Ambiente

Le piogge anomale (e la neve) aiutano l’industria idroelettrica italiana

Nei primi mesi 2024 l’andamento della produzione di energia nelle centrali ha superato del 30% la media storica degli ultimi dieci anni, pari a 2,74 TWh di energia idroelettrica prodotta
Credit: ANSA/ANGELO CARCONI  

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7 maggio 2024 Aggiornato alle 10:00

L’abbondanza di piogge e nevicate che hanno tempestato il Paese nelle ultime settimane potrebbe rappresentare una risorsa fondamentale per la transizione energetica.

Non solo eventi climatici anomali e dirette conseguenze del cambiamento climatico, con precipitazioni da decine di millimetri e mezzo metro di neve in alta quota tra marzo e aprile su tutto l’arco alpino. Ma soprattutto una fonte di approvvigionamento fondamentale per la ricarica delle falde e delle dighe idroelettriche montane.

Fino a due anni fa si registravano i livelli più bassi di piovosità dal 1961, pari a -22% di precipitazioni e picchi di anomalia termica di +3,09 °C registrati a giugno e nei mesi di luglio, estendendosi anche a ottobre e dicembre.

Non a caso la forte siccità ha pesantemente compromesso le performance dell’idroelettrico nel 2022, in cui la produzione è crollata addirittura del 35% arrivando appena a 29,7 Terawattora. Il dato peggiore degli ultimi dieci anni.

Eppure, la situazione sembra essere stata brillantemente superata già solo negli ultimi due mesi del 2024, sulla carta primaverili ma ancora influenzati da condizioni meteorologiche sostanzialmente invernali. Tanto che le precipitazioni registrate nelle settimane passate sulle Alpi hanno consentito “il raggiungimento di valori del manto nevoso per il periodo”, secondo l’Autorità del Bacino Distrettuale del Fiume Po, secondo cui la disponibilità idrica risulta essere superiore rispetto ai valori registrati tipicamente in questi mesi.

Il 2024 potrebbe infatti rappresentare un vero anno d’oro per l’idroelettrico italiano.

Le forti precipitazioni hanno aumentato il flusso dei fiumi, e di conseguenza anche la quantità di acqua all’interno dei bacini idrici usati dalle centrali per la produzione di energia. Ecco perché in questi primi mesi dell’anno l’andamento della produzione ha superato del 30% la media storica degli ultimi dieci anni, pari a 2,74 TWh di energia idroelettrica prodotta. Un dato significativo, che permette di guardare al futuro con un certo ottimismo, stimando che la produzione di energia idroelettrica dell’intero 2024 possa superare del 10% i livelli del decennio fino a oltrepassare i 3 TWh.

I dati di febbraio raccolti da Terna registrano ben 4.860 impianti di produzione di energia idroelettrica in Italia, principalmente concentrati lungo l’arco alpino. Con una netta maggioranza in Piemonte (che ne conta 1.092), Trentino- Alto Adige (891) e Lombardia (749), la quale svetta fra le zone che hanno beneficiato di più delle abbondanti piogge e nevicate grazie ai suoi 5.694 Megawatt di energia prodotta. Complessivamente - a livello nazionale - si è registrato un incremento di capacità generativa dell’83%, e non è escluso che possa aumentare ancora di più.

Scendendo più nel dettaglio delle singole realtà dell’idroelettrico, la Compagnia Valdostana delle Acque (Cva), società attiva nel settore delle rinnovabili, in soli 4 mesi è riuscita a incrementare fino al 100% in più (rispetto al 2023) i suoi livelli produttivi nei 32 impianti che gestisce in Valle D’Aosta. Dati che velocizzano il raggiungimento degli obiettivi della sua strategia di crescita industriale fino al 2027, oltre che impattare positivamente sulle bollette degli utenti.

Già a metà aprile infatti la società ha lanciato due nuove proposte tariffarie per il mercato regionale, introducendo un’offerta a prezzo variabile con uno sconto di 80 euro all’anno per le prime case.

Discorso analogo per la bresciana A2A, su cui le precipitazioni nevose invernali e primaverili hanno influito positivamente, permettendo ai suoi impianti in Lombardia, Friuli Venezia-Giulia e Calabria di generare il 50% in più di energia nei soli 3 mesi del 2024. Un discreto vantaggio per la provincia di Brescia, che con un fabbisogno annuale di 13 miliardi di KWh svetta fra le più energivore d’Italia. Stesso incremento registrato da Enel, che controlla circa 500 siti pari a 16 Gigawattora di capacità installata.

Una maggiore produzione di energia idroelettrica comporta vantaggi non solo alle aziende attive nel settore, che potranno generare più utili del previsto, ma anche alla collettività. Sfruttando una fonte rinnovabile e disponibile in natura, i costi associati alla produzione di energia idroelettrica sono in genere più bassi rispetto ad altre fonti non rinnovabili. Di conseguenza, un aumento di produzione idroelettrica comporta una riduzione ancora più forte dei costi complessivi di produzione.

L’abbondanza di precipitazioni potrebbe quindi determinare un impatto positivo sui prezzi dell’energia, in quanto la maggiore disponibilità di energia ridurrebbe di molto la domanda di altre fonti più costose. Portando gli utenti a beneficiare di tariffe molto più vantaggiose. Lo si evince chiaramente se confrontiamo le bollette dell’energia elettrica relativi a febbraio, dove il Pun (Prezzo unico nazionale) si aggirava intorno agli 88 euro per MWh, con quelle registrate ad aprile, in cui il costo medio mensile è sceso a 76,41 euro per MWh, con riduzioni maggiori proprio durante il giorno, momento in cui gli impianti fotovoltaici sono a pieno regime.

Senza contare poi che i bacini costantemente pieni delle centrali garantiscono maggiore affidabilità e stabilità all’efficacia dell’industria idroelettrica, affidandogli dunque un ruolo di primo piano all’interno della diversificazione delle fonti energetiche all’interno del Paese. L’auspicio è che aumento dell’offerta e prezzi in calo possano incentivare maggiori investimenti e politiche di sostegno a questo settore, accelerando il processo di transizione verso un’economia maggiormente sostenibile.

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