Bambini

La scuola del futuro: aperta, verde. E poco digitale

Un giardino, un orto e tante verdure nel piatto. Fresca d’estate, con tanti laboratori e molta ginnastica, aperta a genitori ed esperti

La prima cosa che, in una scuola ideale, stupirebbe chi vi entra sarebbero i corridoi di piante. I vasi dovrebbero essere ovunque, anche nelle aule, mentre il cortile o il giardino dovrebbero assomigliare a una piccola giungla urbana, dove i bambini giocano a nascondersi e rincorrersi tra gli arbusti e i cespugli, entrando in contatto anche con sabbia, sassi, acqua per sviluppare i sensi e insieme l’immaginazione.

Ci sarebbe spazio anche per un piccolo orto, che aiuterebbe i bambini a capire il legame tra natura e alimentazione.

Un legame visibile direttamente nel piatto di mense scolastiche finalmente improntate alla dieta mediterranea, tanto invocate ma mai messe in pratica, con molte verdure cucinate bene, legumi dati come secondo e non come contorno, frutta fresca (e non succhi o yogurt alla frutta) e soprattutto cibo cucinato a scuola a servito in piatti veri, niente plastica e neanche bioplastica.

Una scuola accogliente anzitutto “fisicamente”

Chi dovesse entrare in una scuola ideale sarebbe inoltre favorevolmente colpito dalla temperatura fresca, anche quando fuori il caldo è torrido. Non servirebbero condizionatori che sparano aria ghiacciata, ma sarebbero sufficienti meccanismi di ventilazione naturale, mentre i materiali con cui la scuola, sempre idealmente, sarebbe costruita, ovvero quelli che seguono i principi della bioedilizia, garantirebbero protezione d’inverno e fresco d’estate. D’altronde, ormai fa sempre più caldo anche a maggio e settembre, e passare otto ore sui banchi sarebbe impossibile in edifici mal costruiti e arroventati.

La scuola sarebbe aperta anche d’estate, come luogo appunto ventilato e quindi salubre, dove chi non può lasciare la città avrebbe possibilità di apprendere divertendosi.

Non solo didattica frontale: ginnastica, laboratori, esperienza

In una scuola ideale i bambini resterebbero a scuola anche il pomeriggio ma non passerebbero otto ore sui banchi. La didattica frontale sarebbe solo una parte della didattica, il resto si passerebbe facendo educazione motoria in palestre ampie e attrezzate e in laboratori privi di tablet e smartphone, dove usare le mani e insieme portare avanti vere sperimentazioni.

Le classi ideali sarebbero formate da 13-15 ragazzi. Imparare in pochi è più semplice e nonostante aumentino gli alunni dislessici o con problemi di disortografia o discalculia il numero contenuto faciliterebbe la situazione. Inoltre, finalmente, gli insegnanti di sostegno, in una scuola ideale, sarebbero veramente specializzati, e interverrebbero con sicurezza e competenza, così come farebbero gli insegnanti di italiano con i ragazzi stranieri, sempre più numerosi e destinati ad aumentare.

Insegnanti: stipendi veri ma anche tanta valutazione

Ma sugli insegnanti tutto dovrebbe cambiare, in un mondo della scuola ideale. Per prima cosa starebbero a scuola molte più ore, utilizzate per preparare le lezioni, continuare a formarsi, correggere i compiti e molto altro; inoltre sarebbero finalmente pagati quanto dovrebbero esserlo coloro che hanno la funzione più importante di tutti: educare.

Anche il reclutamento dovrebbe mutare. Se è vero che l’abolizione dei concorsi potrebbe portare, insieme all‘autonomia scolastica, al rischio di assunzioni arbitrarie di amici e parenti, al tempo stesso un percorso universitario quinquennale dovrebbe essere sufficiente a entrare in graduatoria, senza finire nel girone infernale dei crediti formativi universitari, seguito da un periodo di prova prima dell’assunzione.

