Diritti

Cile: la nuova Costituzione non ce l’ha fatta

È stata bocciata ieri l’alternativa al testo del 1980: promozione di scienza, tutela ambientale e miglioramenti nel sistema educativo non sono bastati a convincere i cileni. Ne avevamo parlato qualche settimana fa
Santiago durante le proteste del 2019
Santiago durante le proteste del 2019 Credit: Alan Veas/ unsplash
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
5 settembre 2022 Aggiornato alle 17:00

Il referendum che avrebbe potuto dare un nuovo volto al Cile ha avuto dei risultati sorprendenti: più del 60% della popolazione ha respinto la nuova Costituzione che voleva sostituire quella redatta nell’era Pinochet.

Il britannico Guardian spiega che il presidente del Paese, Gabriel Boric, 36 anni, ha già convocato una riunione dei leader del partito al palazzo presidenziale: «Mi impegno a mettere tutta la mia dedizione nella costruzione di un nuovo itinerario costituzionale insieme al Congresso e alla società civile», ha detto dopo il verdetto.

Nel 2020 un primo plebiscito aveva mostrato come quasi l’80% degli elettori fosse convinto di volere una nuova Costituzione. Eppure, due anni dopo, sembra che il popolo abbia espresso la propria insoddisfazione per il prodotto finale. Molti, come spiega il quotidiano, hanno criticato le garanzie del documento per gli indigeni, aspetto che secondo loro avrebbero diviso il Cile. Altri hanno avvertito che il rimodellamento del sistema politico non era necessario e sperimentale.

Durante l’estate il testo aveva ricevuto un numero impressionante di download, rischiando di diventare uno dei più letti degli ultimi tempi: la bozza della nuova Costituzione del Paese, finalizzata il 4 luglio, aspettava solo il voto popolare, che però l’ha affossata.

Il testo, consultabile online, piaceva molto ai ricercatori: promuoveva la scienza, puntava a espandere la protezione ambientale e migliorare il sistema educativo della nazione. Lo ha spiegato un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature, che ha confrontato il nuovo approccio con la Costituzione emanata più di quarant’anni fa sotto la dittatura militare di Augusto Pinochet, documento che aveva ben pochi riferimenti a questi temi.

Lo ha dimostrato anche una ricerca pubblicata nel 2021 dal sociologo Santiago José Otiz Carmona, condotta per conto della Segreteria esecutiva del Consiglio nazionale per la scienza, la tecnologia, la conoscenza e l’innovazione per lo sviluppo: lo studio ha confrontato 193 Costituzioni per analizzare il modo in cui affrontano i temi della scienza, della tecnologia, dell’innovazione e dell’imprenditorialità scientifica e tecnologica. “L’obiettivo è che i suoi contenuti (della ricerca, ndr) siano un valido contributo prima della discussione della Convenzione costituente che costruirà il nuovo testo costituzionale cileno”, spiegava l’introduzione.

Nel 2019 molti cileni hanno protestato per le disuguaglianze sociali ed economiche derivanti dalle politiche di Pinochet, chiedendo una riforma politica e una nuova Costituzione. Nel 2020 la nazione ha votato per sostituire il documento e un’assemblea democraticamente eletta è stata incaricata di redigerla. Era formata da scienziati, insegnanti, studenti e rappresentanti delle comunità indigene: il testo finale rappresentava la prima Costituzione nella storia del Cile non scritta da membri di un’élite politica, economica o militare.

L’aspetto più importante era quello relativo alla scienza: la bozza, come la precedente Costituzione, spingeva a “stimolare” questo settore, dove negli ultimi dieci anni ha investito meno dello 0,4% del Pil, ma insisteva anche sul fatto che le conquiste scientifiche debbano essere a servizio dei cileni, per migliorare la loro esistenza.

La ricerca, in questo senso, andava decentrata: «Le università più grandi si trovano tutte nella capitale Santiago - ha spiegato a Nature Ximena Báez, presidente dell’Associazione nazionale dei ricercatori post-laurea del Paese - quindi sono quelle che ricevono la percentuale più alta di risorse». Ma la scienza avrebbe dovuto svilupparsi in tutto il Cile, dove avrebbe dovuto essere garantita la libertà di ricerca: questo avrebbe potuto prevenire pressioni da parte dei poteri economici o politici del Paese.

Anche l’istruzione, ora diseguale e inefficiente, viste le numerose politiche a sostegno dell’educazione privatizzata dagli anni ‘80, avrebbe potuto subire uno scossone: la nuova Costituzione avrebbe voluto renderla universale, inclusiva e gratuita per tutti.

Non mancava il capitolo ambientale, anzi: molti l’hanno definita una “Costituzione ecologica” perché sosteneva che lo Stato dovesse prevenire e adattarsi ai rischi delle crisi del clima e della biodiversità, nonché mitigarne gli effetti. Anche la natura ha i suoi diritti, diceva il documento, e può essere protetta dalla legge: prima che venisse bocciato, secondo il relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e l’ambienteDavid Boyd, il testo avrebbe dato il via a molte cause legali e il governo cileno avrebbe dovuto mantenere la sua posizione per combattere gli interessi delle grandi industrie deluse dalle disposizioni ecologiche.

E, per la prima volta nella sua storia, la Costituzione voleva proteggere i diritti dei popoli indigeni del Cile, che compongono circa il 13% della popolazione del Paese. La ricerca, sosteneva il testo, avrebbe dovuto essere fatta in modo “etico” e il progresso scientifico rimanere “lontano dalla discriminazione”, cosa che avrebbe potuto renderla anche più partecipativa.

Nonostante fosse un documento realizzato collettivamente e vicino a queste tematiche, però, non incontrava il favore di tutti. Gli stessi ricercatori temevano che, se fosse passata questa bozza, il governo avrebbe favorito e finanziato l’istruzione a discapito del proprio settore, e gli imprenditori avrebbero spostato i loro investimenti fuori dal Cile. Altrettanti scienziati, però, erano dell’idea opposta: la nuova Costituzione, che prometteva di proteggere l’ambiente e fare della scienza un pilastro della società, avrebbe portato il Paese in una nuova era.

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