Diritti

Iran: la polizia morale potrebbe aver aggredito un’altra ragazza

A poco più di un anno dalla morte di Mahsa Amini, una 16enne è in coma dopo aver perso i sensi in metropolitana a Teheran. Secondo gli attivisti di Hangaw è stata picchiata dalle autorità
Credit: Morteza Nikoubazl/NurPhoto
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
5 ottobre 2023 Aggiornato alle 07:00

Teheran, stazione della metropolitana di Shohada. I filmati delle telecamere di sicurezza mostrano una ragazza che viene aggredita da un gruppo di donne in hijab, che la trascinano fuori da un vagone. Poi rimane immobile, apparentemente priva di sensi. Secondo l’organizzazione curda per i diritti umani Hengaw, la vittima è Armita Garawand, 16 anni, presa di mira dalla polizia morale per aver rifiutato di indossare il velo islamico.

La ragazza sarebbe in coma da domenica 1° ottobre in seguito alla “grave aggressione fisica” subita in metropolitana, secondo Hengaw. Garawand, originaria di Kermanshah e residente a Teheran, avrebbe riportato gravi ferite e sarebbe stata trasportata in ospedale il giorno stesso. “Attualmente è sottoposta a severe misure di sicurezza presso l’ospedale dell’aeronautica militare ’Fajr’”, riporta l’organizzazione. Su Twitter sono circolate anche immagini che ritrarrebbero la ragazza ricoverata e paragonerebbero le sue condizioni a quelle di Mahsa Amini, la 22enne curda che, poco più di un anno fa, è morta 3 giorni dopo essere stata arrestata, mentre si trovava sotto la custodia delle autorità iraniane.

Da quando la notizia si è sparsa sui social, “tutti i media statali hanno sistematicamente negato l’aggressione fisica a questa giovane ragazza e i funzionari governativi hanno affermato che non c’è stato alcuno scontro fisico. Queste affermazioni si basano esclusivamente su un breve video ritagliato da un’angolazione esterna del treno”, spiega Hangaw.

Secondo il Guardian, i media statali avrebbero pubblicato il filmato modificato. Come accaduto con Mahsa Amini, che secondo le autorità e il rapporto medico ufficiale era morta per via di un infarto o di una malattia, anche stavolta i media statali hanno diffuso una versione alternativa: Armita Garawand sarebbe svenuta a causa di un abbassamento della pressione arteriosa, poi avrebbe sbattuto contro un lato del vagone del treno. Anche Masood Dorosti, amministratore delegato della metropolitana di Teheran, parlando all’agenzia di stampa statale IRNA, ha escluso “qualsiasi conflitto verbale o fisico” tra Garawand e “passeggeri o dirigenti della metropolitana”.

Per via della bassa qualità del video, non è chiaro che cosa sia accaduto all’interno del vagone, o se la ragazza indossasse l’hijab o qualche altro tipo di copricapo. Sul sito dell’agenzia di stampa ufficiale del Governo, Fars, è comparsa un’intervista ai genitori della ragazza, che negano si sia trattata di un’aggressione. «Abbiamo controllato tutti i video e ci è stato dimostrato che questo episodio è stato un incidente. Chiediamo alle persone di pregare per la guarigione di nostra figlia», ha detto il padre di Garawand, Bahman. Quella mattina «mia figlia stava prendendo la metropolitana con due sue amiche quando è svenuta improvvisamente. L’hanno portata fuori dal treno e, dopo aver chiamato i soccorsi, è stata portata in ospedale».

Tuttavia, secondo Hengaw, i genitori sarebbero sottoposti a un “intenso controllo di sicurezza per impedire qualsiasi forma di comunicazione con il pubblico”. In passato le autorità iraniane hanno pubblicato interviste forzate con membri della famiglia di persone condannate a morte, uccise o imprigionate: anche in questo caso, secondo gli attivisti, i 2 sarebbero stati costretti a parlare. E pare che, per ora, le visite alla ragazza non siano consentite nemmeno ai suoi familiari.

Una giornalista che si era recata nell’ospedale in cui è ricoverata la giovane per preparare un servizio a riguardo è stata arrestata e trattenuta dalle forze di sicurezza. Si tratta di Maryam Lotfi, del quotidiano Shargh, poi rilasciata poche ore dopo. Da allora la struttura è stata circondata dalla polizia. Le 2 giornaliste Niloofar Hamedi e Elaheh Mohammadi del riformista Ham Mihan, che avevano raccontato la storia di Mahsa Amini, intervistato i suoi genitori e assistito al suo funerale, sono in prigione da quasi un anno.

E così, un anno dopo la morte di Mahsa Amini la storia sembra ripetersi. Da allora, con una serie di nuove leggi, le autorità iraniane hanno cercato di rafforzare l’obbligo dell’hijab per le donne, gli agenti di sicurezza spesso pattugliano le stazioni ferroviarie di Teheran e il livello di censura statale è aumentato. La morte di Amini ha scatenato intense proteste a livello nazionale, guidate in gran parte da donne e studentesse, ma duramente represse dalle autorità iraniane. Adesso che cosa accadrà?

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