Bambini

Fa male ammetterlo, ma la mamma finlandese ha ragione

Denuncia le carenze del sistema scolastico italiano e viene subissata di attacchi, anche da quelli che la scuola la criticano da sempre. Eppure, i motivi per andarsene non mancano. Ed è ipocrita negarlo
Credit: SMEDEREVAC 

Certo viviamo in un mondo strano. Non si fa altro, nel nostro Paese, che criticare le carenze del sistema scolastico, gli scarsi fondi assegnati alla scuola, gli edifici che crollano, la fuga verso le scuole private. E poi quando una madre - in questo caso finlandese - mette in fila i deficit della scuola italiana, almeno dell’istituto dove ha mandato suoi figli, in una lettera pubblica, viene giù il finimondo.

Tutti a accusarla di ingratitudine, tutti a dire che è bene che se ne torni al suo Paese, la Finlandia, insomma un’esplosione di sovranismo scolastico che non stupirebbe se non attraversasse tutto l’arco ideologico, da destra e sinistra. Il tutto condito con una valanga di luoghi comuni, da quanto è bello il nostro clima mediterraneo - che non esiste più - allo splendore dei luoghi siciliani, il tutto riassumibile nel cliché dei cliché, “da noi c’è il sole”, speculare a quello “sì ma loro hanno tanti suicidi”.

L’altro assurdo è che tutti si sono messi a evidenziare quanti pochi soldi siano investiti nelle scuole rispetto alla Finlandia e quanto poco siano pagati gli insegnanti. Tutte cose che, in realtà, sarebbero a conferma di quanto detto dalla madre finlandese.

Dall’inglese al cortile, la denuncia dell’ovvio

Ma cosa è successo esattamente? La madre finlandese in questione ha deciso di andare a vivere a Siracusa, visto che marito lavorava suo marito da remoto. Due dei quattro figli vengono iscritti in una scuola di Siracusa e dopo due mesi ritirati. I motivi? Il sistema scolastico italiano è povero. La didattica è unicamente frontale, spesso le insegnanti urlano, talvolta non sono in grado di tenere le classi. Si sta sulla sedia tutto il giorno tranne brevi pause fatte in aula. Il cortile o giardino? Questo sconosciuto. Sia perché non ci si va mai, sia perché è del tutto privo di cose con cui giocare, dalla sabbia ai castelli su cui arrampicarsi. Altro elemento critico: l’assenza della mensa, che potrebbe rappresentare, scrive la madre, l’unico pasto nutrizionalmente bilanciato per le famiglie. Le lingue straniere? Queste sconosciute, tanto che la madre spiega che la figlia di quattordici parla inglese meglio dell’insegnante. E infine, conclude, l’assurdità del fatto che a scuola i bambini vengano portati in macchina, invece che fatti andare a piedi o in bicicletta. Insomma, fermo restando che non tutte le scuole sono uguali, fermo restando che la critica era rivolta a una scuola precisa, non si può negare che la madre finlandese non abbia fatto altro che evidenziare alcuni elementi critici così presenti nelle scuole italiane che, possiamo dirlo, ha semplicemente evidenziato quello che è sotto gli occhi di tutti. Ipocrita dire il contrario.

Bambini obesi. Ma guai ad andare in cortile

Ma vediamo gli elementi uno per uno. L’inglese? Nelle scuole italiane si comincia a studiare alle medie o forse al liceo. Nei primi anni, quando sarebbe più centrale, si fanno più ore di religione che di inglese. Nella scuola primaria, insegnano inglese maestre che l’inglese non lo parlano, o che non hanno alcuna certificazione. Delle altre lingue non parliamo nemmeno.

La mensa? Specie al sud, non esiste, i bambini escono all’ora di pranzo e se ne occupano le madri che per lo più, dicono i dati, non lavorano. Invece la mensa sarebbe uno strumento fondamentale, specie per le famiglie povere e in generale un momento di condivisione e anche educativo. La didattica frontale? Quella è, perché sperimentazioni e soluzioni diverse esistono solo in scuole sperimentali, tipo montessoriane o altro. La didattica frontale è facile, è comoda, soprattutto è quella che fanno tutti e dunque si continua così (parlo per la maggioranza delle scuole).

Infine il capitolo più doloroso: l’attività e il movimento. È arcinoto che i nostri figli sono obesi e che la ginnastica a scuola non si fa. Di che stiamo parlando se è stato introdotto il maestro di ginnastica l’anno scorso e solo per le quinte elementari? E un bambino di sette o cinque non ha forse necessità di muoversi e farlo correttamente? Si dirà: ma vanno in cortile. Anzitutto, i cortili e i giardini spesso non ci sono, come non ci sono le palestre. Ma soprattutto è arcivero che le insegnanti e gli insegnanti in cortile i bambini ce li portano pochissimo, anche se freddo non fa più e neanche piove più tanto. Perché? Spesso perché è faticoso guardarli, e si ha paura che se si fanno male ci vada di mezzo l’insegnante (come di fatto è, ma non un buon motivo per non portarli).

