Futuro

Siamo ciò che mangiamo

Secondo i ricercatori delle Università di Torino, Trieste e Padova, le preferenze alimentari non dipendono dai territori nei quali siamo nati ma da caratteristiche individuali. Sesso, età o differenze culturali
Credit: Daria Liudnaya/Pexels
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19 novembre 2022 Aggiornato alle 13:00

Nel corso degli ultimi vent’anni è stato dimostrato che a livello globale la maggior parte delle differenze genetiche si riscontrano tra individui singoli e non tra popolazioni. Più semplicemente, due persone selezionate a caso nella stessa popolazione tendono a essere geneticamente più diverse l’una dall’altra rispetto alla differenza media fra due popolazioni distinte.

Ma si potrebbe dire lo stesso se si esaminassero stili di vita, cultura e le preferenze culinarie? Tramite uno studio congiunto pubblicato sulla rivista scientifica Pnas, Proceedings of the National Academy of Sciences, alcuni ricercatori delle Università di Torino, Trieste e Padova hanno cercato di rispondere alla domanda, utilizzando le abitudini alimentari come possibile fonte di differenze culturali fra individui. Nello specifico sono state esaminate le preferenze relative a 79 diversi alimenti in 6 popolazioni lungo la Via della Seta, l’antica rotta commerciale che attraversa tutta l’Asia centrale.

La ricerca ha portato a una scoperta inaspettata: i profili simili risultano non essere riconducibili a un determinato villaggio o nazione, ma invece legati ad altre caratteristiche individuali, come spiegato da Serena Aneli, prima autrice dello studio e ricercatrice del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatrica dell’Università di Torino: «non importa dove viviamo o dove siamo nati. Le nostre scelte legate all’alimentazione dipendono maggiormente dal sesso biologico, dall’età e da altri fattori culturali».

Le uniche eccezioni emerse sono relative ad alcuni alimenti disponibili solo in determinate aree territoriali come il sulguni, un formaggio in salamoia tipico della Georgia, oppure il kurut, un alimento a base di yogurt essiccato diffuso tra le popolazioni nomadi dell’Asia centrale.

Gli studiosi hanno dunque constatato che soltanto il 20% delle abitudini alimentari sono legate al Paese d’origine. Un valore decisamente alto se paragonato alla sua controparte genetica, che si aggira intorno all’1%, ma che ancora non è sufficiente a spiegare le differenze osservate, nonostante le migliaia di chilometri che separano le diverse aree geografiche oggetto di studio.

Nel corso dell’osservazione sono state anche considerate le differenze tra i Paesi in distanze genetiche e alimentari, confrontate con quelle geografiche reali e rappresentate poi insieme in una mappa. Coerentemente con la scoperta primaria, da questa comparazione è emerso che la localizzazione culturale è leggermente più simile a quella geografica, rispetto a quella genetica per gruppi analizzati.

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