Ambiente

Inquinamento: un Pfas è per sempre

L’inchiesta del progetto Forever Pollution mostra come le sostanze perfluoroalchiliche, nocive e che non si degradano nell’ambiente, siano ormai presenti in oltre 17.000 siti in tutta Europa
Credit: Resource Database
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23 febbraio 2023 Aggiornato alle 14:00

Probabilmente nel tuo armadio c’è almeno un capo che li contiene. Oppure in cucina, o ancora in bagno. Sono ovunque: nei tappeti, nel fili interdentali, nei vestiti impermeabili, nelle padelle, batterie di veicoli elettrici, vernici, in alcune creme per la pelle, negli involucri per le patatine, nelle protesi, persino nelle corde di chitarra. E sono finiti ovunque: nelle acque e nei terreni di tutta Europa.

Sono i Pfas, PerFluorinated Alkylated Substances - sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, composti chimici che durano “per sempre”, praticamente indistruttibili. Nel mondo ne esistono quasi 10.000 e oggi, circa 80 anni dopo l’inizio del loro utilizzo, il conto che paghiamo è altissimo.

Se in certe zone d’Italia (come in Veneto con il caso Miteni) la questione dell’inquinamento da Pfas è ben nota, ora la nuova inchiesta di diverse testate europee riunite nel progetto Forever Pollution mostra, attraverso mappe e dettagli, l’estrema e pericolosissima diffusione di queste sostanze in tutto il Vecchio Continente.

Non è un caso che Bruxelles stia tentando di inasprire i divieti a partire dal 2026. Per comprendere l’impatto di questi prodotti bisogna tornare a fine anni ‘40 inizio anni ‘50, quando fu sviluppato l’uso dei Pfas per realizzare, in particolare, trattamenti antiaderenti, antimacchia o impermeabili per rivestire una serie di utensili o tessuti quotidiani.

Da allora, sempre più utilizzati in ambito industriale, questi composti oggi soprannominati forever chemicals sono finiti nelle acque reflue, nel suolo e in natura, contribuendo a gravi danni per la salute delle persone e dell’ambiente. Nello specifico, 2 Pfas sembrano aver impattato maggiormente: il Pfoa (acido perfluoroottanoico) è stato collegato a cancro ai reni e testicoli, malattie della tiroide, colite ulcerosa, colesterolo alto e ipertensione indotta dalla gravidanza; il Pfos (perfluoroottansolfonato) è spesso associato a sterilità e malattie della riproduzione, dello sviluppo, del fegato, di reni e tiroide.

Dopo mesi di inchieste, si è concluso il progetto di mappatura che mostra come queste sostanze siano presenti in 17.000 siti in tutta Europa e, probabilmente, in altri 21.000 luoghi, contaminati a differenti livelli. Le redazioni di The Guardian, Watershed Investigations (Gran Bretagna), Le Monde (Francia), Ndr, Wdr, Süddeutsche Zeitung (Germania), Radar Magazine e Le Scienze (Italia), The Investigative Desk e Nrc (Paesi Bassi), Journalismfund.eu e Investigative Journalism for Europe, hanno svolto insieme una indagine che mostra come la contaminazione in tutta Europa sia ormai inarrestabile. Nel frattempo, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche Echa ha pubblicato una proposta di divieto di tutti i Pfas.

Per realizzare l’inchiesta sono stati raccolti oltre 100 set di dati ed è stata realizzata una mappa unica che mostra la contaminazione, in cui spiccano zone del Belgio, Olanda, Regno Unito, Germania e Italia, soprattutto il Veneto, l’area Nord-Ovest e le regioni tirreniche. Inoltre, il progetto rivela che ci sono almeno 20 impianti di produzione industriale e migliaia di siti in Europa che possono essere considerati hotspot Pfas, luoghi in cui la contaminazione raggiunge livelli pericolosi per la salute delle persone.

Una volta che i forever chemicals entrano nelle acque e nei suoli, sbarazzarsene è difficilissimo: le operazioni di bonifica possono costare anche decine di miliardi di euro. Ecco perché l’inchiesta chiede all’Europa di lavorare nella direzione di non produrre più questo tipo di sostanze, che non si degradano in ambiente. È stato inoltre stimato che ogni anno i Pfas gravano sui sistemi sanitari europei tra i 52 e gli 84 miliardi di euro.

Allo stesso tempo, l’inchiesta rivela come sia in corso un ampio processo di lobbying e di pressioni per evitare l’imminente divieto dell’Europa, dal momento che queste sostanze sono alla base di tantissimi processi industriali. Analizzando una lunga serie di documenti, i giornalisti dietro il Forever Pollution Project evidenziano anche come alcune aziende stiano cercando di esentare i loro prodotti dal divieto.

«I livelli di concentrazioni sono preoccupanti - ha affermato il professor Crispin Halsall, chimico ambientale presso la Lancaster University, commentando l’inchiesta - e c’è il rischio che il bestiame abbia accesso alle acque contaminate e che poi il tutto finisca nella catena alimentare umana». Ci sono dunque seri rischi per i cittadini «che accedono alla fauna selvatica come fonti di cibo come la pesca e gli uccelli selvatici».

Inoltre, aggiunge il professor Ian Cousins, scienziato ambientale della Stockholm University, i siti con valori superiori a 1.000 ng/kg dovrebbero essere «valutati urgentemente» in modo che possano essere bonificati. Come spiega Cousins, è bene infatti ricordare che l’inquinamento da Pfas è «simile all’inquinamento da plastica in quanto queste sostanze chimiche non sono degradabili, ma nel caso di Pfas è invisibile. Li rilasciamo continuamente, quindi i livelli nell’ambiente continueranno ad aumentare ed è solo una questione di tempo prima che i livelli di queste sostanze nell’ambiente o nei nostri corpi superino la soglia in cui ci sarà un effetto sulla salute umana».

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