Culture

Chi dice e chi tace è un «libro per capire che si può cambiare vita»

Chiara Valerio, tra le scrittrici più eclettiche del panorama letterario italiano, racconta a La Svolta la sua nuova opera: un ritratto di donne in continuo mutamento
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8 maggio 2024 Aggiornato alle 18:00

Mercoledì 8 maggio 2024 alle ore 19.00, nell’ambito dell’undicesima edizione del Festival Lecite Visioni, al Teatro Filodrammatici di Milano, si terrà un incontro con Chiara Valerio che presenterà il suo romanzo Chi dice e chi tace in dialogo con la ricercatrice Carlotta Cossutta.

«Non penso mai a chi leggerà i miei libri, sono una lettrice troppo brada per pensare a cose di questo genere. Se, però, devo immaginarlo, vorrei che lo leggessero tutti quelli che non pensano che si possa cambiare vita da un momento all’altro, per capire che, anche se talvolta dolorosamente, si può», ha rivelato Chiara Valerio a La Svolta.

Pubblicato da Sellerio nella collana “La memoria”, candidato al Premio Strega 2024, Chi dice e chi tace è un libro diverso dai precedenti scritti dalla Valerio. Un po’ giallo, un po’ rosa, un po’ nero, si tratta di un’opera da sfogliare lentamente, per goderne momento per momento. Un testo dove ci sono più persone che parole, più parole che pensieri. In Chi dice e chi tace, Chiara Valerio racconta Scauri, il paese in cui è nata, nel periodo in cui ci ha vissuto. L’ultimo paese del Lazio da “una certa grazia scomposta”. “Un posto dove osserviamo gli altri lasciandoci osservare”, dove le vite sono fatte di vuoti e di pieni, di dicerie e di silenzi, di amori e di odi che non si possono separare. Un luogo che fa da sfondo all’avventura di una donna che capisce (o teme) di essersi innamorata di un’altra donna e che descrive questo amore affidandosi all’indagine.

Ma andiamo con ordine: in questa provincia insolita che conta 6000 residenti nei mesi invernali e 100000 in quelli estivi, negli anni ’70, si trasferiscono Mara e Vittoria. Un rapporto di adozione? Un rapimento? In un paese dove non esiste alcun senso della privacy, si dicono molte cose su di loro. Nella sua casa sempre aperta, nel suo sottrarsi al conflitto, nel suo rimanere sempre fedele a se stessa evitando cambiamenti (anche nel look), Vittoria Basile appare affabile, generosa, socievole e accogliente ma, al contempo, distante, diffidente ed evasiva. Un personaggio magnetico, elegante, bellissimo ma sfuggente di cui ognuno conosce un pezzetto di vita, di cui ognuno ha un’immagine diversa. Da brava seduttrice, infatti, Vittoria fa intendere a tutti di raccontare loro la verità quando, invece, tutto quello che si sa di lei è solo un poco molto particolareggiato. Una minima parte sbagliata. D’altronde, esiste solo un’unica verità? Quanto sappiamo davvero delle persone di cui siamo innamorate? L’amore fa vedere meglio ciò che si ama o fa vedere meno?

Negli anni ’90, a seguito di una stupida disgrazia, Vittoria viene ritrovata morta nella vasca da bagno, nonostante sia una nuotatrice eccezionale. E se il paese accetta e tace, l’avvocata Lea Russo, da sempre affascinata da Basile e sua intima amica, vuole capire. Attraverso un’indagine sulla sua vita, prima ancora che sulla sua morte, Lea scopre tutte le facce dei suoi angoli bui, il frastuono della memoria e la precarietà della sua conoscenza.

Vittoria era come il greco, aveva lasciato poche tracce e per raggiungere il significato, ammesso che ce ne fosse uno, bisognava procedere ricombinando gli elementi, consci che sarebbe sempre rimasto un margine per l’interpretazione o, nel peggiore dei casi, che nessuna delle combinazioni avrebbe avuto senso”.

Tramite la ricostruzione del passato della donna, Valerio rivela la diffusione del senso del ridicolo nella società di Scauri, dove tutti pensavano di conoscerla, di possederla. Nessun* c’era riuscit* veramente.

Questa indagine funzionale guida Lea lungo un percorso di scoperta di sé e dell’ambiente in cui vive. L’avvocata, infatti, comprende di aver seppellito Vittoria di attenzioni e aspettative da viva, così come da morta e che l’affetto da lei nutrito nei suoi confronti avrebbe potuto essere qualcosa di più, se solo non si fosse legata a suo marito, se non fosse rimasta in quel paese.

Valerio che odia la distinzione, l’alto e il basso (poiché alto e basso può essere solo il modo in cui si trattano le cose) mette in questo libro molteplici personaggi, Barbie che diventano astrofisiche, kintsugi (che non sempre migliorano le cose ma che, a volte, le storpiano), bar delle stazioni, fiori, foglie, piante, amori passionali e filiali, attrazioni, amicizie, complicità, lotte di classe, desideri e soprusi, cure e possessi, farmaci e veleni. E ancora, una prosa leggera e profonda, uno stile elegante e analitico, le risate e la tristezza, i punti di vista, gli errori e le verità. In questo romanzo emerge come ciascuno possa avere una propria verità da incastrare, fino a dove è possibile, con quella degli altri. E se tutti dicono la verità, sia chi dice che chi tace, la verità sulla morte di Vittoria Basile, per essere tale, deve contenerle tutte, anche quelle che si contraddicono.

Chiara Valerio, da eccellente matematica, in questo libro unisce tutto, ammettendo di aver voluto mischiare tante cose insieme e di averle scritte per capirle senza doversele spiegare, accettando, al contempo, che possano non essere capite. Forse perché, come diceva il suo professore di matematica, Albino Canfora Con la matematica impari a sapere cosa non puoi risolvere e non a chiederti sempre se si può risolvere”.

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