Ambiente

Foreste: perché nel mondo si riducono e in Italia aumentano?

In quasi 35 anni, la superficie totale dei polmoni verdi si è ridotta di oltre il 4%. Nella Penisola ha, invece, registrato dal 1985 al 2015 un aumento del 28%, passando da 8,7 a 11,1 milioni di ettari
Credit: Thom Holmes  

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4 aprile 2024 Aggiornato alle 16:00

Se dovessimo immaginare una tendenza - magari pensando ai disboscamenti, all’inquinamento, all’incuria, alle cementificazioni -, probabilmente saremmo portati a pensare che le foreste sono in diminuzione. E indovineremmo in pieno se ci concentrassimo solo sull’andamento mondiale, ma prenderemmo un abbaglio guardando in particolare all’Italia.

Sul Pianeta infatti, in quasi 35 anni, la superficie delle foreste si è ridotta di oltre il 4%, una quota pari a 178 milioni di ettari, per un totale di 41 miliardi di ettari - il 31% delle terre emerse del Pianeta - e di 60.000 specie di alberi (dati Fao - Unep). Più della metà delle foreste, il 54,1%, si trova tra Stati Uniti, Canada, Brasile, Russia e Cina e più o meno la stessa cifra, il 50%, è minacciata da climate change, urbanizzazione, infrastrutture, incendi, agricoltura intensiva e attività astrattive.

Invece l’Italia per una volta ha il segno più: lungo la Penisola la crescita delle foreste prosegue senza interruzioni addirittura dalla fine della Seconda guerra mondiale. Nei 30 anni tra il 1985 e il 2015, nello specifico, si è registrato un netto aumento del 28%, da 8,7 a 11,1 milioni di ettari, di cui 3,4 inclusi all’interno di aree protette: per il 63,5% sono proprietà private, per il 32% sono pubbliche e il restante 4,5% non è classificato.

Il 37% dello Stivale è così coperto da boschi, superando Paesi come la Germania e la Svizzera, ferme al 31%. Le cifre grossomodo collimano con quelle presentate in occasione della Giornata internazionale delle Foreste - istituita dall’Onu e celebrata il 21 marzo - da Coldiretti e Federforeste, secondo le quali il nostro è il secondo grande Paese europeo per copertura forestale dopo la Spagna (elaborazione su dati Iuti).

Nel complesso Liguria, Toscana, Umbria, Friuli-Venezia Giulia e Trentino Alto Adige raggiungono il picco del 40% di superficie forestale. Il Comune di Tarvisio, nella provincia di Udine, rappresenta la maggiore area forestale nazionale gestita dallo Stato.

Si tratta ovviamente di ottimi numeri che fanno ben sperare per via dei noti benefici offerti dagli alberi: contrastano l’erosione del suolo, tutelano la biodiversità e agiscono da regolatori del clima (e persino del sonno).

In mezzo a un panorama positivo non manca però una punta di pessimismo. I dati di Ispra, come riporta il Corriere della Sera, evidenziano anche che si stanno riducendo alcune foreste e specialmente i boschi igrofili o “ripariali, le foreste vetuste e la vegetazione di pianura, a rischio incendi, edilizia e infrastrutture.

Su questi punti sarebbe già pronto un rimedio al massimo livello europeo, quello delle istituzioni dell’Ue, con la Nature Restoration Law. Peccato che otto Paesi tra cui l’Italia stessa stiano facendo tutto il possibile per affossare questa Legge sul Ripristino della Natura. Così l’atteso ok del Consiglio dei 27 è stato rinviato, forse alla prossima legislatura dell’Europarlamento.

Nel frattempo nelle zone di montagna, anche con la complicità dello spopolamento e del calo dell’utilizzo del legno - il tasso di prelievo forestale in Italia si aggira su una media stimata del 27% contro il 64% degli altri Paesi europei (Federforeste) -, i boschi si ampliano e gli alberi crescono: è il cosiddetto rewilding.

Secondo gli esperti, da un lato è un fenomeno utile perché per esempio consente di assorbire più carbonio ma dall’altro andrebbe gestito e regolato, per non rischiare di favorire la diffusione di eventuali fiamme mettendo a disposizione quantità maggiori di foglie, radici e rami nati spontaneamente e diventati uniformi con il passare del tempo.

Rewild Fire è il progetto delle Università di Torino, Milano e Udine che, con i contributi del Ministero della Ricerca, intende esplorare l’intero arco alpino dal Piemonte al Friuli per mappare i rischi legati agli incendi.

Intanto più di una ventina di soggetti di rilievo, tra cui Federforeste, hanno sottoscritto nel corso dello scorso mese di febbraio il “Manifesto per una selvicoltura più vicina alla Natura”. È rivolto a tutti coloro che operano nel settore forestale e ambientale, per promuovere una migliore gestione del patrimonio boschivo italiano.

Si tratta di un documento già firmato da 21 Associazioni e Istituzioni del settore di livello nazionale e internazionale, ma il dialogo e il confronto sono ancora aperti con l’obiettivo di stilarne una versione più condivisa.

Coldiretti dal canto suo invita le istituzioni a creare le condizioni “affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli, i veri custodi dell’ambiente, in una situazione in cui due boschi su tre sono di proprietà privata”.

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