Motivazione è la parola chiave se davvero si vogliono avere insegnanti capaci di creare una scuola delle opportunità e la motivazione è legata alla possibilità che chi lavora di più con compiti aggiuntivi venga retribuito di più.

Nessuno dovrebbe temere la valutazione, se vera, se ben fatta perché un mondo del lavoro che non la contempli non produce reale merito e demotiva i migliori.

Infine in una scuola ideale non dovrebbero esserci solo insegnanti donne, perché la diversità di genere è una ricchezza anche in ambito educativo, non solo nei cda. Servirebbero, forse, quote blu per la scuola, e fin dai nidi.

Lingue straniere: non possiamo più restare indietro

La didattica ideale sarebbe trasformata nei contenuti e nelle modalità di insegnamento. Le lingue straniere, non solo quelle occidentali, dovrebbero entrare prepotentemente nei programmi scolastici e dovrebbe essere possibile scegliere percorsi bilingui o trilingui fin dai primissimi anni di vita.

Anche l’ora di religione andrebbe cambiata perché in una scuola pubblica non ci dovrebbe essere spazio per una sola confessione, ma per tutte quelle degli alunni che la frequentano.

Non solo nozioni, anche educazione: sessuale, digitale, stradale

Dal mio punto di vista, oltre a storia, geografia e grammatica dovrebbero entrare nelle aule, fin dai primi anni, l’educazione sessuale, sentimentale, al rispetto, alla diversità, alla consapevolezza corporea.

Non dovrebbe mancare nemmeno un’educazione all’uso del mondo digitale, sempre più violentemente invasivo e sempre più sostitutivo di esperienze vere fatte con il corpo, come la pandemia ha tristemente insegnato.

E poi, ancora, perché no, educazione stradale.

Continuità didattica, un valore troppo spesso calpestato

In una scuola ideale, poi, la continuità didattica sarebbe un principio quasi sacro. Purtroppo scioperi, pure giusti, così come assenze continue, la girandola delle supplenze ma anche la scelta scellerata di far votare all’interno degli istituti sottopone gli studenti a interruzioni veramente nocive.

La scuola deve rappresentare un appoggio concreto alle madri e ai padri che lavorano ed è giusto che gli orari di lavoro siano almeno in parte armonizzati con quelli dello studio. Visto che sembra ormai riconosciuto che una permanenza maggiore di ore a scuola combatta l’abbandono scolastico, benvenuti dunque anche i doposcuola, portati avanti da associazioni motivate e con programmi creativi: altro carburante per il futuro.

A proposito di dispersione: in una scuola ideale, nessun ragazzo andrebbe perso. Se ciò accadesse, l’intera comunità scolastica, così come quella sociale, in verità, dovrebbe attivare subito dei meccanismi di recupero. Oggi invece ci sono decine di migliaia di alunni che non si sono più presentati a scuola e che nessuno cerca.

Genitori e scuola, un legame tutto da rafforzare

In una scuola ideale, infine, sarebbe ideale anche il percorso casa-scuola, possibilmente svolto in maniera sostenibile e ovviamente protetta, con i Comuni che si attiverebbero per garantire piste ciclabili e protezioni per chi non usa la macchina. Di fronte alle scuole bisognerebbe creare zone car free.

La scuola dovrebbe poi continuare anche a casa, non chiedendo ai genitori di assistere i figli nei compiti, ma rendendoli più coinvolti rispetto al percorso dei figli e aiutandoli a capire dove poterli sostenere quando serve.

Oggi questo è sempre più difficile, le scuole vivono a porte chiuse, spesso norme assurde vietano di fare esperimenti perché giudicati troppo pericolosi o anche semplicemente far entrare una torta fatta in casa e non comprata in negozio. E se è vero che i docenti vivono nel terrore di incidenti di cui sarebbero diretti responsabili, la scuola ha bisogno anche di una cosa per la quale non servono i fondi del Pnrr: tornare, soprattutto, a essere una comunità.

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