Ambiente

L’Italia e 7 Paesi Ue affossano la Legge sul Ripristino della Natura

L’atteso ok del Consiglio dei 27 è stato rinviato, forse alla prossima legislatura, tra le critiche di ambientalisti e Verdi. Ti raccontiamo perché
Credit: arnaud audoin  

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26 marzo 2024 Aggiornato alle 17:00

Un dirigibile ha sorvolato Palazzo Chigi ieri con la scritta “Un sì per la Nature Restoration Law è un sì anche per la sicurezza di tutti i cittadini europei”. È l’appello firmato da 147 studiosi e naturalisti che il Wwf rivolge al Governo di Giorgia Meloni sulla legge sul ripristino della natura: “Per essere certi che non passi inosservata, abbiamo creato un appello e l’abbiamo portato dove non può essere non visto”.

“É fondamentale che il Consiglio confermi l’impegno a garantire il ripristino degli ecosistemi degradati in tutti i Paesi dell’Ue, a contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità e migliorare la sicurezza alimentare. C’è in gioco la resilienza degli ambienti naturali europei e la sicurezza delle persone da oggi e nel futuro”, spiega la petizione del Wwf.

Ma se a novembre è stato trovato l’accordo politico tra le istituzioni e pur con le modifiche al ribasso del trilogo a fine febbraio - in attesa dell’ok del Consiglio - è arrivata l’approvazione dell’Europarlamento, perché ora c’è bisogno di sostenere ancora una legge importante - colonna portante del Green Deal, supportata con forza dalla scienza - che sembrava già avviata ufficialmente verso l’entrata in vigore?

Perché in realtà nell’ambito dell’Unione europea, con le elezioni in programma a giugno, le acque non sono tranquille. I ministri Ue avrebbero dovuto convalidare ieri l’accordo con l’Eurocamera relativo al regolamento che fissa l’obiettivo di ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine europee entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050.

Si trattava solamente di una formalità dopo un’elaborazione durata due anni ma poi, nella pratica, il voto è stato rinviato a data da destinarsi, probabilmente addirittura alla prossima legislatura.

La presidenza belga infatti aveva già deciso venerdì - paradossalmente nella Giornata Mondiale dell’Acqua - di non mettere il punto in agenda, prendendo semplicemente atto dell’assenza di una maggioranza qualificata a favore dell’intesa, ovvero di almeno il 55% delle nazioni, in rappresentanza di almeno il 65% della popolazione del Vecchio Continente.

Così sul tema della Nature Restoration Law è stato possibile solo inserire in agenda al Consiglio Ambiente a Bruxelles una discussione senza voto, nel primo pomeriggio, intesa come un’opportunità “per affrontare l’attuale stato di avanzamento del dossier”.

L’assenza della maggioranza necessaria è trapelata nell’alveo del Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper), in cui i delegati dei 27 Stati membri definiscono i dettagli e portano a termine i preparativi per la ratifica finale delle norme proprio in sede di Consiglio.

A pesare sono soprattutto i no di Italia, Olanda, Svezia e Polonia, con la cruciale aggiunta dell’Ungheria, mentre Austria, Belgio e Finlandia hanno optato per l’astensione.

“Nelle ultime settimane è emerso che non c’è il sostegno necessario”, ha spiegato il ministro belga dell’ambiente Alain Maron, in conferenza stampa al termine del Consiglio Ambiente.

In quanto presidente di turno, il Belgio cercherà “di ottenere la maggioranza qualificata necessaria per chiudere il dossier. Questa non è certo la fine della storia”, ha assicurato il ministro promettendo che la presidenza lavorerà “duramente nelle prossime settimane per trovare possibili vie d’uscita da questa situazione di stallo e riportare il dossier all’ordine del giorno per l’adozione in un altro Consiglio Ue”.

Il voto sulla legge sul ripristino della natura “purtroppo non si è concluso oggi come avrebbe dovuto. Tuttavia sono ottimista e credo che gli Stati membri possano portare a termine il traguardo. È l’unica via da seguire per raggiungere i nostri obiettivi internazionali e climatici”, ha commentato il commissario europeo per l’Ambiente Virginijus Sinkevicius.

Sul fronte interno, il viceministro all’Ambiente e Sicurezza Vannia Gava ha detto: “L’Italia sostiene l’obiettivo di tutelare e riparare gli ecosistemi ed ha partecipato attivamente al negoziato. Tuttavia, l’accordo finale che è emerso dai triloghi resta per noi non soddisfacente. Occorre una maggiore riflessione su come evitare impatti negativi su di un settore, come quello agricolo, che è cruciale per l’economia e la sicurezza alimentare dell’Italia e dell’Ue”.

“Continua la campagna della destra europea, col fallimento nell’approvazione della Legge per il Ripristino della Natura, sono ladri di futuro. E l’Italia guidata dal Governo Meloni è in prima linea nel bloccarne il percorso: un colpo basso alla lotta contro il cambiamento climatico e alla protezione della biodiversità in Europa”, ha affermato il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, “Così viene a mancare un pilastro fondamentale per indirizzare l’Ue verso un futuro più verde, resiliente e sostenibile. Visto che la legge serviva a contrastare la perdita di biodiversità e ripristinare gli ecosistemi degradati, essenziali per la nostra sopravvivenza grazie al prezioso lavoro che svolgono per ridurre l’impatto dei gas serra”.

“La decisione, da parte del Governo Meloni, di bloccare la legge sul ripristino della natura è inaccettabile, tutta legata alla campagna elettorale per le Europee della destra italiana e continentale, che vuole bloccare definitivamente il Green Deal, rallentando il raggiungimento degli obiettivi ambientali dell’Ue”, ha aggiunto Bonelli.

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