Ambiente

Moda: per 8 italiani su 10 può combattere la crisi climatica

Secondo il Pulsee Luce e Gas Index, i migliori amici dello shopping sostenibile sono il second hand e l’acquisto consapevole. Ma per il 34,9% degli intervistati, il costo dei capi “eco” è un problema
Credit: Cottonbro studio/p
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1 febbraio 2023 Aggiornato alle 14:00

La lotta alla crisi climatica passa anche dalla moda. È così per 8 italiani su 10, secondo il nuovo rapporto dell’osservatorio sulle abitudini dei consumatori Pulsee Luce e Gas Index, realizzato dal brand digitale e green di luce e gas di Axpo Italia in collaborazione con la società di ricerche di mercato NielsenIQ. I principali alleati della sostenibilità nello shopping sono il second hand e una valutazione più attenta della filiera dei capi, anche se sono ancora troppi gli acquisti inutili.

Negli ultimi anni la consapevolezza dell’impatto ambientale e sulla salute dei lavoratori della moda - soprattutto di quella fast e a basso costo - è cresciuta notevolmente. Almeno 1 italiano su 4 infatti conosce i costi legati all’utilizzo di acqua, energia, materie prime e alla produzione di emissioni di CO2 nel settore e che stanno diventando tema di discussione e informazione per almeno il 63% della popolazione del nostro Paese.

Secondo la ricerca, però, gli sforzi dei consumatori non si limitano solo alle parole. Anche se lo shopping rimane uno dei piaceri e delle fonti di relax più popolari nella vita degli italiani, l’83% degli intervistati (uomini e donne tra i 18 e i 65 anni) cerca di utilizzare il più possibile i vestiti già presenti nel proprio armadio. L’81% si impegna, invece, a dare una seconda vita a quelli che non utilizza più.

Chi invece non vuole rinunciare agli acquisti tenta di riflettere attentamente sulle conseguenze delle proprie scelte (78%). Più di 6 persone su 10 pensano alla sostenibilità già in fase d’acquisto, controllando le etichette e cercando tessuti a basso impatto, e il 51% comprando abiti vintage e usati. Più della metà degli italiani (53,5%), soprattutto tra i più giovani, vorrebbe standard ambientali più alti da parte delle aziende e condizioni più dignitose per i lavoratori (45,5%). Ai capi provenienti da materiali di scarto secondo i principi dell’economia circolare (26,5%), si preferiscono però ancora le t-shirt e le magliette nuove con l’etichetta “green” (46,9%).

Si cerca poi di comprare solo ciò che è necessario. Il 66% degli intervistati si sta impegnando a limitare lo shopping e il 32% acquista nuovi abiti 1 o 2 volte al mese, mentre il 22% 1 o 2 volte ogni 6 mesi. Le buone intenzioni però non bastano. Più del 43% degli italiani afferma di aver acquistato scarpe e indumenti che sono poi rimasti nell’armadio, accumulati insieme a molti altri. Tanti (8 su 10) pensano che, nel prossimo futuro, dovranno essere i grandi marchi a pensare a come ridurre emissioni e consumi, non solo i singoli clienti.

La sostenibilità infatti costa. Per il 34,9% degli intervistati, il prezzo elevato dei capi prodotti nel rispetto dell’ambiente costituisce una barriera d’accesso insieme alla difficoltà di individuare punti vendita e marchi dei quali potersi fidare. Per molti la risposta sembra essere il mercato dell’usato e del vintage, con siti specializzati (per 39,4% degli intervistati), bancarelle dei mercati rionali (34,6%) e negozi (30,3%), che diventano il nuovo riferimento per lo shopping.

1 italiano su 4, soprattutto i più giovani, compra oltre la metà dei suoi abiti in questo modo. Per alcuni è una questione di risparmio (47,9%), per altri di inquinamento (27,7%). Rimangono però anche delle resistenze: il 42,5% ha paura per la poca igiene dei prodotti, mentre il 40,6% dichiara di non fidarsi dello stato dei capi.

Per avere vestiti second hand però non bisogna per forza acquistarli: pantaloni, maglioni e giacche di cugini e fratelli arrivano ai figli nel 86,3% dei casi.

Ancora poco in voga è invece il fenomeno dello swapping, ovvero lo scambio di vestiti con altre persone, scelto in modo frequente soltanto dal 15,8% del campione degli intervistati e soprattutto nella propria cerchia di amici o famiglia. Chi si accorge di aver sbagliato un acquisto o di essersi stancato di scarpe, borse, cappotti e altri abiti, nella metà dei casi li dona in beneficienza o li regala, nel 26% invece li rivende in mercatini (21,2%) o siti specializzati (70,2%), sempre più popolari tra i più giovani.

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