Diritti

Onu: da 10 anni la disuguaglianza di genere non diminuisce

Secondo il nuovo report delle Nazioni Unite, che analizza i dati del Gender Social Norms Index, è improbabile che l’obiettivo dell’Agenda 2030 sulla parità di genere venga raggiunto entro fine decennio
Credit: Cottonbro studio
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14 giugno 2023 Aggiornato alle 14:00

L’Onu ha pubblicato un nuovo report secondo cui la disuguaglianza di genere è rimasta stagnante nel mondo nell’ultimo decennio. Secondo gli autori, dal momento che i pregiudizi e le discriminazioni continuano a ostacolare l’emancipazione delle donne, è improbabile che l’obiettivo delle Nazioni Unite sulla parità di genere venga raggiunto entro il 2030.

L’obiettivo numero 5 dell’Agenda Onu 2030 mira a ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze (compresa l’abolizione dei matrimoni forzati e precoci) e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione sociale. Nonostante un’ondata di gruppi per i diritti delle donne e movimenti sociali come Time’s Up e MeToo negli Stati Uniti, norme sociali distorte e una crisi dello sviluppo umano aggravata dalla pandemia da Covid-19 hanno bloccato i progressi sulla disuguaglianza negli ultimi 10 anni.

Il report che spiega questo andamento analizza i risultati del Gender Social Norms Index, un indice che rileva come le convinzioni sociali ostacolano l’uguaglianza di genere in molteplici dimensioni: politica, educativa, economica e fisica. L’indice è costruito sulla base delle risposte a 7 domande del World Values ​​Survey, utilizzate per creare 7 indicatori. I dati provengono da 80 Paesi che coprono l’85% della popolazione globale.

I risultati, poco diversi dal 2010, mostrano che nel mondo 9 uomini e donne su 10 hanno ancora pregiudizi fondamentali sulle donne. Tra questi, quasi la metà della popolazione mondiale pensa che gli uomini siano leader politici migliori, mentre il 43% pensa che gli uomini siano dirigenti d’azienda più capaci. Ben il 25% delle persone ritiene inoltre giustificabile il fatto che un uomo picchi la moglie.

Secondo il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), la stagnazione in tema di stereotipi si riflette anche nella grave sottorappresentazione delle donne nella leadership.

In media, dal 1995 la quota di capi di stato o di governo donne è rimasta intorno al 10% e nel mercato del lavoro le donne continuano a occupare meno di un terzo delle posizioni dirigenziali. Ma esiste anche un “legame interrotto” tra i progressi delle donne nell’istruzione e la loro emancipazione economica.

Le donne hanno raggiunto livelli di istruzione e qualifica senza precedenti, e in almeno 59 Paesi sono più istruite degli uomini, eppure il divario medio di reddito tra i sessi rimane del 39% in più sbilanciato a favore degli uomini.

«Un punto di partenza importante è riconoscere il valore economico del lavoro di cura non retribuito. Questo può essere un modo molto efficace per sfidare le norme di genere su come viene visto il lavoro di cura. Nei Paesi con i più alti livelli di pregiudizi di genere nei confronti delle donne, si stima che le donne trascorrano oltre 6 volte più tempo degli uomini in lavori di cura non retribuiti», ha detto Raquel Lagunas, direttore del Gender Team dell’Undp.

La maggiore diffusione dei pregiudizi registrati dall’indice globale è presente in Africa e Asia, soprattutto nel caso di Egitto, Libia, Nigeria, Bangladesh, India, Pakistan, Tajikistan, Indonesia e Malesia, dove la percentuale sfiora il 100%.

In Italia la percentuale raggiunge il 61,58% e le discriminazioni di genere riguardano in particolare integrità fisica e condizione economica delle donne. Per il 45,5% della popolazione italiana, cioè, gli uomini sarebbero autorizzati a esercitare violenza domestica nei confronti delle proprie compagne, mentre l’accesso delle donne ad alcuni diritti riproduttivi, tra cui il diritto all’aborto, dovrebbe essere limitato. Quasi il 30% poi ritiene che gli uomini abbiano più diritto a certi lavori rispetto alle loro colleghe.

Nuova Zelanda, Svezia e Regno Unito riportano percentuali di discriminazione minori comprese tra il 29 e il 27% e, anche se i grafici restano poco incoraggianti, in 27 dei 38 Paesi esaminati l’Undp segnala un aumento del numero di persone che non hanno espresso convinzioni discriminatorie nei riguardi delle donne.

Per gli autori devono essere i governi a impegnarsi di più per smantellare un sistema di stereotipi che è di ostacolo allo sviluppo e al benessere di tutta la società, a partire dalla promozione di leggi e misure che favoriscano l’uguaglianza delle donne nella partecipazione politica.

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