Futuro

Il labirinto della governance digitale

I Paesi sanno che internet ha bisogno di un sistema di governo internazionale; e vogliono le mani libere per fare i propri interessi. Punto di riferimento per uscirne: il bene comune. Dove elaborarne una visione?
Credit: George Kedenburg III
Tempo di lettura 4 min lettura
20 luglio 2023 Aggiornato alle 06:30

Chi compie un percorso tra universalismo e sovranismo si trova in un labirinto. Forse alcuni valori potrebbero essere condivisi da tutta l’umanità, ma se all’atto pratico sono espressi per impulso di una sola parte del genere umano, alla fine, appaiono come altrettante forme di potere. Questo non significa che non abbiano alcuna efficacia: per esempio, si osserva che il tema dei diritti umani va avanti e ha effetti culturali di lungo termine anche quando quei diritti sono dichiarati in contesti che non li rispettano e formalmente accettati anche da Stati che di fatto poi li osteggiano.

Un altro esempio è la questione della governance di internet e dell’intelligenza artificiale: un insieme di argomenti che sono contemporaneamente valoriali, economici e tecnologici. Da una parte, ogni sistema politico tenta di regolamentare internet in base ai suoi particolari principi legali e culturali. Dall’altra, internet è pensato come una rete globale, il cui valore sta proprio nel fatto che funziona nello stesso modo in tutto il mondo.

È evidente che messa così la questione genera conflitti insanabili. Cina e Russia vogliono strutturare internet in modo che non interferisca con i loro sistemi di potere. Gli Stati Uniti vogliono una rete che sia lo specchio della propria filosofia economica. E l’Europa pensa che anche la rete debba essere governata in modo da rispettare i diritti umani.

Il Global South, un aggregato eterogeneo di sistemi meno politicamente centrali, sembra di solito in grado di influire meno sulla governance del digitale. Alcune istituzioni internazionali intervengono su questo stato di cose, dall’Ocse al G7, dall’International Telecommunication Union all’Internet Governance Forum e l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers.

Per ora la rete ha funzionato soprattutto sulla base del suo fondamento tecnico: il protocollo che consente ai computer di comunicare. Ma le strutture sociali ed economiche che sono nate grazie alla rete sono diventate enormemente importanti e ovviamente non sono omogenee nel mondo. Impossibile pretendere che lo siano in assoluto. Ma questo non impedisce i tentativi di armonizzazione. L’Onu sembra intenzionata a intervenire. Che cosa può fare?

Le proposte non mancano. Dalla costruzione di una nuova organizzazione delle Nazioni Unite per la governance globale del digitale alla frammentazione degli interventi in chiave pragmatica per non suscitare dibattiti insolubili e arrivare a soluzioni operativamente accettabili, ma che diano più voce alle organizzazioni politiche che ne hanno meno come, appunto, il Global South. Che a sua volta è disomogeneo, perché è composto da Paesi meno influenti, purtroppo, come molti Stati africani, ma anche da giganti come India e Brasile.

Per uscire dall’impasse si può forse partire da un’assunzione: il digitale ha fatto nascere nuovi poteri e accelerato la distanza tra i Paesi sviluppati e gli altri, ma resta un’opportunità di sviluppo per tutti. La soluzione strategica è: i poteri non si possono ovviamente annullare, ma si possono limitare.

Si può pensare che l’Onu riesca a lavorare innanzitutto come autorità culturale e come grande istituzione che favorisca la limitazione delle grandi concentrazioni di potere. Per farlo, le Nazioni Unite conoscono la strada: scrivere un’agenda, dare una direzione umanamente accettabile allo sviluppo, creare condizioni di discussione che possano condurre poi tutti i sistemi a prendere decisioni convergenti.

Che cosa succederà, nei fatti? Un esempio istruttivo, che da una parte non ha raggiunto successi decisivi ma, dall’altra, ha comunque avviato processi importanti, è la governance dell’emergenza climatica. Il mondo non poteva evidentemente fare di meglio: il che non è abbastanza, ma non è neppure il nulla.

Nel digitale si assisterà probabilmente a qualcosa di simile: gli interessi in gioco sono altrettanto giganteschi, le disparità di vedute (ideologiche e pratiche) sono altrettanto grandi, gli obiettivi sono altrettanto controversi, ma alcuni problemi sono comuni. Attorno a queste questioni, che sono di tutti e di ciascuno, l’umanità si gioca il suo destino. Non è probabilmente richiesta una rivoluzione: ma di certo è necessaria un’accelerata evoluzione.

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