre), si terranno le elezioni parlamentari in Polonia. Il partito al Governo, Diritto e Giustizia (PiS), secondo i sondaggi, è sceso diversi punti sotto al 43,6% dei voti che raccolse nel 2019. Se vorrà formare un Governo e ottenere così il terzo mandato consecutivo, probabilmente dovrà cercare alleati: il più vicino potrebbe essere Confederazione Libertà e Indipendenza, un gruppo di partiti di destra con posizioni ancora più estreme, che i sondaggi danno intorno al 10%. I conservatori sfideranno la Coalizione Civica di Donald Tusk (guidata da Piattaforma Civica). Ma al momento la coalizione di Tusk, che sostiene la legalizzazione dell’aborto, non sembra superare il 30%.

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