Ambiente

Contro l’abusivismo e il consumo di suolo

Dopo ogni tragedia, ci si straccia le vesti e si promettono manovre risolutive. Balle. Si dovrebbe studiare un piano di adattamento al clima, e uno dedicato alla biodiversità
Credit: ANSA/CIRO FUSCO
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2 dicembre 2022 Aggiornato alle 06:30

Come da tradizione italiana si parla di un’emergenza ambientale e sociale solo dopo una tragedia. Questa volta si è reso necessario il disastro di Ischia, con i suoi morti e feriti, per riprendere in mano il tema chiave del consumo di suolo e gestione del territorio.

Questione ancor più centrale alle porte della Cop sulla biodiversità, il negoziato Onu sulla natura che si aprirà la prossima settimana a Montréal, che offrirà un’indirizzo di governance dei nostri territori e del rapporto con la natura.

L’Italia è un Paese fortemente antropizzato, dove i territori sono malgestiti, vessati da abusivismo e incuria, esposti ai rischi climatici e poco tutelati per preservare la biodiversità che non consiste nel proteggere qualche buffa specie di animale, ma garantire servizi fondamentali per i cittadini e le cittadine, come acqua, nutrienti, sicurezza. Tuteliamo il paesaggio, ma non sappiamo darci priorità su geografia e sviluppo territoriale.

Secondo l’ultimo report Ispra del 2022, solo per il consumo di suolo l’Italia perde 2,2 metri quadrati ogni secondo. Cementificazione, abusi edilizi, infrastrutture spesso obsolete, inutili o sorpassate (come la BreBeMI), mancata tutela della forestazione (quando non si tutela la biodiversità forestale le frane diventano più comuni), difficoltà nella demolizione del patrimonio edile inutilizzato e irrecuperabile, incapacità di creare una filiera della riqualificazione degli immobili. La lista dei peccati e lunga e non bastano di certo 10 avemaria per essere assolti.

I dati del Report annuale sul consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici di Ispra offre uno spaccato gravissimo della situazione italiana. Continuiamo a perdere aree agricole, riducendo così 4 milioni e 150.000 quintali di prodotti agricoli disponibili alla faccia della sovranità alimentare.

Disperdiamo 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde idriche. Eppure è chiaro che l’estate 2022 è destinata a riproporsi.

Infine la cattiva gestione del suolo ha un impatto negativo sullo stoccaggio del carbonio di queste aree (oltre 3 milioni di tonnellate), alimentando così il cambiamento climatico che è poi alla base dei danni e perdite crescenti che il nostro Paese si troverà a dover affrontare. Senza una gestione territoriale sana sono solo danni e costi. Senza le fondamenta il Paese non può prosperare.

Tutti si stracciano le vesti, promettono manovre importanti, si prendono e si imputano responsabilità. Eppure non è il momento di mandare in galera sindaci ma pretendere un nuovo quadro legislativo su suolo (fermo nel cassetto dal 2017) e natura (mai visto uno serio) e un piano di azione del governo che metta insieme un piano di adattamento clima (fermo nel cassetto dal 2015) , un piano sulla biodiversità (deve essere finalizzata la strategia). Tutti interventi che se affrontati con coraggio potrebbero fungere da importante leva economica, ma che con la solita pavidità di toccare interessi particolari comune a quasi tutti i partiti procedono lentamente o finiscono impanati nelle procedure legislative.

Dato che il 5 dicembre è la Giornata mondiale del suolo si potrebbe partire proprio dal disegno legge fermo al quasi 6 anni fa. Una nazione ricca e sviluppata come l’Italia richiede una legge nazionale ambiziosa e bipartisan, non condoni (27.000 nella sola Ischia) per case vacanza e furbetti vari a cui oggi non dovrebbe spettare alcun rimorso. L’abusivismo e l’eccessivo consumo di suolo devono diventare un reato penale.

«La natura sta urlando l’urgenza di mettere in sicurezza il territorio, la natura urla questa urgenza. Dobbiamo intervenire subito mettendo a disposizione risorse e semplificando le procedure, l’assetto idrogeologico è fondamentale, il contrasto al cambiamento climatico è fondamentale e la legge sul consumo di suolo è necessaria», dice bene il presidente dell’Anci, Antonio Decaro. Varie voci si sono subito levate: Conte, Salvini, Orlando, nonostante i propri partiti sono stati al governo e in parlamento fino a pochi mesi fa senza muovere però nulla.

Ora si passi ai fatti. Servono norme per semplificare le procedure di demolizione e tolleranza zero contro l’abusivismo, servono strategie di costruzioni nuove, serve tutelare il suolo agricolo e strette sulle seconde case. Ma se dal punto di vista normativo la legge suolo è praticamente pronta il tema sarà l’attuazione.

Per i sindaci l’incubo sono le procedure legali, le azioni di demolizione (chi le paga), l’implementazione di politiche che riducono i flussi di cassa. Servirebbe forse riconsiderare l’agenzia Italia Sicura, chiusa nel 2018 dal governo Lega-M5S, dato che il Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica non sembra essere in grado di gestire un dossier così complesso (dato che dovrebbe gestire già il dossier decarbonizzazione, biodiversità, acqua, ecc).

Servirebbe un inquadramento forse più amplio. Una commissione che metta a sistema i vari piani di sviluppo territoriale, di adattamento, biodiversità e lavori su un pacchetto di riforme che si sostanzi proprio a partire dalla Legge Suolo.

Questo pacchetto di riforme dovrebbe rientrare nel grande quadro dell’adattamento climatico e resilienza in modo che i piani possano usufruire dei meccanismi di finanziamento della finanza climatica, attraverso nuovi strumenti, come climate adaptation bond, fondi europei per clima, strumenti di finanziamento agevolato, delle banche di sviluppo oppure una tassa sui grandi patrimoni per mitigazione e adattamento per il clima.

Soluzioni interessanti, specie per le tasche affaticate del nostro Paese, che però non vedono le competenze necessarie nei centri di decisione, da Banca d’Italia a Cassa Depositi fino al Mef.

Serve, ironicamente, preparare il terreno finanziario per rendere sicuro e resiliente il territorio nazionale, con visione sistemica e innovativa, anticipando una trasformazione inevitabile e inesorabile. Così potrebbe fare un Paese moderno e progressista.

Ma ahimè il dibattito è la fermo sulle trote sotto il ponte da demolire e sulla “paura” del vuoto a rendere. Servirà un’altra tragedia?

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