Bambini

La scuola secondo i Big Data: il digitale serve

In base ai dati emersi dallo studio del portale online WeSchool, per gli studenti la DAD è parte integrante dell’attività in presenza. Inoltre, il 57% degli insegnanti utilizza strumenti informatici per verifiche, e condivisione di materiali anche dopo il ritorno in aula
Credit: WeSchool
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
14 aprile 2022 Aggiornato alle 19:00

Didattica a distanza: si o no? Non è così semplice. Certamente i risvolti negativi delle lezioni da remoto non sono da sottovalutare. In questi 2 anni di pandemia, le nuove modalità hanno inciso fortemente sull’equilibrio psicologico dei ragazzi, riducendo in modo considerevole le opportunità di interazione sociale e moltiplicando le ore trascorse di fronte al display.

Nel 2020, il rapporto annuale dell’ISTAT ha segnalato le disparità in termini di strumenti e fruizione digitale fra gli studenti del Meridione e quelli del Settentrione: il 12% dei bambini e degli adolescenti tra i 6 e i 17 anni in Italia non possiede né un pc né un tablet. Si tratta di una media nazionale che si aggrava nel Mezzogiorno dove si registra il 19%.

Per non parlare poi del divario digitale tra zone che non hanno accesso o quasi alla rete Internet e i grandi centri urbani raggiunti invece dalla banda larga.

I dati emersi dallo studio compiuto da Fondazione Cariplo, WeSchool e il Politecnico di Milano, su 1 milione e 700 mila utenti - di cui l’88% studenti, il 10% insegnanti, il 2% genitori - non lascia alcun dubbio.

Tuttavia, si possono valutare in maniera piuttosto positiva le capacità di adattamento e di reazione della scuola e dei docenti.

Quello condotto sulla piattaforma WeSchool è il primo report che punta a sfruttare le potenzialità dei Big Data per indagare l’impiego del digitale per la didattica del futuro.

«La scuola è in una fase di profonda evoluzione e crediamo che per disegnare una nuova didattica a beneficio di milioni di studenti e docenti sia fondamentale avere un approccio basato su evidenze e dati, a partire da quello che è successo durante la pandemia - ha dichiarato Marco De Rossi, Amministratore delegato di WeSchool - Per questo motivo, essendo con i nostri contenuti e con la nostra tecnologia protagonisti di questo cambiamento, viviamo come atto civico la scelta di condividere per finalità di ricerca i nostri Big Data e ci auspichiamo che molti altri attori facciano la stessa scelta».

Dall’analisi che ha coinvolto circa 16.000 scuole di ordine e grado diversi, dislocate in tutta Italia e operative sulla piattaforma emerge che la didattica digitale abbia incoraggiato la comunicazione e il lavoro di squadra tra i docenti e non solo. Il 35% dei professori infatti non aveva mai utilizzato strumenti informatici: durante il primo lockdown, sono stati creati oltre 27.898 gruppi di docenti e si è sviluppata pian piano una vera e propria rete di collaborazione e di condivisione di buone pratiche tra gli insegnanti.

In media, nell’arco di un solo mese, sono stati condivisi all’interno di un singolo gruppo 12.2 risorse, 11.2 post di interazione, 8.5 esercizi proposti, 5.6 lavagne condivise. I numeri suggeriscono la volontà aggiornarsi in tempi rapidi e di coordinarsi con i colleghi, mentre la DAD entrava a far parte della quotidianità.

Ad oggi il 53% dei maestri e dei professori intervistati si sente sicuro nell’utilizzo degli strumenti digitali per la didattica, contro il 17% dell’inizio pandemia e il 66% ritiene utili e necessari l’impiego e lo sviluppo ulteriore delle competenze digitali per gli anni futuri.

In generale sembra abbastanza certo che l’avvento della DAD nei mesi di isolamento collettivo abbia modificato per sempre i modelli didattici. Anche dopo il rientro degli studenti in classe, il 57% dei docenti utilizza strumenti digitali per le verifiche e i compiti in classe almeno una volta al mese, mentre il 19% sempre.

Le 119.594 classi formate hanno creato in media, ogni 20 lezioni, 58 allegati e ben 91 post interattivi: il 68% dei docenti afferma di aver elaborato e caricato in autonomia sul portale almeno una volta a settimana i materiali didattici per condividerli con gli studenti, mentre il 67% ha utilizzato, con la stessa frequenza, schede di approfondimento e mappe concettuali prodotti da terzi.

Insomma, il digitale serve. Staremo a vedere come cambierà a lungo termine la didattica.