Infine le macchine: davanti alle scuole si svolge ogni giorno la stessa, pericolosa, scena. Macchine, sempre più grandi, che scaraventano i bambini proprio davanti, senza fermarsi neanche poche centinaia di metri prima. Spesso ci sono incidenti, tanti investimenti, a volta anche vittime. La scuola non può fare nulla? Potrebbe. Potrebbe fare educazione alla mobilità sostenibile, potrebbe studiare i tratti percorsi dalle famiglie - esiste anche un software - e proporre macchine che vanno a scuola con più bambini, potrebbe chiedere al comune di potenziare i mezzi pubblici che arrivano all’istituto. Lo fanno? Alcune scuole, forse. Poche.

Se i problemi sono culturali

E qui arriviamo al punto che forse ha scatenato il dibattito. Sicuramente, questa madre ha peccato nel fare uno spostamento in Sicilia più all’insegna del mito dell’Italia visto nei film, vedi Mangia, prega, ama con Julia Roberts e altri, che in base a un serio studio del sistema scolastico italiano. Ma le sarebbe bastato prendere informazioni su gruppi mamme per avere subito il polso della situazione.

Non credo, tra l’altro, che in Spagna dove vogliono ora andare la situazione sia così diversa, ma a ogni modo non è questo il punto. Il punto è che gli elementi evidenziati, secondo me, non hanno neanche a fare troppo con i soldi che non ci sono, al fatto che noi siamo sessanta milioni e loro sei milioni, all’evasione fiscale etc (la piaga italiana). I problemi evidenziati, spiace dirlo, nascono soprattutto da carenze culturali.

La più evidente è quella di non portare fuori i bambini anche quando un giardino o un cortile c’è. E se mancano cose con cui giocare e su cui arrampicarsi si chiedono, magari si fa una colletta, la sabbia non costa poi così tanto! La verità è che se cortili immensi sono vuoti il problema è che non lo si percepisce come un problema.

Ancora: sulla mensa che manca c’entrano i soldi, senz’altro, ma conta anche il fatto che la mensa i genitori spesso non la chiedono, anzi pretendono, perché, specie al sud, tornare a casa a mangiare non è visto negativamente (come a mia avviso invece dovrebbe).

Lo stesso per spostarsi a scuola: ovviamente una cittadina finalndese è cento volte più sicura di una nostra città, ma non c’è dubbio che, volendo, le cose potrebbero andare diversamente. Tra l’altro, si potrebbe partire dal fare uno spazio davanti alle scuole libero dalle auto, come tante associazioni chiedono. Ma da noi la cultura della macchina, in uno dei paesi che ha più macchine per abitanti al mondo, è sacra. Continuiamo davvero a farci del male.

E quanto alle lingue: la scuola italiana le insegna poco e male e lo sappiamo tutti. Ricordo una preside che mi disse che “insegnare l’inglese troppo presto ai bambini fa male”. Era la stessa la scuola con un immenso cortile dove i bambini non andavano mai perché “faceva freddo” (a Roma). Con maestre sessantenni che facevano ballare ai bambini della scuola dell’infanzia “Questo è il ballo del qua qua” e altra innovativa didattica. Ripeto, non è dappertutto. Ma spesso è così.

Sì, la Finlandia è meglio di noi

Il risultato di tutto questo? Le madri che possono mandano i figli a fare inglese privatamente. E sempre le madri, e i genitori, che possono iscrivono i figli alla scuola privata (non sempre migliore, ma sotto i profili evidenziati dalla madre finalndese spesso sì).

Questa madre non lo ha fatto perché in Finlandia le scuole private non esistono, la scuola è una potente livella contro le diseguaglianze. Un elemento fondamentale che noi non abbiamo mai capito.

Avremmo dovuto apprezzarlo. E invece no. Facile dunque criticare una madre che ha criticato, che se ne andasse. E poi? Cambierà forse qualcosa dopo che se n’è andata? Oggi quei bambini di Siracusa staranno tutto il giorno al banco. E no, non è come ha scritto una commentatrice, “in Finlandia escono perché fa talmente freddo che poi non possono più uscire dopo mentre noi sì”.

Figuriamoci. Da noi chi ha i soldi fa sport dopo scuola, gli altri tornano a casa e si mettono al tablet, quando invece a scuola avrebbero potuto fare quel movimento necessario alla loro salute e che non fanno. Perché la verità è che tutte le carenze della scuola italiana sono scaricate sulle spalle dei genitori.

Nel frattempo, la Finlandia ha uno dei sistemi scolastici migliori, e senza neanche fare troppo sforzo. No, il problema da noi non sono solo i soldi, basti pensare ai fondi del Pnrr per gli asili nido non spesi. È l’ignoranza. È una cultura che non cambia, nonostante l’evidenza, la stessa cultura che ancora crede che abbiamo il clima più bello del mondo.

Non ce lo abbiamo più (e infatti probabilmente quella stessa madre se ne sarebbe comunque andata a giugno, o forse a maggio, quando nelle aule avrebbero fatto 40 gradi). In compenso, però, abbiamo la stessa, carente, scuola di prima. Sarebbe più onesto riconoscerlo, invece che attaccare chi decide che questo non va bene per i propri figli. Sapendo giustamente che proprio nell’educazione dei primi anni, molto più che in quella degli anni successivi, ne va davvero della vita (e della felicità) dei bambini.

Leggi anche
Scuola
di Elisabetta Ambrosi 6 min lettura
Scuola
di Caterina Tarquini 3 min lettura