Diritti

Il Cile torna a destra

Gli ultra conservatori portano a casa la vittoria alle elezioni che decidevano la composizione dell’assemblea chiamata a cambiare la Costituzione, che invece resterà molto simile a quella redatta da Pinochet
Chilean people elect members of the Constitutional Council
Chilean people elect members of the Constitutional Council Credit: EPA/ADRIANA THOMASA
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21 maggio 2023 Aggiornato alle 11:00

L’estrema destra torna protagonista in Cile e lo fa con una vittoria elettorale schiacciante.

Lo scorso 7 maggio il Paese sudamericano si è recato alle urne per eleggere i 50 membri del Consiglio costituzionale, un organismo che dovrà redigere una nuova Costituzione.

Il Partito repubblicano, il cui leader José Antonio Kast sostiene senza imbarazzo di essere un ammiratore di Pinochet e dei suoi metodi di governo, ha riportato la destra a una vittoria netta.

I repubblicani da soli hanno infatti ottenuto il 35,4% delle preferenze e i loro voti, uniti a quelli della coalizione di centro-destra Chile Seguro che ha fatto registrare un 21,1%, hanno portato il blocco ultra conservatore a ben oltre il 50% dei seggi: 33 su 50 (22 del partito di Kast e 11 di Chile Seguro).

Oltre a far tornare in testa la destra estrema, quella, come già detto, con nostalgie marcatamente pinochetiane, il risultato elettorale di domenica 7 maggio segna una sonora batosta della sinistra, il cui percorso vincente sembrava inarrestabile solo meno di quattro anni fa, quando le proteste popolari portarono in piazza milioni di persone in tutto il Paese e condussero il giovane progressista Gabriel Boric alla presidenza nel marzo del 2022 (dopo aver vinto il ballottaggio nel dicembre).

La sconfitta è pesante anche perché arriva dopo una prima clamorosa bocciatura elettorale per Boric, avvenuta lo scorso settembre quando la popolazione era stata chiamata alle urne per un referendum sul cambiamento della costituzione. Il risultato lo si pensava inizialmente scontato: si trattava di riformare una carta scritta col sangue dalla giunta golpista di Pinochet nel 1980 e di inserire una serie di articoli che avrebbero risolutivamente condotto il Cile verso una democrazia compiuta, attenta all’ambiente, ai diritti e alle minoranze etniche (i popoli indigeni rappresentano il 13% della popolazione, ndr).

Ma, anche complice una certa frettolosità del governo di centro-sinistra, salito al potere solo qualche mese prima e incapace di cercare compromessi con la controparte di destra e di convincere gli scettici del cambiamento definitivo, il 5 settembre del 2022 il referendum fu bocciato. Il 62% dei cittadini andati al voto in quell’occasione, circa 7 milioni, disse ‘No’ e solo il 38% si mostrò favorevole.

Luis Silva, il consigliere risultato primo nelle preferenze nelle fila del Partito Repubblicano ha tenuto ad assicurare che la sua formazione non ha intenzione di «boicottare il processo costituente» ma ha poi aggiunto «non rinunceremo, però, ai nostri principi, apporteremo moderazione a un processo che non abbiamo mai voluto». In altre parole ha reso chiaro che con questa maggioranza schiacciante nell’assemblea, la Costituzione resterà tale e quale a quella redatta da Pinochet e che se ci saranno dei cambiamenti non andranno certo nella direzione voluta dalla sinistra.

Per Boric, il leader 37enne acclamato dalle folle di tutto il Sudamerica come campione della sinistra solo poco più di un anno fa, il giovanissimo presidente che infiammò i progressisti di tutto il mondo per la sua forza di cambiamento, per la scelta politico-simbolica di affidare alla nipote di Salvator Allende il ministero della difesa, è un uno-due durissimo. Il suo partito il 7 maggio scorso ha ottenuto il 28,4% delle preferenze e 17 seggi che non sono neanche sufficienti ad avere il potere di veto. Todo por Chile, l’ex raggruppamento di centrosinistra di Michelle Bachelet invece, esce dalla partita con zero seggi.

L’esito di questo voto, però, lascia molti dubbi sul modo in cui è stato raggiunto. Le urne del 7 maggio, infatti, erano obbligatorie e si sono recati ai seggi 12,5 dei 15 milioni di elettori attivi, 600.000 in meno del Referendum di settembre. A questo fattore significativo ma non decisivo, ne va aggiunto un altro che risulta determinante: le schede nulle e quelle bianche hanno superato i 2 milioni e mezzo (oltre il 20 % circa del totale), un numero enorme specie se si considera che a settembre le nulle si erano fermate a 200.000 (questa volta 2 milioni) e le bianche a 77.000 (questa volta 565.000).

La popolazione del Cile, quindi, esce da questa tornata elettorale confusa, probabilmente impaurita dal cambiamento che un governo così innovativo e propulsivo come quello di Boric proponeva. La parte nettamente di destra dell’elettorato ha confermato la sua visione politica, ma c’è una zona grigia, molto ampia, di elettori che arrivati alle urne, non hanno propeso per il cambiamento ma non se la sono neanche sentita di votare per gli amici di Pinochet.

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